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INTERVISTA A ORESTE SCALZONE - 24 MAGGIO 2000

Quando a Terni ho fatto questa esperienza di volantinaggi eccetera, mi ricordo che abbiamo vissuto nel nostro piccolo (io e quelli un po' più irrequieti, più grandi di me, nella FGCI, nel PCI) un po' quello che ha vissuto la parte del movimento che non era andata in queste due scommesse, quella di Potere Operaio e quella delle BR, e che quindi nel '73 aveva ripiegato un po', cominciando una lunga marcia che qui non era attraverso le istituzioni, ma a ripararsi sotto le gonne del sindacalismo di sinistra o della sinistra della sinistra, e che poi si era polarizzata attorno al discorso della lista, Lotta Continua, Democrazia Proletaria, "con il 51% si può governare", ultimo tentativo, riflessioni sui fatti del Cile: Berlinguer, con questa specie di pessimismo, ne deduce che essendo il mondo diviso in due zone a sovranità limitata e trovandoci noi in quella a sovranità americana, non è nemmeno pensabile che un partito che si chiama comunista possa puntare ad accedere al governo, all'esecutivo, nella forma dell'alternanza. Quindi c'è questa specie di introiezione della dottrina Sonnenfeld della conventio ad excludendum, con i correttivi e i risarcimenti del compromesso storico permanente, della lottizzazione delle cariche così come dei canali televisivi, una grossa coalizione organica, il fatto che non stai al governo però l'80% delle leggi vengono decise per accordo in commissione. Berlinguer diceva così, noi dicevamo mai più senza fucile. Come nascono le cose: quella è colpa mia se è stata un'illusione, perché era un periodo in cui facevamo il giornale a Firenze, L'Espresso cambiò formato e c'era tutte le settimane una pubblicità con i dagherrotipi della rivoluzione russa, pubblicità della vodka Stolinkinaia, si vedevano i bolscevichi e lo slogan era "Senza pane, senza scarpe, mai senza fucile e senza vodka". Adesso ti fanno Marx, la rivoluzione, start-up, ma potevi fare anche al contrario: cominciammo a fare un'ultima pagina di Potere Operaio del lunedì che aveva le immagini del Cile (che mi pare ci mandasse Tano D'Amico) con la scritta "Mai più senza fucile" (poi qualcuno fece pure un gruppetto, ma quello non eravamo noi). Tra questi due estremi c'era poi questo loro tentativo, l'alternativa, anche Craxi sembrò flirtarci e Berlinguer diceva che era impossibile, e andarono alla sconfitta del '76. E' lì che mezza Lotta Continua si spacca, non erano le femministe: quando c'è l'ultimo congresso, Sofri allude dicendo "non sparate sul pianista", facendo finta di chiudere sulla contestazione femminista. In realtà il discorso era su un'altra contestazione, non erano più quelli della corrente che poi erano usciti nel '75 con quelli della frazione dei Comitati Comunisti di fabbrica, con cui poi ci ritrovammo assieme nei Comitati Comunisti per l'autogestione, Comitati Comunisti per il Potere Operaio, un anno assieme e poi loro presero la tangente mucchio selvaggio e Prima Linea; ma nel '76 era l'80% del quadro operaio di Lotta Continua che premeva per uno sbocco armato, e Sofri lo sa che ha chiuso su questo, poi ormai è acclarato. Ha avuto un colpo da maestro e da artista di buttarla sull'autocoscienza femminista come elemento che metteva in discussione la forma-gruppo, che era un'altra componente ma mi si permetta di dire che era meno drammatica, perché non ci si giocava la galera. Per noi a Terni nel '63 mi ricordo che ci fu la stessa sindrome: un milione di voti in più al PCI, i titoli de l'Unità "Un italiano su quattro vota comunista". La sera della festa ho conosciuto (come nello stereotipo che racconta anche Franceschini) Gildo Bartolucci, medaglia d'oro della Resistenza, ex-partigiano, stalinista immaginario, che era già stato un eroe all'epoca degli Arditi del Popolo: ma dopo due giorni in Unione Sovietica l'avrebbero mandato ai lavori forzati per trotsko-hitlerismo (e lui di certo Trotskij non sapeva nemmeno chi fosse), per irregolarità, e se non avesse avuto gli Arditi del Popolo avrebbero fatto il guappo, il rapinatore eccetera. Mi ricordo le discussioni tra noi di dire "va bene, adesso un milione di voti in più, e poi? un altro milione, e poi?". Quando lessi tardivamente, di ritorno da Parigi, dal maggio francese, "Lenin in Inghilterra" (andiamo ancora più a campo stretto che "Operai e capitale", perché Franco Piperno mi dette la raccolta di Classe Operaia) ne rimasi folgorato. Quel fesso di Magri era arrivato con Berlinguer in visita alla Sorbona, noi eravamo là e disse ad una compagna del giro trontiano di Piperno che Tronti è un grande scrittore, un grande romanziere, è come Nietzsche: lui diceva cazzate, certamente su Nietzsche e a mio parere anche su Tronti. Magri diceva: "A voi affascina, ma è il fascino della canzone". Bè, per me ha funzionato, ma d'altra parte Toni mi disse che, quando Tronti arrivò alla riunione di Classe Operaia con questo articolo, rimasero tutti folgorati, e figurati io. Però, in fondo tu trovi sempre quello che hai già inespresso, è quello che riconosci, o almeno spesso, non sempre. Dunque, quando andavo a dare i volantini alle acciaierie e usciva la fiumana degli operai, allora in bicicletta o in motorino, davanti al volantino del PCI (che poi votavano) o della CGIL (di cui magari avevano la tessera), con i coglioni sfracassati dopo le otto ore di lavoro, passavano, lo prendevano e la frase tipica, amara, ironica, sarcastica, affettuosa, autoironica, era: "Sono soldi?". La rude razza pagana, e Tronti arriva a dire: "Scrolliamoci di dosso quest'aria di sconfitta operaia, la rivoluzione non sta su un livello politico", perché poi, direbbe implicitamente, non c'è né fascismo, né il colonialismo, né la guerra, né dobbiamo aspettare la guerra per poter avere l'occasione, allora rovesciamo l'ipotesi, è sempre tendenziosa: non è che c'è la lotta economica che è difensiva e la lotta politica che è quella dove si fa la rivoluzione, e che la rivoluzione è questione di angeli, perché la forma dello Stato è cambiata, la forma del lavoro è cambiata, la composizione tecnica e politica di classe è cambiata, il plusvalore è sempre là, a quel tempo era rispetto alle teorie del neocapitalismo. Anche allora come adesso dicevano che non c'era più, l'estrazione di plusvalore non è più visibile e allora i fessi (che erano i maoisti, che poi tanto del plusvalore in verità non se ne occupavano nemmeno, e che poi fanno i nuovi filosofi, i neo-liberali) dicono: "Ma non vedete che non c'è più?"; e quegli altri fessi complementari, come il professor Luciano Canfora, dicono: "Ma no, le tute blu ci sono, e se non sono qui sono a Singapore": perché per gli uni come per gli altri, per Glucsmann come per Luciano Canfora, l'estrazione di plusvalore coincide necessariamente con la tuta blu. Invece Tronti incorporava gli articoli di Toni sul Marx sul ciclo e la crisi, Keynes, il '29, quindi la forma era tutta cambiata, allora gli altri dicevano a quelli di "Classe Operaia": "Vedete che non siete marxisti? Siete sociologi, siete fantasmatici, giovani hegeliani del capitale collettivo"; però questi dicevano: "Andiamo a vedere come la rivoluzione si fa nel cuore dell'arcano della produzione". Come comunisti ingraiani di sinistra noi dicevamo che si fa la lotta economica, poi si fa la lotta elettorale: e la rivoluzione come si fa? L'operaio che ti diceva: "Questi stanno bene, non si farà più; chiamatemi quando si spara", e intanto non faceva sciopero. Tronti dice: "No, no, invece è là che è sovversivo". In fondo c'è la stessa forza del paganesimo brutale della ricchezza delle nazioni, puntiamo sul narcisismo primario, guadagniamo, e magari per far soldi inventiamo la penicillina, solo che bisogna sapere che si può inventare la penicillina o il virus che distrugge la vita sulla terra; amoralità, sia quando si inventa la penicillina sia quando si inventa il cancro totale. Però, c'è una forza nel paradigma liberale puro (che poi è ideologicissimo) della mano invisibile degli spiriti animali: in fondo in Tronti è voler tirare fuori da Marx una cosa della stessa forza. Non la razionalità, la solidarietà, le buone intenzioni, i bei sentimenti o le radici quadrate; questa è una lettura. Quindi, la rude razza pagana io la riconoscevo in quelli che, quando davo i volantini, mi chiedevano se erano soldi.

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