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> La figura di Enzo Paci
(pag. 8)
INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 16 OTTOBRE 2000


Per cui chi invece cercava una professionalità, un'etica del comportamento, un pudore o robe del genere scarsamente li trovava; poi lui comunque era ospitale, eri certo che trovavi ascolto con lui se tu andavi a dirgli una cosa nuova, qualunque fosse. Dunque, c'era questa apertura, questa roba qua gli dava una specie di elisir che gli permetteva di rimanere sempre aperto alla situazione. Poi, certo, ha cominciato a sentirsi debole a un certo punto, a sentirsi solo e allora si appoggiava ai suoi amici, ha stravisto per Capanna che era quello che era. Comunque non gli è parso vero che gli studenti diventassero soggetti o volessero farlo; quando lui ha visto e sentito questo ha detto: "allora io ho ragione", e lì è un po' cascato l'asino perché detto quello non bastava, bisognava fare qualcos'altro. E' difficile fare scuola con Paci, la prima cosa che ti diceva era: "guarda, se tu stai con me sei fottuto"; la cosa grave era che non si trattava solo di una frase ad effetto, era vero, perché se tu stavi con lui non avevi più nessun tipo di apertura all'università. Però, avevi una capacità di imparare a ragionare spaventosa (in senso positivo), grandissima. Questo è il punto, per cui lui ha avuto questo effetto poi anche un po' di catalizzatore: la fenomenologia come strumento critico, come critica della realtà dell'esistente, l'esistente non devi mai accettarlo ma bisogna criticarlo, smontarlo, oggi si direbbe decostruirlo, farlo a pezzi. Era sospettosissimo, "se tu pensi questo vorrà dire che pensi qualcos'altro", anche insopportabile poi, paranoico nella sospettosità; però, insomma, c'era qualcosa che apparteneva alla tradizione marxista in questa faccenda, e c'era qualcosa che apparteneva anche al pensiero non marxista, la linea Socrate, Cartesio, Husserl, l'arte del dubbio. Quindi, l'arte del dubbio, l'interesse verso l'irrazionale anche, senza cadere poi in certe forme: lui era un Razionalista con la r maiuscola, però sapeva che quella parte di irrazionale che c'è in noi va assolutamente custodita. La barbarie non si estirpava secondo lui, quindi da Ingels Silva, il libro su Vico negli anni '50, in avanti questa oscurità del bosco che ti attorciglia con la sua barbarie per lui era un problema, che poi diventava alla fine il problema del negativo, il problema della negatività del nulla e, per quanto lui non fosse un pensatore né nichilista né di questo genere, tutti lo riconoscono giustamente come un pensatore umanista, storicista e razionalista, però c'era questo. Ma non si riesce a fare stare insieme tutte queste cose, forse perché non abbiamo la scatoletta giusta per farci stare dentro Paci, è questo quello che osserverei io: era un personaggio che non stava nella scatoletta, cioè neanche lui stava nella concretezza malposta Paci, qualunque etichetta noi gli vogliamo dare, compresa quella che io cerco di dargli in questo momento. Faccio tutti gli sforzi possibili per non farlo stare in una scatoletta, ma ho leggermente allargato la scatoletta, e lui sarebbe in disaccordo su questo; ciò per quanto poi lui stava nella sua scatoletta, anche questo è vero, perché poi in fondo fenomenologo era, umanista era ecc., con tutto che si spiazzasse, si spostasse verso la scienza rimaneva legato alle humanities (come dicono gli anglosassoni), cioè alle cose che gli interessavano, quindi anche a una cultura non scientifica. Però, sapendo benissimo che bisognava continuamente fare il passo oltre, cercare di farlo, rompere insomma. Tutta questa roba qua lui la chiamava con un termine che, tutto sommato, detto così (mettiamola a chiusura del pezzetino) fa impressione, perché la chiamava enciclopedia; uno può dire che l'enciclopedia non è questa, è tutt'altro. E lui scrive poi un libro che verrà considerato non il suo libro migliore, ma che lui considererà invece il suo libro migliore, si intitola "Idee per un'enciclopedia", uscì da Bompiani, è una delle ultime cose che ha pubblicato. E lui su queste idee per un'enciclopedia, che poi era l'unità del sapere, quella che dicevo prima, il fare stare insieme le cose, lui pensava di averci speso la vita e pensava anche di avere capito che in realtà quando Hegel parlava di enciclopedia parlava di questo.

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