…Lily, Lily, Liliiiiiiiiiiiiiiy. Lily non c’era più, ma il suo nome continuava a riecheggiare nella mia mente. Un’ossessione che non mi abbandonava mai. La sua figura veniva a visitare i miei sogni e a renderli inquieti. Dovevo assolutamente fare qualcosa per ritrovare la mia serenità mentale. Lily infatti cominciava anche a comparirmi nella normale routine quotidiana. Appariva dal nulla, cercava di dirmi qualcosa, le sue labbra si muovevano, ma la sua bocca non emetteva alcun suono, ed ogni volta quella visione onirica svaniva com’era appara, prima che io ci potessi interagire. Al suo cospetto il tempo sembrava quasi fermarsi, ma in realtà le lancette correvano veloci e le persone passavano e schivavano rapide il mio corpo alienato. Una volta mi son pure ritrovato tutto solo al cinematografò, che i titoli di coda erano belle che andati e l’inserviente stava pulendo la sala per lo spettacolo successivo, che brutte figure!
Ormai non distinguevo più il sogno e la realtà. Forse Lily non era ancora morta ed era ancora lì agonizzante dove l’avevo lasciata o forse mi ero semplicemente immaginato tutto. Eppure la piccola lapide di Lily Moscarda l’avevo vista, oppure no? Anche se fosse io prima di trovarmi davanti a quel blocco di pietra non lo conoscevo il cognome di Lily, magari Lily Moscarda è un’altra persona. In fin dei conti quante Lily ci possono essere sul pianeta? Dovevo assolutamente togliermi questo dubbio, forse solo così sarei rinsalito. Decisi così di ripercorrere le strade del mio peccato o presunto tale, ormai ero arrivato al punto di mettere perfino in discussione l’esistenza di Lily.
Mi diressi così nel bosco dove, a distanza di tempo, la neve e la quiete erano ancora sovrane. Più mi avvicinavo alla meta più una strana sensazione batteva più forte alla mia porta, non capivo cosa fosse, ma sapevo che, arrivato a destinazione l’avrei scoperto, o almeno questa era la mia speranza. Lungo il bianco sentiero però il mio cammino venne interrotto, ostacolato da due figure che procedevano nella direzione opposta. Fissi, fermi immobili, nessun cenno, mi fissavano e basta. Uno dei due aveva al guinzaglio un leone. Un leone? Era per forza un’allucinazione! Perché mai una persona sana di mente dovrebbe avere un leone come animale? Sanità mentale? Ma che cosa stavo dicendo oramai io stesso avevo perduto il significato di quelle due parole. Anche se mi sbarravano la strada, dovevo assolutamente continuare. Convinto che quelle figure non fossero reali, mi scagliai verso di loro correndo, non ci sarebbe stato nessun impatto, al mio passaggio esse sarebbero semplicemente svanite. Al primo segnale di un mio scatto però, il leone venne sguinzagliato e mi si gettò addosso con tutta la sua possenza animalesca. Atterratomi, con le sue fauci mi afferrò per i miei gioielli. Con tutte le parti del corpo di cui dispone un uomo, proprio lì doveva andarmi ad agguantare?! Il dolore era intenso, troppo forte per essere un sogno. Non capivo. Perché una cosa simile stava accadendo proprio a me? Il proprietario del leone si avvicinò, mise le sue mani intorno al mio collo e poi capì. Déjà vu. Riconobbi subito quelle mani e quella sensazione di soffocamento. Non poteva essere però, era passato troppo tempo, all’epoca ero solo un ragazzo e quell’uomo non poteva assolutamente avermi riconosciuto, non poteva aver associato il mio volto attuale a quello del ragazzo che gli spaventò il gatto facendolo fuggire per sempre lontano e che per questo quell’uomo cercò di soffocare il suo dolore e la sua rabbia togliendomi in maniera definitiva il fiato soffocandomi. All’epoca riuscii a salvarmi solo grazie all’intervento dei miei amici, ma ora ero solo, troppo lontano da tutto e tutti perché qualcuno potesse intervenire in mio soccorso. La fine non mi sembrò mai così vicina, non mi importava. Nessuno sarebbe venuto a piangere sulla mia tomba, nessuno avrebbe sentito la mia mancanza. Però che stronzo che è il destino! Ti rechi ad accertarti della fine di una tua conoscente e, ad un passo dalla meta ti imbatti al capolinea della tua vita. Oramai però non mi importava più di nulla e non opposi resistenza, certo non mi ero tolto il dubbio sulle sorti di Lily, ma lasciando che la morte mi abbracciasse, anche così, forse, avrei trovato la pace. La vita mi stava scivolando via e fu così che tutto divenne buio.
Mi risvegliai diverse ore dopo, confuso. Intorno a me solo il sangue che aveva ricoperto il bianco candido della neve ed i corpi privi di vita dei miei assalitori. Io non riportavo ferite, il sangue sui miei vestiti e sulle mie mani non era il mio. Com’era possibile? Il dolore da me provato era troppo forte, troppo per essere solo un’immagine nella mia mente. Cercai di togliermi quel sangue dalle mie mani con la neve. Infreddolito frugai nelle mie tasche sperando di trovarci dentro un paio di guanti. Trovai solo un tubetto di daparox. Perché no? Un paio di pillole non mi avrebbero poi fatto male, magari avrebbero potuto allontanare quello che pensavo fossero allucinazioni. Ne ingurgitai un paio senza tanti complimenti, mi sedetti a terra in attesa che l’effetto facesse il suo corso. Inizia a sentire un gufo e dopo qualche istante centinaia di quei volatili ricoprì interamente lo spazio circostante, neanche fosse il teatro di un film di Hitchcock. Impietrito dalla visione di quello stormo, decisi di non far nulla che potesse scatenare una sua reazione. Il tempo però passava ed i gufi non sembravano volersene andare, stavano lì, fermi come statue, immobilizzati dal freddo. Io fissavo loro e loro fissavano me e nessuno sembrava voler abbassare lo sguardo. Cominciò a nevicare ed i gufi erano ancora lì. Con la neve che oramai aveva ghiacciato i miei capelli e la mia barba, decisi di accendermi una sigaretta con gesti cauti, il calore del tabacco avrebbe potuto magari darmi una sensazione di calore momentaneo. Quel chiodo di bara però si consumava troppo velocemente mentre il freddo invece continuava a farmi compagnia. I gufi cominciarono a fissare il fumo perdersi via nell’aria tra i fiocchi di neve. Esalato l’ultimo respiro di tabacco chiusi gli occhi per un istante, riaperti i gufi erano scomparsi ed insieme a loro erano svaniti anche i corpi senza vita delle persone e del leone che mi avevo attaccato. Anche il loro sangue non c’era più. Forse era stato tutto un brutto trip causato dalla mia imperizia nell’assunzione del farmaco. Prendevo troppi psicofarmaci che mi annebbiavano solo la mente. Decisi così di buttare immediatamente quel tubetto di daparox, ma cercando nelle tasche non lo trovai più. Non poteva essere.
Ormai non distinguevo più il sogno e la realtà. Forse Lily non era ancora morta ed era ancora lì agonizzante dove l’avevo lasciata o forse mi ero semplicemente immaginato tutto. Eppure la piccola lapide di Lily Moscarda l’avevo vista, oppure no? Anche se fosse io prima di trovarmi davanti a quel blocco di pietra non lo conoscevo il cognome di Lily, magari Lily Moscarda è un’altra persona. In fin dei conti quante Lily ci possono essere sul pianeta? Dovevo assolutamente togliermi questo dubbio, forse solo così sarei rinsalito. Decisi così di ripercorrere le strade del mio peccato o presunto tale, ormai ero arrivato al punto di mettere perfino in discussione l’esistenza di Lily.
Mi diressi così nel bosco dove, a distanza di tempo, la neve e la quiete erano ancora sovrane. Più mi avvicinavo alla meta più una strana sensazione batteva più forte alla mia porta, non capivo cosa fosse, ma sapevo che, arrivato a destinazione l’avrei scoperto, o almeno questa era la mia speranza. Lungo il bianco sentiero però il mio cammino venne interrotto, ostacolato da due figure che procedevano nella direzione opposta. Fissi, fermi immobili, nessun cenno, mi fissavano e basta. Uno dei due aveva al guinzaglio un leone. Un leone? Era per forza un’allucinazione! Perché mai una persona sana di mente dovrebbe avere un leone come animale? Sanità mentale? Ma che cosa stavo dicendo oramai io stesso avevo perduto il significato di quelle due parole. Anche se mi sbarravano la strada, dovevo assolutamente continuare. Convinto che quelle figure non fossero reali, mi scagliai verso di loro correndo, non ci sarebbe stato nessun impatto, al mio passaggio esse sarebbero semplicemente svanite. Al primo segnale di un mio scatto però, il leone venne sguinzagliato e mi si gettò addosso con tutta la sua possenza animalesca. Atterratomi, con le sue fauci mi afferrò per i miei gioielli. Con tutte le parti del corpo di cui dispone un uomo, proprio lì doveva andarmi ad agguantare?! Il dolore era intenso, troppo forte per essere un sogno. Non capivo. Perché una cosa simile stava accadendo proprio a me? Il proprietario del leone si avvicinò, mise le sue mani intorno al mio collo e poi capì. Déjà vu. Riconobbi subito quelle mani e quella sensazione di soffocamento. Non poteva essere però, era passato troppo tempo, all’epoca ero solo un ragazzo e quell’uomo non poteva assolutamente avermi riconosciuto, non poteva aver associato il mio volto attuale a quello del ragazzo che gli spaventò il gatto facendolo fuggire per sempre lontano e che per questo quell’uomo cercò di soffocare il suo dolore e la sua rabbia togliendomi in maniera definitiva il fiato soffocandomi. All’epoca riuscii a salvarmi solo grazie all’intervento dei miei amici, ma ora ero solo, troppo lontano da tutto e tutti perché qualcuno potesse intervenire in mio soccorso. La fine non mi sembrò mai così vicina, non mi importava. Nessuno sarebbe venuto a piangere sulla mia tomba, nessuno avrebbe sentito la mia mancanza. Però che stronzo che è il destino! Ti rechi ad accertarti della fine di una tua conoscente e, ad un passo dalla meta ti imbatti al capolinea della tua vita. Oramai però non mi importava più di nulla e non opposi resistenza, certo non mi ero tolto il dubbio sulle sorti di Lily, ma lasciando che la morte mi abbracciasse, anche così, forse, avrei trovato la pace. La vita mi stava scivolando via e fu così che tutto divenne buio.
Mi risvegliai diverse ore dopo, confuso. Intorno a me solo il sangue che aveva ricoperto il bianco candido della neve ed i corpi privi di vita dei miei assalitori. Io non riportavo ferite, il sangue sui miei vestiti e sulle mie mani non era il mio. Com’era possibile? Il dolore da me provato era troppo forte, troppo per essere solo un’immagine nella mia mente. Cercai di togliermi quel sangue dalle mie mani con la neve. Infreddolito frugai nelle mie tasche sperando di trovarci dentro un paio di guanti. Trovai solo un tubetto di daparox. Perché no? Un paio di pillole non mi avrebbero poi fatto male, magari avrebbero potuto allontanare quello che pensavo fossero allucinazioni. Ne ingurgitai un paio senza tanti complimenti, mi sedetti a terra in attesa che l’effetto facesse il suo corso. Inizia a sentire un gufo e dopo qualche istante centinaia di quei volatili ricoprì interamente lo spazio circostante, neanche fosse il teatro di un film di Hitchcock. Impietrito dalla visione di quello stormo, decisi di non far nulla che potesse scatenare una sua reazione. Il tempo però passava ed i gufi non sembravano volersene andare, stavano lì, fermi come statue, immobilizzati dal freddo. Io fissavo loro e loro fissavano me e nessuno sembrava voler abbassare lo sguardo. Cominciò a nevicare ed i gufi erano ancora lì. Con la neve che oramai aveva ghiacciato i miei capelli e la mia barba, decisi di accendermi una sigaretta con gesti cauti, il calore del tabacco avrebbe potuto magari darmi una sensazione di calore momentaneo. Quel chiodo di bara però si consumava troppo velocemente mentre il freddo invece continuava a farmi compagnia. I gufi cominciarono a fissare il fumo perdersi via nell’aria tra i fiocchi di neve. Esalato l’ultimo respiro di tabacco chiusi gli occhi per un istante, riaperti i gufi erano scomparsi ed insieme a loro erano svaniti anche i corpi senza vita delle persone e del leone che mi avevo attaccato. Anche il loro sangue non c’era più. Forse era stato tutto un brutto trip causato dalla mia imperizia nell’assunzione del farmaco. Prendevo troppi psicofarmaci che mi annebbiavano solo la mente. Decisi così di buttare immediatamente quel tubetto di daparox, ma cercando nelle tasche non lo trovai più. Non poteva essere.
Regina Bianca dietro lo scialle
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