Nessuno più vuole finire in prigione

No, non si tratta di un incitamento al crimine, ne tantomeno della triste confidenza di un secondino in cassa integrazione. Il titolo di questa riflessione è infatti parte del testo di uno dei primi, forse proprio il primo, successo dei Clash: White Riot.
Strummer, nella canzone, si lamenta del fatto che agli uomini bianchi non importa più niente di agire fuori dagli schemi, senza tenere conto delle conseguenze dei propri atti, anche quando queste concernono addirittura il carcere.
Come possiamo risignificare oggi questa frase? Joe non voleva dire, credo, che dobbiamo metterci a fare la prima cosa che ci passa in testa, perché se non abbiamo mai fatto una notte in gattabuia non siamo degni partecipanti della nostra personale rivoluzione.
Il suo messaggio potrebbe anche suonare a questa maniera: “hey amico, ti gira per la testa qualcosa di buono? Fallo! E poi sia quel che sia… la galera, il fallimento, l’oblio… che importa?”
In breve: smuovere una situazione statica e intollerabile, anche a rischio di fallire.
Capisco che un messaggio del genere porta con se un’eco assai affievolita degli anni in cui fu scritto in versi dai Clash. Come ci può essere utile in chiave odierna?
Ripartiamo dalla staticità di una situazione.
Sappiamo che, ogni tentativo di uscirne produce alla lunga effetti che, dopo un primo tempo dinamico, tendono a stabilizzarsi e a ripristinare un equilibrio, forse differente da quello di partenza, ma comunque nuovamente statico.
L’infrazione alla norma che riscuote successo diviene la nuova norma, e la coerenza con la scelta fatta in principio non fa altro che legittimare il nuovo regime immobilistico.
La nuova norma, come quella vecchia, crea poi i propri soggetti, e questi, una volta riconosciuti, non possono non portarne il marchio.
Ne consegue che le nuove norme non liberano i soggetti da quel marchio, ma ne creano semplicemente di nuovi.
Le implicazioni di ciò sono molteplici, ma quella più immediata concerne “l’autonomia”. Non è infatti possibile, una volta riconosciutosi come tale, per il soggetto poter fare scelte autonome.
L’unica autonomia che ci è permessa non è la possibilità di fare scelte autonome, ma quella di poter essere autonomi rispetto alle scelte fatte.
Si, sembrerebbe un cane che si morde la coda, ma non è proprio così: le scelte fatte non sono mai autonome, perciò nemmeno la scelta di rendermi autonomo da una precedente scelta lo é.
In realtà, ciò che differenzia questi due tipi di scelta è l’orizzonte di libertà in cui si muovono: mentre le scelte di primo impatto si muovono in buona parte nell’emisfero della necessità, quelle di “misconoscimento”, “abbandono” o del semplice”lasciar che sia” restano a mio avviso più legate all’emisfero concettuale della possibilità. Ora; non sto dicendo che una scelta sia necessaria e una possibile, tutt’al più che alcune scelte sono molto necessarie e altre sufficientemente possibili.
Ci sono momenti in cui è necessario fare certi discorsi, e altri momenti, proprio sulla soglia della loro cementificazione semantica, in cui c’é la possibilità di discostarsene.
Introdurre un discorso politico in un certo contesto, e restare coerenti con esso, anche quando non produce più movimento e si è fatto norma, generando soggetti identitari, significa accettare il gioco dei ruoli, ed è ciò che più si allontana da una qualsiasi idea di autonomia.
Certo è che misconoscere certe scelte a noi care costa, proprio in termini di identità, e non è facile abbandonarle, proprio perché in esse c’è qualcosa che parla ancora di noi, ma che al tempo stesso ci tiene legati, sedimentati, unitari, soggetti.
Ecco perché abbandonare un percorso politico che ti ha dato molto, ma oramai ti da solo quello, può sembrare un fallimento, ed in qualche modo non apparire più come il soggetto-ruolo in cui ti sei riconosciuto, in cui la gente ti riconosce, è un po’ come sparire, non essere più visibile.
Sparito come sparisce chi viene rinchiuso in galera.
Sarebbe bello sentire cosa ne penserebbe il vecchio Joe, forse me la potrei cavare con un caldo invito ad andare a tirare un mattone ad una banca e pensare di meno, oppure potrebbe ammonire dicendo: visto che non puoi in alcuna maniera essere autonomo, rendi autonome le tue scelte: falle, e al momento giusto abbi il coraggio di andartene in galera. Compile, e quando è ora fallisci nel tentativo di slegarti da esse.

“Fallire, provare di nuovo, fallire meglio” (S. Beckett)

Ale B.