Gretsf…Pensieri. Costruzioni. Discorso. Mentale. Tessuto nervoso. Canali linguistici. Pensieri. E ancora discorsi. Solo.
Si creava una impalcatura nervosa al di sopra di uno strano sentiero di montagna, innevato. Rete di pesci troppo paranoici per tornare a fluire al di fuori. E qui gufi. Quegli animali in volo poco più in alto, sopra gli isosceli neri, dal buoi della notte, fitti di aghi.

La vomitevole presenza della personalità bestiale nella valle. Masler, diviso nella propria carne di corvo e cinghiale, stava fisso nel buio. Il respiro odorava l’aria, come un riflusso di stagnazione carnevalesca. Poca luce, un rumore fitto di bronchi ostruiti dal pelo, che da dentro, sudicia il petto dell’animale.
Stava in presenza come una lacerazione, un insulto di pelle che non si inserisce in alcun luogo. Ed in effetti cominciava il suo movimento, come di una danza senza alcun ritorno di passo, ogni tremore inedito. Convulsioni fino al volo sbilenco, nel nero che copre il sentiero di montagna.
La corteccia macabra volante copriva una parte di cielo, occupando a tratti il filtro luminoso delle stelle. Questo era di per sè un disagio. Lo sentivo, mentre osservavo, tremante, tra gli alberi.
***
Le mie gambe si arrestarono contro la mia volontà. Eppure davanti a me non intravedevo nessuno ostacolo e l’arresto del mio moto era stato improvviso e senza nessuna causa apparente.
Se la mia marcia era cessata, non fece altrettanto la nevicata che oramai mi ricopriva fino al busto, nascondendomi le gambe. Qui fitti fiocchi di neve erano come una sorta di sabbie mobili. Più cercavo di divincolarmi e più i miei insuccessi contribuivano ad alimentare una sensazione di claustrofobia. Vampate di malessere alle quali non riuscivo a mettere un freno a causa della mia condizione di immobilità. Ero nella merda fino al collo, nonostante ciò che mi ricopriva non era guano nero, ma bianca e candida neve. I cliché sono brutti però a volte sono quanto di più preciso per rappresentare una situazione. All’improvviso tutto nero, l’oscurità si abbatté su di me, più nera di un batacchio nero di un mezzo nero in una notte senza luna nella prateria.
Ad un tratto di nuovo luce. Ero accasciato in terra, nudo, sul pavimento di una casa che avevo già visto. Avevo un freddo fottuto e non mi sentivo le gambe, vedendo una sedia a rotelle in parte a me capì il perché. Sulla porta d’ingresso c’era Lily in tutto il suo splendore ed in forma come non mai. Aveva le lacrime agli occhi e si stava apprestando a varcare la soglia e ad uscire per sempre dalla mia vita. Io paralizzato e nudo sul pavimento mi sentivo impotente, nulla che potessi fare o dire per fermare Lily e così la sua figura scomparve dietro la porta. Le lacrime che poco prima accarezzavano il viso di Lily iniziarono a sgorgare copiose dai miei occhi.
Senza un motivo apparente mi trascinai verso il guardaroba, mi misi la muta da sub, la maschera e le bombole. A fatica mi diressi verso l’acquario senza però raggiungerlo, tesi la mano verso quella prigione per pesci e mi domandai quando avremmo vissuto tutti sott’acqua dove il mio handicap non sarebbe stato un peso per Lily, come se fosse stata la mia situazione di paralisi a farla fuggire. Solo sott’acqua avrei potuto abbandonare la mia sedia con le ruote ed il mio infame soprannome, rotella. Solo negli abissi del mare sarei potuto essere finalmente felice con Lily.
Sedia a rotelle? Io e Lily insieme? Qualcosa non quadrava. Ma se fino ad un attimo prima ero in un sentiero di montagna sommerso dalla neve. Come facevo ora a ritrovarmi paraplegico e ad avere in testa tutta un’intera vita vissuta con Lily e a desiderare di avere altro tempo da spendere insieme a lei? Nel mentre che mi ponevo queste domande piangevo a dirotto ed in maniera incontrollata. Le lacrime mi offuscavano la vista ed oramai le figure da nitide erano diventate solo un unico ammasso deforme di luci. Chiusi gli occhi per un’istante in modo tale da passarci la mano ed asciugarmi le lacrime. Riaperti ero di nuovo tutto nitido. Ero però di nuovo sul sentiero innevato dove la mia marcia era stata arrestata. Non ero più bloccato, in qualche modo dovevo essere riuscito ad uscire da quella che pensavo sarebbe stata la mia bianca fossa mortale.
Avevo bisogno di riorganizzare le idee, sedermi un attimo e fumare una sigaretta sarebbe forse servito, per lo meno mi sarei tranquillizzato. Non appena il fumo iniziò a danzare nel vento, immediatamente lo stormo di gufi che si era pocanzi volatilizzato ricomparve tutto intorno a me, come attirato dall’aroma del tabacco o dalla danza ipnotica del fumo che incanta come la danza di un incantatore di serpenti.
Regina bianca dietro lo scialle