Quanti saremo? Centomila! Che? Centomila? 100.000!

Quanti saremo? Centomila! Che? Centomila? 100.000!
Hai mai visto centomila persone radunate in una piazza? No. E tu? No. E questa città l’hai mai vista in questa maniera? No! E tu? io nemmeno per una vittoria del Milan o dell’Inter. Centomila persone in piazza del Duomo a Milano le ha portate solamente Manu Chao, e la sua strampalata idea di farci un concerto gratuito ad un mese dal G8 di Genova.
Ma riesci a vederlo? E’ solo un punto giallo lontano, al di là di tutto, un punto lucente che si sgola, salta, balla, suona, impreca e invoca. E’ il suo tour europeo delle piazze, con Radio Bemba Sound System al completo, c’è pure Roy Paci alla tromba.
Non c’è invece via libera verso alcun dove. Si sgomita con chiunque in maniera incredibile per far solamente due passi. In galleria Vittorio Emanuele non si passa. Tutti i wc dei locali ai lati della piazza sono intasati. Il piscio trabocca dalle porte dei fast-food e scende sul lastricato marmoreo della passeggiata. E’ Giugno inoltrato e non piove da settimane. Non spira un soffio d’aria.
Pronto, dove sei? Quasi sotto il palco e voi? Noi no. Non riusciamo ad andare più avanti di così, dovremo fermarci. Dove siete? Siamo a Genova. Lo saremo. Mi sa che non ce la facciamo a raggiungervi… Spintonate!
La folla salta, o salti con lei o sei solo d’impiccio. La folla poga, o poghi più della gente vicino a te o devi incassare senza lamentarti. Non si respira. Ma io non pensavo… Non si respira cristo! Io non credevo… c’era veramente bisogno di andar così in mezzo? Bisogna avvicinarsi il più possibile al palco ragazzi. La gente è troppa, nel mezzo non si vede più la fine. La piazza si eclissa, il palco, il Duomo, la galleria. Quei palazzacci in stile fascio sullo sfondo…
“Proxima estación Genova!” C’è pesino Zulù a gridarlo forte dal microfono insieme al piccolo folletto ed al siculo. Dopo la seconda esortazione è tutta la piazza a gridarlo forte e ripetutamente. Centomila persone lo stanno gridando! Cosa dice? Dice che dobbiamo andarci per forza a Genova! Cosa? Che dobbiamo andare a Genova! Tutti quanti? Anche di più! E’? Saremo anche di più, e saremo incazzatissimi! Chi? Noi! Noi chi? Noi tutti! Wellcome to Tiquana! Ma chi ci ferma?
Saltiamo, balliamo come se fossimo posseduti, ed i realtà è così. Non ci rendiamo più conto di dove siamo e perché stiamo agendo in quella maniera. C’è la convinzione diffusa che tutto ciò che stiamo facendo sia giusto, che tutto ciò che faremo sarà giusto! Ci abbandoniamo alla marea festante e ondeggiamo con lei. Le nostre voci si confondono nel canto. I nostri movimenti sono sincroni a quelli della massa di persone che ci circonda. La musica incalza, il ritmo si fa più frenetico. Non ci accorgiamo che la folla ci sta trascinando verso il palco. Le danze si fanno più incalzanti verso la fine della canzone. Oramai non siamo più in grado di coordinare azione e pensiero. C’è puzzo di sudore e di fiato. L’aria calda e fetida mi costringe a volgere il capo verso il cielo in cerca di refrigerio, ma se non guardo dove vado a sbattere sono botte nelle reni. BAM. Andiamocene da qua! E come? BAM. Non lo so! Andiamocene che sto soffocando! Cazzo, balla! BAM. Co.. Cosa? Che figata! Io me ne vado. Cosa? Wellcome to Tiqua… BAM.
La folla danzante ci disperde. Ora anche noi siamo folla, e questa si fa indistinta. Ogni singolo non conta più per sé. Ogni sé è parte di un noi con una volontà collettiva che salta, canta, impreca e balla. Ma…. Ma.
Sento che sto per stremare. Non ho più forze e mi rendo conto di essere arrivato alla soglia massima di sopportazione. Se non voglio rischiare di svenire in mezzo al pogo devo abbandonare i miei amici dispersi e dirigermi verso il lato sud del Duomo, il punto deciso per il ritrovo finale.
Ad un tratto ecco che scorgo Carlo. Carlo!!! Io vado! Intravedo la sagoma dell’amico che ha ancora energie da vendere e non sembra intenzionato a mollare. Carlo io me ne esco, non ce la faccio più! Non riesco nemmeno a respirare… Carlo!! Non mi sente. Mi vede, mi sorride, ma la distanza non ci permette di comprenderci. Eppure lo vedo così sereno, come fa? La sua sicurezza mi confonde, io avevo già deciso. Carlo!! Niente da fare.
Smetto di ballare e non resto più a ritmo con la folla, lo fisso. Lui fissa me. Gli sorrido, immobile perché vederlo ballare attorniato da tutta quella gente è uno spettacolo pazzesco. Sorrido nuovamente. Noi tutti questa sera siamo uno spettacolo memorabile. Ma ad un tratto il colpo. BAAAAM! Improvviso, tremendo, fortissimo. Un dolore sordo al fianco del ventre mi toglie definitivamente quel poco di respiro che mi era rimasto. Sento il diaframma contorcersi. Non vedo più. Chi mi ha colpito? Chi sei? Dove sono i miei occhiali? Capisco in un attimo che qualcuno nella foga di passare mi è entrato nel costato con tutto l’impeto di cui disponeva. Chi? Chi tra centomila persone? Il colpo mi trova impreparato, eppure avrei dovuto aspettarmelo. Il colpo mi fa cadere gli occhiali, ed io non riesco più a vedere le cose per come stanno. Respiro male, lacrimo, vedo sfuocato, e la cosa più istintiva che mi vien da fare è richiamare Carlo. Carlo!!! Ma non riesco a scorgerlo, lo chiamo ma non è più possibile vederlo. Gli occhiali! Certo, gli occhiali! Faccio largo con violenza e tento il disperato recupero. Fermi, fermi!! Cosa? Fermi ho detto!! E’??
Li ritrovo ma troppo tardi. Purtroppo è troppo tardi!! la montatura contorta non è riuscita a difendere dal ballo altrui le lenti, che ora rimangono frammentarie all’interno del metallo da cornice. Inutilizzabili, come ora i miei occhi ed io non vedo più. Dov’era Carlo? Come faccio per uscir da qua? Dove sono tutti? Cazzo! Noi siamo tutti! Tutti chi? Tutti è qui, ora! Non si vede più! Non vedete che non si vede più? Smettetela diocristo! Che hai? Non vedo più! Non vedo più niente e la folla continua a cantare e saltare. Canta e salta anche tu! NO. Non vedo più, non vedo più! Dove siete? Dov’è Carlo? Carlo!!
Lo chiamo e lo cerco, ma lui non c’è più o io non lo vedo.
Buio.
Tempo dopo capii che Carlo era invece da un’altra parte e stava bene. Io invece no, vedevo male, lacrimavo ed il fianco mi doleva. Rantolavo, passo dopo passo, verso il punto di ritrovo senza pensare ad altro che alla mia vista perduta.
Pensai che con degli occhiali nuovi, con delle lenti nuove, niente sarebbe mai stato più come prima ed in effetti niente più lo è stato.
Poi ci fu Genova.
Ale B.