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INTERVISTA A ORESTE SCALZONE - 24 MAGGIO 2000

E' rapsodico detto così, ma secondo me è utile perché uno legge questo e poi magari si va a leggere Nicolen, storia in fondo di parte più anarchica di tutto il ciclo della rivoluzione russa tra il 1905 e Kronstadt. Il guaio è che poi ognuno tende a creare la sua canzone mitologica; io sono di formazione comunista, poi ho scoperto l'operaismo e successivamente sono stato quello più attento a certe cose. Per esempio, nell'operaismo c'è un difetto grave: va bene differenziarsi dagli altri che non fanno teoria ma fanno storiografia, anzi figurine di Epinal, per cui io uno dice "quello è Saint Just e dunque sono io", oppure "quell'altro è Trotzki e dunque sono io", e questa non è teoria, è un gioco di bambini. Però, secondo me nella nostra corrente c'è un difetto di cui una volta vorrei discuterne con Tronti, anzi magari gliela faremo leggere e sentiamo cosa dice. Uno come me, che non ero cattiva maestro ma allievo, all'inizio, se fossi stato meno curioso o meno peripatetico all'ascolto, poteva pensare che quella frase di Tronti su Contropiano che mi era subito piaciuta, "per i proletari di tutto il mondo oggi la Piazza Rossa è un faro spento", avesse come fonte (perché Tronti è onesto) diciamo Rita Di Leo, "I bolscevichi e il capitale"; rigorosamente nessuno, né Toni, né Sergio Bologna, né Ferruccio, né questi che per me erano veramente dei maestri, mi hanno parlato, anche presentandomelo, di Mattick, o indirettamente Sohn-Retel, ma non credo di aver mai sentito nominare Karl Korsch, Ruhle, Pannekoek, e avrebbero nominato Bordiga con fastidio. Invece ho sentito parlare dei Wobblies da Sergio Bologna e da Ferruccio prima che da Cartosio e da Primo Maggio, dell'altro movimento operaio americano: ma in Germania? Me lo devo andare a sentire da quelli di Lotta Comunista o eventualmente da qualcuno di Programma? Perché questa è tutta una pista che io mi sono fatta da solo, stando nel cuore di Potere Operaio, anche nel suo aspetto di Classe Operaia bis; e temo che ci sia un vizio degli intellettuali. E' una cosa maliziosa, ma ad esempio a Felix Guattari (di cui ne parlo in maniera straordinaria) non ho mai sentito nominare una volta Reich, e questi sarà finito pazzo e scandaloso, ma per alcune cose della schizoanalisi è difficile non ritrovarci una genealogia: può essere che uno ci arrivi per altre vie, ma mi parrebbe strano che Felix non avesse mai sentito Willelm Reich. C'è un po' come una obliterazione, magari in buona fede; d'altra parte molti dicono che Nietzsche da un lato e Marx dall'altro hanno comunque pescato in Stirner, ma questi guai a Dio a nominarlo. E' come gli intellettuali che non amano le traduzioni, un po' hanno ragioni, però se non ci sono le traduzioni loro hanno il monopolio della fonte. Un po' mi permetto di dire che vorrei chiederne ragione a quelli che ho identificato come miei maestri: in questo trovo che Grillo e De Caro fossero più liberi da questo problema di corrente, di dovere in fondo trasmettere l'idea che tutto è ricominciato tutt'al più da Raniero Panzieri, cosa che è vera nel senso specifico, ma non è che c'era lo stalinismo, poi Panzieri e i suoi attorno e niente altro. L'anarchismo, nel senso ampio, sembra che non sia esistito, e neanche il Links Kommunismus in tutte le sue versioni. Dopo di che, c'erano dei contenziosi, Sergio Bologna ha scritto contro in consiliarismo: ma una cosa è scrivere conto, un'altra una specie di lobotomizzazione. Ne posso capire le buone intenzioni, dell'essere anti-elogio dell'assenza di memoria: quando Toni lo scrisse intendeva poi la memoria amministrabile a piacimento, e che possiamo dire e fare tutto e il contrario perché poi incarniamo la rivoluzione. Però, questa cosa qui è un po' vera.

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