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INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 16 OTTOBRE 2000 |
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Quindi, in parte era legato alla sua autorevolezza, in parte al suo osare: ecco, oggi noi non oseremmo più, anche perché i campi sono diventati talmente stretti che prima di fare un'incursione in un campo devi pensarci tante volte. Invece, lui faceva l'incursione su, si vada a verificare se non ci si crede: sociologia, psicoanalisi, gestalt psicology (c'è un numero di Aut Aut su questo), musica, teatro, letteratura, antropologia intesa come tale e non come antropologia filosofica. Quindi, in realtà la rivista a immagine di Paci è molto meno dibattito filosofico in senso stretto quanto sia possibilità di fare delle incursioni attraverso lo strumento critico della fenomenologia e della filosofia dentro dei campi che secondo lui avevano bisogno di essere attraversati dalla critica filosofica, rifondati come diceva lui (oggi ci fanno impressione queste parole). Che cosa fa Marx? Prende l'economia politica e la rifonda criticamente. Allora, qual è il retropensiero di Paci tradotto in termini molto molto semplici, dunque che cosa fa Paci? Prende la fenomenologia e può rimettere sui piedi tutto quello che di scientistico, di oggettivistico, di dogmatico c'è dentro Marx, valorizzando ed enfatizzando l'elemento critico, l'apertura verso la trasformazione nei confronti di un uomo nuovo. Insomma, c'è un umanismo in Paci, non c'è il minimo dubbio. Certo, poi se si va a chiedere a Paci quali sono le modalità tecnico-politiche con cui questo deve avvenire, lui non ti risponde. Rispetto al realismo di oggi che ci induce a dire "sì, d'accordo, tu vuoi cambiare il mondo ma intanto insegnami come si fa a spostare questo oggetto sul tavolo, quali sono le leggi che regolano questo spostamento", certamente Paci ha delle pennellate più larghe, che forse sono quelle che oggi sono andate perse. Paci sarebbe andato a nozze nell'epoca in cui si parla di clonazione o di problemi di questo genere qua perché lui sarebbe intervenuto molto molto direttamente, a testa bassa, convinto, persuaso, gridando le sue ragioni su cose di questo tipo, facendone vedere i rischi ma anche le apertura. Lui aveva sempre un sistema doppio di entrata critica, non troverete mai in Paci la distruzione dell'oggetto: quella che lui chiamava lettura fenomenologica si poteva fare di qualsiasi cosa. Che so, lettura fenomenologica del portacenere, ci fu anche tutta una specie di ironia su queste cose, quando Umberto Eco scrive "La fenomenologia di Mike Bongiorno", che è uno dei primi saggi di "Apocalittici o integrati", lui guardava con molto interesse a Paci, anche se poi veniva dalla scuola torinese. Ancora oggi si dice la fenomenologia di qualche cosa, dunque questo è rimasto. In effetti Paci considerava la fenomenologia come una struttura di leggibilità: se noi volessimo entrare in questa struttura di leggibilità certamente sarebbe meglio conoscere perlomeno due parole dell'ascendenza genealogica, cioè Husserl, perché altrimenti si usa la parola un po' a vanvera, ma se poi andiamo a vedere come funzionava il discorso di Paci esso funzionava nel fatto di fare venire fuori l'elemento soggettivo nascosto dell'oggetto criticato in questione. Lui prelevava da Whithead, uno dei suoi autori più importanti, una nozione che tradotta in italiano io la sento molto famigliare perché ci ho fatto su la tesi quando mi sono laureato con Paci, ed è concretezza malposta. Ecco, l'idea di Paci era che c'erano tante concretezze malposte e quindi che tu dovevi andare verso questo che tutti ritenevano essere concreto, smontare questa concretezza, fare vedere la falsificazione che conteneva questa concretezza, quindi fare vedere il carattere ideologico diremmo oggi delle situazioni, ma nel tempo stesso ricavarne le operazioni soggettive che la sorreggevano questa concretezza malposta. Quindi, insomma, non buttare via niente. Per cui se vogliamo tradurre in modo farsesco questo discorso (la dico veramente come se fosse una boutade, però fino a un certo punto), ogni posizione di pensiero allogena per Paci era una posizione di pensiero che alla fine risultava fenomenologica senza saperlo. Come dire, tu dici una cosa, io ne dico un'altra, adesso io (un po' è socratica questa posizione) mi impegno a farti capire che la cosa che tu dici in realtà non è poi così diversa da quella che ti dico io, semplicemente tu non lo sai. Ora, questa è la boutade, dietro a ciò si può vedere una presunzione orrenda, dire "allora tu conosci la verità", ma se poi chiedevi a Paci se conosce la verità lui diceva che non ne sa niente, proprio socratico, non so niente, so di non sapere. In lui interveniva un Socrate più l'"XI Tesi su Feuerbach", cioè un Socrate che però poi si serve di questo strumento critico per pensare quell'idea molto semplice che lui aveva in mente: il mondo deve diventare un mondo di soggetti. Lapalissiano? Certo, ma per esempio questo dettato lapalissiano mi ha sempre però orientato, devo dire ancora oggi se mi chiedono cosa voglio, rispondo che il mondo diventi un pochino più un mondo di soggetti. Scusate, non è questo che vogliamo? Poi magari uno arriva e dice "sì, ma un momento, i soggetti chi sono?". Paci ha una serie di risposte, allora queste risposte le possiamo contrapporre a delle altre, per Paci il soggetto è un soggetto universale, noi siamo d'accordo che sono universali i soggetti, ciascuno è soggetto? Per Paci sì, c'è un diritto al soggetto, come se nella carta europea dei diritti ci fosse anche un diritto al soggetto.
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