Polvere Grigia e Sale

Libico mentre cade sabbia da ogni lato, ogni angolo di spiaggia e sale e vento e cadere. Con una spinta ciò che rimane retto poi cala, cede, crolla, squarcia i grani. Ondeggiano le tele, i vestiti, le coperture, già non più d’impegno, ancora, un fiato, odora, di cibo, ieri mangiavamo insieme rabbiosi. Il ricordo già divorato dall’accadimento, Libia, quello che ci separa. Un salto, il passaggio. Perchè corre il bambino? Quando si ferma è morto. Morto, morto d’inciampo, e fuoco, crepe nel muro, dietro alla calce l’erba, alle spalle dei fili la melma, il sangue le ossa. Spezzato ogni tessuto percorrendo il marciapiede la notte, di corsa, perchè corro mentre esplodo. Le gambe, cosa rimane, le mani stringono il collo, desidero finire, prima.
Libico, pensiero esausto, sulla sabbia, il mare, pianto d’aprile, scompaiono le strade, di polvere, lampioni già accesi, e la conchiglia perde il senso della stagione. 
Cado cedo picchiata in fondo al cemento. Testa infrange, poltiglia, marciume tra le labbra, il mio sangue, la mia pelle, il salto troppo in lungo, laddove arrivano solo le macchine, l’armamentario ed io già, pronto alla nuova tassonomia politica. Disperare no didascalico no didascalie no scritti no comprensione no analisi no niente cado, e dispero del tuo ventre aperto, io non esisto, già più da ieri, sabbia coperta vicino al mare. La nave lontana trascina chi ancora si regge, altrove. Identificami guardiano. Scava con le mani, mangerò anche le labbra della donna che t’attende la sera.