Quindi, c'era la fase dell'assemblea studenti-operai, la nascita della sigla Lotta Continua, che inizialmente è nata non come sigla di un gruppo: mi ricordava Mario Dalmaviva che, a quanto pare, l'abbiamo inventata io e lui perché ogni giorno si faceva un volantino e, siccome le lotte si estendevano, una volta l'abbiamo titolato La Lotta Continua, dunque era un titolo descrittivo che poi è rimasto. Sofri poi si è impadronito di questo, ha rotto l'unità molto confusa dell'assemblea studenti-operai, ha costruito il suo gruppo e a quel punto io non l'ho seguito nel suo progetto. Successivamente siamo andati a Parigi da Thiennot, che aveva dato vita al gruppo da cui sarebbe nato Servire il Popolo in Italia, che però ne era la versione caricaturale, mentre quello era un gruppo maoista serio, con cui io avevo avuto già rapporti. Un elemento che prima ho dimenticato è che, a partire dalla questione della rivoluzione culturale, erano iniziati dei rapporti con le Edizioni Oriente, che non costituivano un gruppo politico, ma erano di fatto l'unico nucleo realmente maoista: mentre qui si avevano i vari partiti leninisti (Linea Rossa, Linea Nera ecc.) di tipo dogmatico, questi facevano una bellissima rivista, Vento dell'Est, in cui sceglievano testi, traducendoli direttamente dal cinese, ed era uno strumento di informazione ma anche di educazione politica. Quindi, c'era questo rapporto che continuò fino alla fine dell'esperienza delle Edizioni Oriente. Attraverso loro io ho avuto contatti con Thiennot e altri del suo gruppo. Quindi, quando ci trovammo in quattro gatti, io e la mia compagna di allora andammo a chiedere consiglio a Thiennot su cosa dovevamo fare, e lui ci disse che anche tre o quattro persone possono essere una cellula comunista senza avere un partito. Dunque, noi iniziammo a reintervenire alla Fiat, mi ricordo inizialmente con un opuscoletto su cosa insegnava la rivoluzione culturale agli operai nella situazione di qui. Eravamo chiamati il gruppo "leggete e fate passare" perché non avevamo una firma. Dopo di che ci mettemmo insieme al Collettivo Lenin e quindi nacque un gruppo abbastanza consistente che ebbe un salto di qualità nel '71 perché vi aderirono una serie di delegati di punta della Fiat, in particolare delle carrozzerie, che erano critici verso la linea sindacale ma non condividevano la linea avventurista di Lotta Continua, che diceva "siamo tutti delegati"; questi invece erano delegati e ci credevano, ma erano spesso in scontro con il sindacato. Da qui nacque un'organizzazione che aveva in Fiat un ruolo che poi divenne crescente con il declino di Lotta Continua. Nel '73 confluimmo in Avanguardia Operaia, rispetto a cui avevo inizialmente delle diffidenze per la loro matrice trotzkista, ma non di tipo stalinista ovviamente: i trotzkisti li ho sempre frequentati, c'è una storiella che dice che un trotzkista fa il partito, due trotzkisti fanno l'internazionale, tre trotzkisti fanno la scissione! E' una logica di questo tipo, dovuta anche al loro tragico destino originario. Quindi, sono stato in Avanguardia Operaia fino allo scioglimento nel '77, quando poi nacque Democrazia Proletaria io vi ho aderito formalmente ma mi sembrava un qualcosa di sopravvissuto. Per dovere di cronaca, sono poi entrato nel PCI. Con il '77 il mio impegno politico vero è finito, dopo di che non è che abbia smesso di occuparmi di queste cose, ho sempre collaborato con il sindacato, ho fatto ricerche; quando Bassolino era responsabile del lavoro di massa nel Partito Comunista, nel tentativo di rilanciare il rapporto PCI-classe operaia, ha promosso una grossa inchiesta e mi ha chiesto di coordinarla. A quel punto io mi sono iscritto al partito, anche se devo dire che lui non me l'ha chiesto, dicendomi che anzi non era una condizione. Ci ho provato un po', sono rimasto ancora un anno dopo la scissione, poi più tardi sono entrato in Rifondazione, rispetto a cui non ho un ruolo politico rilevante: lavoro molto, ma sempre con inchieste e cose di questo genere. Dunque, una militanza politica organica come quella dei periodi precedenti non c'è più stata.
Che rapporto c'è tra la tua formazione politica e quello che è poi stato il tuo percorso professionale?
Il problema è che le mie scelte professionali sono sempre state subordinate a quelle politiche. Per fare un esempio, io volevo laurearmi in Storia perché mi piaceva, poi mi sono laureato in Sociologia in quanto ciò serviva per l'inchiesta alla Fiat e queste cose qui. Successivamente, per un po' sono stato assistente volontario di Gallino, con il movimento del '68 sono andato via dall'università, insegnavo alla scuola serale perché questo andava benissimo con i turni alla Fiat, in quanto noi facevamo la riunione alle 14.30 all'uscita del turno, poi io alle 19 andavo a scuola, finivo alle 22.30 e arrivavo in tempo per il secondo turno.
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