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INTERVISTA A ORESTE SCALZONE - 24 MAGGIO 2000

Nell'interrogatorio con Calogero, io gli dico: "In codesto sistema giuridico mi risulta che, almeno fino a dieci giorni fa (io poi non sono di formazione giuridica), l'interrogatorio fosse un mezzo di difesa, dunque lei mi contesta e io le chiedo le fonti di prova; se invece lei mi pone delle domande, devo evincerne che lei ha bisogno delle mie risposte per eventualmente consolidare l'accusa. Dunque, posso concluderne che lei non ha elementi sufficienti." In realtà era un sofisma il mio, ho giocato su questo, perché lui può avere elementi ritenuti sufficienti per farti un mandato di cattura ma poi c'è l'istruzione, il rinvio a giudizio eccetera. Però, lui se l'è tenuta. "Dunque, posso presumere che non ha elementi sufficienti già lei, dalle sue fonti (vere o supposte, che io non conosco) per tenermi dentro: quindi, ho ragione di ritenermi sequestrato illegalmente. Non dico illegittimamente, poiché non c'è un medium tra noi sulla legittimità, ma sulla legalità. E questo è grave da parte di un giudice, più che da parte di un sequestratore, perché lo Stato si distingue dalla banda più forte perché autolimita la sua potenza. Quindi, un sequestro legalizzato è questione di habeas corpus." Lui stranito fa: "Va bene, firmi", e poi tanto aveva già deciso di spogliarsene per mandarlo a Roma, Spataro evidentemente riteneva di aver fatto abbastanza, e poi si rendeva conto che a quel punto se c'è insurrezione veniva spossessato; inoltre preferiva mandarlo a Roma perché temeva Palombarini, che io non sapevo chi era ma Guido Bianchini e Toni dicevano che era un democratico. Però la schermaglia configurava un modo di comportamento che, secondo me, potrebbe fare oggetto di manuale, e non è lesivo per nessuno dire: "Leggo l'interrogatorio di Lucio, quello di Oreste, quello di Lauso Zagato, è migliore della scelta mia e mi metto su quella falsariga"; e non è grave non averlo fatto, ma è grave trent'anni dopo ancora star lì a voler dimostrare che era giusto il tuo. Ma forse anche Toni si è disinceppato, però molti dei suoi ancora no, per esempio gli autonomi padovani: chi glielo chiede conto di queste cose? Sono loro che tornano sempre sul luogo del delitto. Qualche volta bisogna elaborare il lutto, si possono fare tante stupidaggini nella vita, il grave è volerle rimuovere e costruire un tessuto di razionalizzazioni sofistiche cambiando storie, terminologie...ma su che cosa?
Quando ci siamo ritrovati, con questa gioia del ritrovarsi, nel cortile di Rebibbia (poi noialtri coimputati stavamo tutti insieme nelle celle), Toni, che era un po' il capofila, propose di riunirci. Eravamo Toni, io, Vesce, Marione Dalmaviva, Luciano Ferrari Bravo e Lauso Zagato, più Piperno, che per fortuna era latitante, e Pino Nicotri, che ci stava per sbaglio (e si è comportato bene, anche se giocava sul velluto perché non poteva durare la cosa). Cominciammo a scrivere un documento, che poi io e Lauso firmammo: ma su che cosa cominciò il primo vero screzio? Ad un certo momento si dice nel documento (e io sento un po' come una cattiva azione di aver ceduto al ricatto affettivo, poi alla fine ancora quella di firmarlo come collettivo dei coimputati): "Dobbiamo fare un passo indietro rispetto alla nostra posizione di allora, che riteniamo erronea, "né con lo Stato né con le BR"." Obiezione mia e di Lauso: "Ma scusate, facciamo un'autocritica rispetto alle posizioni che sono le nostre: quella fu una formula usata da Sciascia (e per uno Sciascia nella sua posizione era già coraggiosa, perché immediatamente Amendola gli disse che non poteva fare il terzoforzista, si doveva schierare) e usata da Lotta Continua: e facevamo a schiaffi (e, se è per questo, voi più di noi) contro questa formula. Le nostre rispettive formule sono nelle emeroteche: la nostra, mia, su un volantone dei CoCoRi, era "contro lo stato punto, e poi le divergenze con le BR sono una cosa all'interno del movimento"; la vostra, Toni, è scritta su "Rosso" e forse era migliore, "contro lo stato diversamente che le BR". Ma o non parliamo dell'argomento, o evochiamo questa nostra posizione citando i nostri giornali (che non sono mica segreti), ma non possiamo fare un'autocritica applicata a un falso, attribuendoci una posizione che non era la nostra e contro la quale abbiamo combattuto." Questo fu il primo screzio: cedemmo, io e Lauso, per carità di patria, di famiglia, di ricatto morale, e secondo me non facemmo bene. Loro vollero capire e dirsi, allora fraternamente, che noi eravamo moralisti (Emilio ci diceva che volevamo la citazione eroica nei libri di storia), e che noi rifiutavamo il principio di autocritica, e lo pensano ancora, o fanno finta di pensarlo, dicevano che noi eravamo irriducibilisti o vogliosi di voler rivendicare. No, e questo è dentro una frase, lo potrei dire con grandi cose ma i riscontri sono meno chiari: lì lo troverete che c'è scritto così e se poi si vanno a prendere le copie di Lotta Continua, quelle di Rosso, quelle dei nostri giornali ecc., si vede che quella cosa è un falso. Allora, sono moralista della verità, o della frase hegeliana sul rigore? No, ma perché su una svisatura così si crea una situazione come per la rotta del transatlantico, poi è tutto un castello di storie ufficiali e di autofalsificazioni. Non è un problema morale o di coraggio, non ho mai pensato di essere più coraggioso di Toni o altri, chi può dirlo. Ciò per prendere un indizio, poi venne il fatto che è difficile psicologicamente. Decisero come collettivo di fare uno sciopero della fame con l'obiettivo "processo subito", e naturalmente io e Lauso alla fine non aderimmo: vollero raccontarsi e pensare che noi eravamo influenzati dai brigatisti della cella accanto, che erano contro la forma sciopero della fame per loro stupidaggini ideologiche, quando io poi ne ho fatti 24 giorni a Parigi. Non ce l'avevo proprio questa idea, e nemmeno Lauso, non era il nostro questo tipo di atteggiamento, era una stupidaggine dell'ideologia brigatista: tanto è vero che Franceschini quando, a un certo momento, un po' che gli crollava il mondo addosso, un po' che non li lasciavano respirare, fece lo sciopero della fame, secondo me ha sentito che lì aveva già consumato il tradimento per cui tanto vale pentirsi.

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