impronte - rete per la libertà di movimento

     

La libertà di movimento è il presupposto di ogni libertà e non può essere negoziata. Essere libere e liberi di attraversare i confini, di scegliere dove e come vivere non è un'astratta utopia ma è un diritto legato alla vita reale, è una pratica politica che le donne e gli uomini migranti agiscono continuamente nonostante i confini giuridici, materiali e simbolici che costellano l'Italia e l'Europa.
Abbiamo deciso di ripartire da questa stessa pratica politica, sia come obbiettivo ultimo, sia nelle mille declinazioni che tutti i giorni assume nelle lotte dei migranti.

Per questa ragione:

Siamo contro le politiche securitarie e la militarizzazione della vita, contro ogni forma di detenzione ed espulsione dei migranti che da queste scaturiscono, e vogliamo la chiusura immediata di tutti i CPT e l'abolizione di Frontex.

Siamo contro il legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro che costituisce una grave fonte di instabilità, ricatto e sfruttamento per i migranti, e vogliamo l'emancipazione del lavoro e dal lavoro di tutte e di tutti.

Siamo contro ogni retorica ipocrita che cerca di mascherare il razzismo istituzionale del controllo dei confini e delle leggi sull'immigrazione e vogliamo la regolarizzazione di tutti i migranti in Italia e in Europa.

Abbiamo deciso di ripartire insieme, migranti e non migranti, oltre ogni appartenenza nazionale e identitaria, perché le politiche di governo delle migrazioni sono un nodo centrale per capire la trasformazioni del lavoro e la precarizzazione della vita che colpisce ognuno di noi.
In questi mesi abbiamo utilizzato strumenti diversi, dalle assemblee di informazione, all'apertura di spazi di comunicazione verso l'esterno, fino ai presidi di piazza, per costruire insieme e tenere aperto uno spazio di movimento che restituisca la parola ai migranti e alle pratiche concrete.
Uno spazio fatto anche di battaglie intermedie, come quella per l'accettazione di tutte le domande presentate con il decreto flussi e per la costruzione di una rete di solidarietà tra i lavoratori delle bacarelle. Su questi temi intendiamo proseguire nostra la riflessione e allargare le pratiche politiche.
 

 
"PORTAPORTESEDUE"
il precario migratore
- 11 maggio 2008 -
10.00 alla snia. (10.30 calendario di movimento, ndr). L’atmosfera del mercato è da subito surreale: piazza semivuota, una camionetta ed un’auto dei vigili urbani, i quali, appunto vigilano sulla sicurezza dei cittadini.
Qui, di “cittadini”, o quanto meno “cittadini italiani” nel senso giuridico del termine, ce ne sono davvero pochi.

Ci chiediamo come poter contattare qualcuno, come avvicinare le persone, comunicare, conoscere capire, senza essere invadenti. Personalmente penso a quanto è più difficile un volantinaggio fatto in quattro persone, in un luogo che ha le caratteristiche…della quotidianità, rispetto alla piazza che occupiamo spettacolarmente, rumorosamente, con il gruppo degli uguali, o quantomeno dei presunti tali. Diamo timidamente qualche volantino, a ragazzi bangladeshi soprattutto perché, visto che siamo mezzo bangladeshi pure noi, è più facile. Poi all’improvviso un colpo di fortuna, o almeno, così ci sembra. Babacar, arrivato dal Senegal 15 anni fa’, vive al Vittorio Occupato di Ostia, ha lavorato per la CGIL, ora fa’ “il vu’ cumprà a tempo pieno”. Ci aggancia lui per fare due chiacchere di politica. Evidentemente non siamo i soli che si stanno guardando intorno e che cercano di capirci qualcosa. La situazione del Vittorio è complicata in questo momento, ma non è per Alemannod od per ii fascisti fgovernantig o militanti. E’ che le persone inon ci credono r forse d più : “ Aspettiamo v lo sgombero e non facciamo nulla.d Da occupanti ci siamo trasformati in residenti". E come va' qui al mercato? Mah…un cenno con la testa e ci guardiamo intorno. Il surreale è l’atmosfera e di tensione “a bassa intensità” dell’attesa, attesa che i vigili se ne vadano per poter tirar fuori la merce e cominciare a lavorare. Un semicerchio di persone abituate ad aspettare, che aspettano. Babacar ci informa che dal 26 maggio al 5 giugno è previsto un “piano 100 giorni per la sicurezza, finalizzato ad espellere 70.00 persone”. E che cosa si può fare? Perché lui non fa’ più politica? Metafora della gazzella: “nella savana ci sono i leopardi e le gazzelle. Quando un branco di gazzelle viene attaccato, scoppia il panico.

   


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Tutte scappano ed alla fine una viene presa. Le altre, guardano con terrore la gazzella che viene finita”. Lui ha il permesso di soggiorno? Ce l’ha avuto, ora no. “Ora No?!?” Ora, no. Ma tanto sono le ultime domeniche, poi si trasferirà al mare a vendere sulla spiaggia. Anche se non è sicuro che andrà tutto liscio: quest’anno gira voce che alcuni comuni non lasceranno entrare. Amministrazione dei confini nell’europa unita. Lo invitiamo all’aperitivo che organizzeremo chissà quando e chissà dove, ma ripasseremo, dice che verrà. I vigili se ne vanno, la piazza è piena di

 

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venditori. Tra i banchi parliamo una lingua di mezzo con Shimul, Monir e Tanvir, del Bangladesh, ci lasciano il numero di telefono.
Incontriamo Marco (Avvocato), compro scarpe, cd, dvx per contraffare e scaricare illegalmente musica e film (25 cd + 25 dvd+abbonamento fastweb craccato diviso in 8 persone = 17 euro, la stessa spesa per cd di musica originale e cinema per due persone=850 euro, ecco perché i venditori delle bancarelle sono tanto pericolosi).
Siamo incuriositi dall’aria intellettuale di Abdul, fa’ compagnia la fratello visto che oggi non lavora alla ditta. Capisce subito di cosa vogliamo parlare:”gli immigrati sono lasciati a Dio. Non c’è nessun partito, nessuna forza politica che parli di immigrati come persone. Solo ora sono al centro dell’attenzione, ma solo in termini negativi. Il problema è il livello di istruzione degli immigrati, molti arrivano in Italia che non sanno nemmeno leggere” (esperienza diretta corredata dalle statistiche del quotidiano gratuito”metro”). E la situazione è pessima. “Gli italiani pure hanno tanti problemi, figurati gli immigrati. Devono sempre lavorare e non possono tirare il fiato un secondo” lui il permesso di soggiorno ce l’avrebbe, è entrato regolare nel 2002,ma non fa’ più di tanta differenza anche chi il permesso ce l’ha, ha sempre problemi per il rinnovo. Secondo Abdul il modello francese è migliore di quello italiano. “In Francia per entrare ed avere un contratto di lavoro devi avere almeno un certo livello nella lingua. Dovrebbero farlo anche qui. Chi non parla la lingua non entra”. Quando l’estate ci si ritrova in Marocco i “francesi” sono i più rispettati. “Alla frontiera la polizia non li controlla nemmeno, li lascia passare subito, mentre “a noi “italiani” ci perquisiscono pure, ci fanno mettere in fila”. Lo salutiamo, gli diamo il nostro volantino per comunicare in qualche modo, quello che ci è sembrato inopportuno esporre come una lezioncina a memoria: “radical chic aspiranti banlieusard no-border” vs. pragmatismo della vita.
L’ultimo incontro è Da, Kadim qualcosa Da, “ma Da è più semplice” (per noi italiani ovviamente, grazie). Parliamo un po’ francese un po’ italiano, cambiando codice quando uno dei due è in difficoltà, quando qualche parola è mancante. In questa galvanizzanzte mattinata di chiacchere e di sole, Ba sembra triste: “la vita è sempre la stessa”. Non è peggiorata ora con Alemanno? No, era già pessima prima: “problemi con la polizia, e si vende poco”. E’ arrivato da Senegal quattro anni fa’, sens papier da allora. Quando tornerà in Africa, non ripartirà più: “l’Africa è il Paradiso, c’è mia moglie le mie figlie. Mangiavo tutti i giorni a casa con loro. Avevo la mia casa”. Perché non torna? Tornerà, ma non ora,  senza niente. Deve mettere da parte un po’ di “capitale”. Tanti tornano ricchi, e a casa contano su di lui. Lo ripete: “ils compte sur moi, il compte sur moi”. Si avvicina qualcuno per comprare musica illegale da una persona illegale. Ba ci saluta, lo invitiamo a continuare la discussione all’aperitivo. Meglio, qui c’è la polizia, i clienti che non è permesso farsi sfuggire e non c’è molto tempo per le chiacchere e per la politica.