Speciale Brevetti
La lobby dei brevetti gioca d'anticipo sull'Unione Europea
 
La lobby dei brevetti gioca d'anticipo sull'Unione Europea
Articolo di Graham Lea (29 Ottobre 2000)
Testo originale: http://www.theregister.co.uk/content/1/14305.html
Traduzione: LOA hacklab MI

La Commissione Europea ha indetto le sue consultazioni sui brevetti software, ma lo "studio indipendente" prodotto per conto dell'Intellectual Property Institute (IPI) di Londra e' distorto a favore della lobby dei brevetti, oltre che malinformato sulle potenziali conseguenze per l'Europa.

L'Unione Europea accettera' commenti fino al 15 Dicembre, dopo la fine della Conferenza Diplomatica dell'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) che si terra' a Monaco in Novembre (e che dovra' decidere se rendere legali i brevetti sul software) quindi e' discutibile quale sara' l'effetto di questo studio.

Come fanno notare i documenti delle consultazioni, la situazione legale della Convenzione dell'EPO e' insoddisfacente, non solo a causa della mancanza di "chiarezza legale e certezza legale", come dice la Commissione, ma anche perche' l'EPO ha applicato la legge in modo scorretto e la Commissione Europea e' riluttante a far chiarezza su questo punto. Sebbene attualmente i brevetti software non siano legali in Europa, l'EPO ha usato un trucco per aggirare questo limite, assegnando brevetti per processi o invenzioni che usino un programma per computer.

L'IPI e' il portavoce della lobby dei brevetti, visto che il suo direttivo e i suoi membri sono composti prevalentemente da avvocati specialisti in proprieta' intellettuale, giudici, agenti di brevetti e grandi imprese internazionali detentrici di brevetti. Ancora peggio, ammette che la propria missione e' di "finanziare ricerche, i cui frutti porteranno benefici ai soci dell'Istituto" (ossia: gli amici acculturati).

I brevetti software: accordi per fermare il progresso?

Ovviamente i brevetti hanno una loro funzione, il direttore dell'IPI dice nell'ultima newsletter che "un brevetto e' un accordo", ma quello che gli autori di questo studio sono chiaramente incapaci di comprendere e' quanto siano ridicoli i brevetti sul software, che possono tranquillamente essere considerati degli accordi per fermare il progresso. Nello studio si fa riferimento a un articolo intitolato "Le ragioni della protezione con brevetto delle invenzioni basate su programmi per computer", scritto da uno degli autori dello studio, Robert Hart (che e' descritto come un "consulente indipendente"). Il titolo dell'articolo citato la dice lunga sulla presunta indipendenza dell'autore.

Lo studio dell'IPI dice di concentrarsi sull'impatto economico della brevettabilita' del software, ma e' seriamente difettoso in vari punti. La conclusione che "non ci sono prove che i produttori di software indipendenti in Europa siano stati danneggiati dai brevetti detenuti dalle grandi case produttrici o da altri sviluppatori di software" ignora il semplice fatto che in Europa le minacce riguardano non il passato, ma il futuro, quando cioe' i membri dell'IPI inizieranno a raccogliere fondi per rendere esecutivi i brevetti software.

Lo studio ammette che negli USA "ci sono prove abbondanti che la profittabilita' e la crescita degli sviluppatori indipendenti e delle piccole imprese di software e' dipesa in molti casi dal possesso di brevetti sul software... c'e' una grossa preoccupazione che i brevetti vengano concessi per idee vecchie o banali... che i brevetti possano rafforzare la posizione di mercato delle grandi imprese... che i settori collegati ai programmi per computer [ops, stanno parlando del settore del software?] sono esempi di settori dove vi e' innovazione incrementale e che ci sono serie preoccupazioni sul fatto che, in questi settori, i brevetti siano un fattore positivo.". Certo.

Fregare il GNU?

Da parte sua, anche il Direttorato per il Mercato Interno della Commissione Europea non ha compreso fino in fondo la questione, suggerendo che e' soprattutto la comunita' open source che sarebbe svantaggiata da un regime di brevetti software; in realta' e' l'intera comunita' degli sviluppatori di software che sarebbe danneggiata, cosi' come lo sarebbero tutti gli utilizzatori di software, dalle multinazionali ai consumatori. E' vero che le piccole imprese sarebbero piu' svantaggiate perche' di solito non hanno ne' uffici legali con cui combattere le cause, ne' detengono ampi portafogli di brevetti. La comunita' open source, poi, e' molto piu' articolata dei produttori commerciali di software, e ha un modo ammirevole di proteggere il software: la licenza GNU General Public Licence. Finora nel dibattito si e' data poca importanza al risentimento che le grandi case produttrici di software proprietario nutrono verso il movimento dell'open software, ma non e' sorprendente che queste abbiano qualche desiderio di dolce vendetta...

Non e' irragionevole per la Commissione cercare di armonizzare le leggi sui brevetti dei singoli stati, anche se la sovrapposizione di competenze tra gli uffici brevetti nazionali e l'EPO e' abbastanza insensata. Quello che la Commissione non ha fatto e' studiare abbastanza dettagliatamente l'impatto potenziale sull'economia europea, in particolare nel settore dell'information technology. Sebbene finora negli USA ci siano stato pochi casi eclatanti di azioni legali per far valere brevetti sul software, non c'e' dubbio che queste aumenteranno. Gli avvocati specializzati in brevetti si stanno fregando le mani aspettando il fischio d'inizio, anche se gli studi legali piu' famosi probabilmente si accorgeranno che far rispettare i brevetti, come molte azioni legali che negli USA vengono intraprese dagli azionisti delle imprese, e' un lavoro "sporco" da lasciare ai piccoli studi. E mentre Amzon.com e' in coda per registrare all'EPO il brevetto per il suo "acquisto con click singolo", non sarebbe interessante se per una volta l'EPO facesse buon uso dell'esperienza passata e rifiutasse di concedere questo brevetto?

E' un bene che alla fine la Commissione abbia deciso di indire questa sessione di consultazioni, ma la forza della lobby dei brevetti e' tale che la voce dell'industria dell'information technology si sente a malapena. E' in casi come questo che si sente la mancanza di una forte associazione che raccolga gli operatori europei dell'IT. Realisticamente, e' impossibile prendere nella dovuta considerazione in tempo per la conferenza di Monaco le questioni legate ai brevetti software che avranno un impatto cosi' forte sulle imprese europee.

La Commissione dovrebbe realizzare un altro studio che faccia da controparte a quello dei sostenitori dei brevetti. Intanto bisognerebbe far pressione sull'EPO per rimandare la sua decisione sui brevetti software prima che sia conclusa una consultazione piu' approfondita. E' assurdo che l'EPO non sia controllabile dagli elettori europei e che il suo pessimo sito web non chiarisca il nome di chi votera' per conto dei vari paesi. Certamente l'Unione Europea ha poteri direttivi sugli uffici brevetti nazionali che di solito nominano i delegati che votano all'EPO, quindi forse ci sara' qualche spazio di manovra. La riforma dell'EPO sembrerebbe un buon punto di partenza.

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