Valeva la pena essere a Roma il 15 ottobre 2011 per assistere al solito meraviglioso spettacolo della fiumana di gente presente: centinaia di migliaia di persone tra cui associazioni, movimenti, sindacati e “vere” sinistre partitiche. Tra queste la quantità impressionante di compagni del PRC, che da solo ha organizzato oltre 200 pullman da tutta Italia. Anche per questo sono orgoglioso di sventolare la mia falce e martello, non con l’intento di mettere “il cappello” alla manifestazione, ma di indignarmi anche verso chi dice che tutti i partiti sono uguali… Avanziamo rapidi verso la testa del corteo: troviamo macchine carbonizzate, vetrine di banche sfondate, bancomat devastati. In via Merulana siamo quasi in testa, e ce ne accorgiamo dalle auto appena messe a fuoco, e dalle violenze cui adesso assistiamo in diretta. Per il corteo ormai confuso e frammentato è un calvario: si arriva in piazza San Giovanni dove le scaramucce diventano guerriglia aperta. La gente che arriva in piazza è priva di vie d’uscita. Elicotteri sempre in cielo. Ogni tanto un’esplosione. Odore di lacrimogeni. Nessuno sa bene che succede… Intanto gli scontri si avvicinano sempre di più. Siamo vicini quando un blindato va a fuoco e tutta la piazza (diverse migliaia di persone) esulta per la piccola vittoria. Arrivano da un ingresso secondario dieci blindati con 200 poliziotti a regolare i conti. Gli sfiliamo di fianco cercando di fuggire dall’aria ormai nera e irrespirabile. Qualche lacrimogeno ci piove a pochi metri mentre lasciamo la piazza. Corriamo. E’ ormai notte. Ci penso: ha ragione chi dice che era meglio non ci fossero state violenze. Ma visto il Paese Italia del 2011 era inevitabile ci fossero. Poi ripenso al “libro-scudo” di una studentessa del corteo dedicato al romanzo “Q”. Un capolavoro in cui si trovano queste frasi: “Non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto. La sconfitta non rende ingiusta una causa. Ricordalo sempre.” Oggi forse abbiamo perso, ma la coscienza resta forte.
Alessandro Pascale
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