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INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 16 OTTOBRE 2000 |
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Perché poi, Alfabeta è una rivista gauchista (per usare un termine di questo genere)? Certamente sì, perché una certa spinta verso gli elementi estremi di movimento c'è nella rivista, sicuramente Balestrini è legato all'autonomia operaia, non ne fa mistero, e poi anche chi non l'avesse voluto capire lo capirà il giorno che scompare, trovando poi scritto il suo nome sul giornale con tanto di mandato di cattura. Ma come si fa a dire che Volponi apparteneva a una posizione anti-istituzionale di questo genere? Volponi poi diventerà senatore del PCI successivamente. E come si fa a dire che era di questo genere un personaggio che ha avuto un sacco di ruoli di prestigio, se non proprio di altissimo prestigio culturale dentro il PCI come Mario Spinella? Questi è un personaggio eretico all'interno del Partito Comunista, bizzarro, cultore di psicoanalisi, conoscitore di cose filosofiche, autore di romanzi. L'impronta letteraria è insomma molto presente, uno potrebbe dire che in definitiva questa sorta di enciclopedia di posizioni, per cui c'è la letteratura, c'è la filosofia, tutte insieme, oggi sarebbe assolutamente impraticabile. Però, se noi andiamo a vedere di che cosa è fatto questo ragù che è la direzione di Alfabeta, quali sono gli ingredienti che sono dentro, vediamo che certamente l'ingrediente letterario è molto presente; ma è anche presente l'ingrediente sinistra PCI, non sinistra del PCI, quindi sinistra istituzionale, perché c'è almeno il 30-40% (Eco compreso) che lì dentro fanno riferimento al Partito Comunista. Allora si arriva da una certa situazione, pensate a cosa è stato dopo il '68, in cui tra PCI e resto del movimento c'è una spaccatura, non una differenza ma c'è proprio la contrapposizione. Quindi, c'era anche questo elemento in Alfabeta, in qualche modo di una sorta di ricomposizione, certamente attraverso alcuni elementi intellettuali che a loro volta erano elementi di radicalità critica, degli scontenti delle loro istituzioni di riferimento, ma che non per questo cessavano di avere dei riferimenti a queste istituzioni. E' come dire che mentre fuori da Alfabeta (posto che ci sia un dentro) avvenivano delle lotte feroci tra estremismo, come veniva chiamato, e il Partito Comunista, dentro Alfabeta c'è una sorta di possibilità di antalt cordial tra queste componenti. Il che non è mica poco dal punto di vista delle garanzie intellettuali e anche del fatto che Alfabeta viene vissuto da tantissimi come un luogo in cui puoi scrivere, puoi esprimerti e puoi anche difendere i tuoi interessi.
Non so se ho spiegato quello che secondo me è proprio il cuore della faccenda. Certamente poi la cosa se l'è inventata Balestrini, mette insieme queste persone, ci troviamo un certo giorno tutte intorno a un tavolo, ci guardiamo un po', perché poi ci sono delle microstorie. Un certo numero di costoro, anzi in qualche modo forse l'elemento più significativo della genealogia è il Gruppo 63, e quindi buona parte di questi sono già stati insieme, lo stesso Leonetti, o hanno già in qualche modo avuto dei rapporti di questo genere. Però, la cosa poi si è allargata, si è espansa, certamente come si sa a un certo punto nella rivista entrano persone come Formenti, come Ferraris o come Dal Lago: sono tutte e tre persone che ho fatto entrare io che non c'entravo nulla con il Gruppo 63 e neanche con questa vague letteraria, non potrei mai pensare che queste persone ci entrano attraverso quella genealogia. Quindi, alla genealogia di inizio se ne sovrappone poi un'altra o delle altre, per cui mentre dall'interno questa appartenenza viene in qualche modo riconosciuta e anche riconfermata, magari esibita certe volte, non mi pare che dall'esterno, cioè i lettori della rivista, possano tanto accorgersi che quelli sono i reduci del Gruppo 63 che, dopo avere fatto l'esperienza di Quindici (c'era anche una fase intermedia), adesso ci provano con Alfabeta e ripropongono le loro (quali sono poi non si sa) idee, perché palesemente la rivista funge in un altro modo, svolge un altro servizio, svolge un servizio di collettore, insomma di rivista su cui puoi scrivere. Di rivista su cui puoi scrivere sempre che tu ti adegui allo stile della rivista, cioè al fatto che lì dentro si scrive in un certo modo, facendo funzionare la testa. Certo, poi cominciano le eccezioni evidentemente, se Eco scrive l'articolo come vuole lui non è che gli si va a dire "ehi, ma senti..."; ma siccome lui era uno dei propositori di questo sistema diciamo della recensione a pacchetto, all'inizio, nei primi tempi lui non può mica venire meno alle sue stesse idee. Quindi, tutto sommato ci si convince che quello stile lì è importante e lo si pratica. Oggi sulle riviste riconosci poco questo elemento della scrittura. Lì c'erano due tipi di intervento: dei materiali, documenti, per cui si trovano numeri di Alfabeta con degli inserti di documentazione, di attività dei magistrati o letterarie ecc., questi articoli che erano quelli che costituivano l'ossatura di base della rivista; poi di finestre come si chiamavano, che sono dei box che si trovano in quella pagina che è molto grande, e questi box hanno un carattere più di intervento sull'attualità, di messa in evidenza di un fatto, di una situazione (poi farò un esempio personale riguardo a questo). Praticamente non c'è altro, poi si inventano delle rubriche, si incomincia a costruire un apparato che funziona come bollettino da fuori, dall'estero, dall'Europa ecc., si costruisce una situazione di recensioni in un certo modo, insomma poi la cosa si arricchisce.
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