|
INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 16 OTTOBRE 2000 |
|
|
E' un po' kantiano, certo. A questo punto però si capiva immediatamente che la filosofia aveva un'articolazione pratica, perché o passi per di lì e ci si chiarisce sulle parole che usiamo, sul modo di usarle, su quello che vogliamo, o non passi per di lì e tu allora usi delle concretezze malposte, tipo la parola soggetto. Non so se mi sono spiegato, adesso ho fatto una specie di contrazione di questo.
Allora, insomma, che cosa ti insegnava Paci? Ti insegnava cose molto semplici: che tra filosofia e vita non c'era e non ci doveva essere nessun buco, che la filosofia non è una disciplina, un insieme di normative filosofiche strutturate dentro un pacchetto che si chiama storia della filosofia, sul che Paci ci cagava, letteralmente, perché lui era molto violento. Se io uso questo linguaggio è per fare anche capire che il personaggio non era di quelli sofisticati, lui era proprio duro, duro con il collega della porta affianco che magari si chiamava Dal Pra, non era l'ultimo pirla che passava per di lì, su cui lui buttava regolarmente il discredito. Figurarsi come lo amavano lì dentro; una volta morto il maestro, degli allievi alcuni si erano già riciclati alla grande, ad alcuni altri (tipo me) fu detto: "più presto fate la vostra valigietta e meglio è, perché qua non vi si vuole", e l'aria che tira in Statale è ancora un po' di questo genere, lo spirito di Paci ha smesso di aleggiare. E lì forse è anche un limite del personaggio, perché uno deve essere anche in grado di costruire degli strumenti di difesa, invece aveva questa funzione del filosofo libero che alla fine è ovvio che gli fanno bere la cicuta, la città poi lo ammazza. O meglio, la città poi non lo ha ammazzato per niente, perché lui si spendeva con gli architetti, con gli psicologi, non si tirava indietro in nessuna delle varianti del sapere milanese, era molto presente, ma non solo nella vita pubblica, perché poi allora si usava fino a un certo punto che la vita fosse solo pubblica, lo faceva nelle case, nelle discussioni, nei gruppi, in quello che non si usa più credo, che le persone e gruppi di intellettuali si trovino in una casa (in fondo Alfabeta aveva un po' riprodotto questa cosa qua nella sua redazione) e discutano a lungo una sera nella forma del salotto intellettuale. Proprio perché Paci aveva effettivamente anche un occhio di riguardo verso la vita di sinistra, non c'è dubbio. Io non ho partecipato alla fase mitico-mitologica delle letture de "Il capitale" all'osteria "lo scoffone" del centro di Milano, comunque credo che da parte di Paci ci fosse un tasso di esibizionismo, perché il personaggio era esibizionista, ma credo che poi ci credesse anche. Era molto simile a Sartre in certe cose, c'era un'adesione alla causa dei "dannati della terra" (prendendo il titolo di un libro di Franz Fanon), alla causa degli sfruttati. E c'erano anche molti tratti in comune tra Paci e Basaglia, ad esempio: io li ho conosciuti tutti e due, loro si conoscevano. Loro si conoscevano tutti, ecco, lo vedi se tu vai a scavare nelle biografie intellettuali di quelli che sono stati abbastanza importanti anche come riformatori tipo Basaglia (nel suo caso è interessante), se tu non lo sai non penseresti mai di trovare nella biografia di Basaglia Paci, invece lo trovi: vai a leggere gli scritti di Basaglia, vedi la sequenza di questi scritti usciti da Einaudi e trovi che questo Paci effettivamente aveva fatto una scuola sotterranea, c'era una filosofia sommersa. Poi era paranoico quant'altri mai, quindi riteneva che la fenomenologia fosse combattuta agli angoli delle strade e questo poi era vero fino a un certo punto in sostanza. La sua entrata nel marxismo produsse da parte dei marxisti anche della reazioni pesanti, perché lui ci entrò naturalmente con il suo stile, attaccando a destra e a sinistra proprio i marxismi. Con il tempo le mediazioni sono venute un pochino meno, le cautela anche, allora certi personaggi piemontesi come Piana cominciarono a vederlo con un occhio diverso; e Paci scriveva nei diari "quel bandito di Piana, quel traditore, quel capitalista", povero Piana che non ha proprio l'aria! Perché c'era in Piana (non solo in lui, però) una sorta di sobrietà, di stile sobrio e austero che non corrispondeva a quello di Paci. Paci si spendeva: ecco, quello che io ho apprezzato in lui è questa capacità di esporsi e di spendersi. Lui considerava la filosofia una specie di bomba che si poteva lanciare, il che non era sempre vero, cioè tu lanci la fenomenologia e non succede niente; dall'altra parte però non è che avesse questa idea esplosiva della filosofia e poi dopo lui facesse il bravo professore, no, lui perdeva la faccia ogni cinque secondi, si esponeva ogni cinque secondi.
|
1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6
- 7 - 8 - 9 - 10 - 11 -
12
|
|