Aprendo il recinto della capra
impossibilità di seguirla
La condizione: nessun possesso del futuro significa, in qualche modo, che questo strato temporale ulteriore – rispetto all’ora – è già divorato da qualcosa; presente in quanto fantasma, simulacro, scatola vuota. Tuttavia i confini rimangono. Ha pareti, soglie, recinzioni. La sagoma del futuro assomiglia all’ammasso di spigoli che costruisce il meccanismo, gli ingranaggi, la cosa meccanica. Qualcosa di assolutamente prodotto, fatto, definito, preciso.
E’ tutto lì ed insieme è sempre più in avanti, in tensione verso la versione successiva, le ali in carbonio, le automobili in vetro, il masticatore di alimenti.
Si pone una diffioltà nel possesso di tale processo messianico, si aprono voragini nel possesso del presente, unicamente profetico e funzionale rispetto al progresso di dopodomani. Il sole dell’avvenire necessita di un sacrificio oggi.
“Alzeremo la testa, finalmente, da ultimo, dopodomani.” Il minatore è stato convinto nelle litanie speranzose che precedono l’ingresso alla cava.
Accade così che il momento presente soffre di fame mentre il suo futuro è ingrassato e mangiato dalle macchine. C’è altro a cui pensare dunque, ora. Ogni attività corporea è dedicata alla ricerca di soluzioni per il vuoto nello stomaco. Riempire, riempirlo, colmare ogni buco creato nel corpo con additivi, protesi, integratori, soddisfatori. Finalmente anche il presente, lo stato di me, della mia carne è gonfiato. Tutto va bene. Ogni cosa è messa in sicurezza, nella giusta posizione dell’organismo e dunque reisco a reggermi sui piedi.
L’università italiana che viene attraversata da orde di studenti è mancante. (Nello scritto di Andrea della capra – a cui faccio riferimento – questo punto è illuminato). L’apertura del recinto può essere l’attimo denso di fermata nelle scale, nei corridoi, negli angoli, nelle aule, nei chiostri, ovunque. In una parola, forse, un certo modo di intendere cultura.
Tali arresti significano la messa in discussione di alcuni riempitivi del corpo presente. Giova, lo stomaco un poco si sgonfia, il movimento diviene più consapevole, si odono muscoli che erano sopiti da tempo.
Il problema è tutto il resto del corpo, tutte le forme del presente che non hanno a che fare con i luoghi dell’istruzione, ogni singolo movimento dell’ochio, della mano, del piede, tra le case e le scuole. Non si tratta, credo, di semplici porzioni di esistenza (il tempo che quotidianamente spendo al di fuori delle istituzioni in cui sono – particolarmente – inserito: casa, scuola, lavoro) ma di tutto ciò che ha peso e determina politicamente il momento attuale.
(A Palermo un uomo si incendia e muore a causa delle vessazioni subite dai vigili urbani che lo controllano nel suo commercio ambulante.)
La pericolosa (stomaco che man mano si svuota) messa in discussione di ogni certezza attuale necessita di compagni che s’appartengono. Ora, corro alle spalle della capra, senza mai raggiungerla. Rughe
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