un Paese ridicolo e sinistro

L’Italia – e non solo l’Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: “contaminazioni” tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti, in folla a Ferragosto. Erano l’immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di “raptus”: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti. Specialmente i giovani. Tutte quelle sciocche coppie che se ne andavano tenendosi all’infinito strette per mano, con aria di vicendevole, romantica protezione e ispirata certezza del domani.
Sono stati ingannati, beffati. Un rovesciamento improvviso e violento (per quanto riguarda l’Italia) del modo di produzione ha distrutto tutti i loro precedenti valori “particolari” e “reali”, cambiando la loro forma e il loro comportamento: e i nuovi valori, puramenti pragmatici, esistenziali, del “benessere”, hanno tolto loro ogni dignità. Ma non è bastato: dopo essere stati resi mostruosi (marionette guidate da una mano “nuova”, e quindi come impazzite), ecco che il benessere, causa della loro mostruosità, viene meno, mentre il ballo delle marionette continua.

Pier Paolo Pasolini – “Il Mondo”, 11 settembre 1975


un Paese che ride per inerzia

L’Italia, nel salottto delle parole forzatamente pacate e nella volgarità della pornografia caricaturale delle città, è un paese colto nell’inerzia del suo ridere.
Ride – e scompone la faccia – il politico corrotto e compromesso.
Ride – e scompone la dignità – la femminilità mercificata dietro lo schermo televisore.
Ride – e scompone il corpo – la donna imitatrice che fatica frenetica nelle passerelle urbane.
Ride – e scompone il risparmio – lo speculatore di banca.
Ride – e scompone la veste – il parroco che non confessa la lussuria del padre nascosto.
Ride – e scompone gli appunti – il burocrate dell’istruzione, falsa imitazione di un prodotto costoso.
C’è una pressione d’inerzia nel ridere che scompone. Un graduale accorgersi che l’euforismo italico per il feticcio perde di forza. Ma non c’è attrito, e continua a scivolare, di inerzia.
Il feticcio politico degli schieramenti opposti – in una partita irregolare.
Il feticcio economico del benessere individuale – che scarnifica la spesa sociale.
Il feticcio della piazza – occupata da tavoli e ombrelloni a pagamento.
Il feticcio di un condividersi solidale – tra vermi isolati ed immobili.
Rughe