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INTERVISTA A VITTORIO RIESER - 3 OTTOBRE 2001


Da come tu affronti il problema dell'inchiesta e della conricerca emerge il nodo di che soggettività ci si trova. Come avete affrontato in quel periodo la questione della soggettività all'interno del gruppo dei Quaderni Rossi e in una dimensione più ampia di settori di classe? C'è infatti un grosso interrogativo: è stato posto il problema della soggettività all'interno di questo progetto politico oppure no?


E' stato posto, però qui vanno proprio distinte due fasi. Inizialmente è stato affrontato in modo sostanzialmente unitario, tenendo conto che in tutto questo periodo, almeno fino al '62, noi ci misuravamo con la Fiat, non ancora con la situazione di classe complessiva. Nella fase prima dell'esplodere delle lotte alla Fiat c'era una soggettività perlomeno conflittuale della classe operaia, verificavamo su cosa si sviluppava e quali erano gli ostacoli alla sua traduzione in lotta. Quindi, questo era il livello di allora, e sin qui la cosa ha funzionato. Il problema è diventato molto più avanzato quando, già prima del '62, ma soprattutto in quell'anno sono esplose le lotte, anche alla Fiat, e comunque la lotta di classe ha raggiunto livelli alti pure nel resto d'Italia, dove non era una novità. Dunque, a quel punto c'era il problema se affrontare il tema della soggettività sul piano di classe complessivo, che rapporto c'era con la strategia politica ecc.: lì noi non siamo stati all'altezza. Da un lato, quelli che poi hanno dato vita a Classe Operaia secondo me hanno dedotto idealisticamente una soggettività della classe operaia anticapitalistica, che andasse al di là del piano del capitale, che non aveva fondamenti reali, portava direttamente sul piano ideologico. Quelli come me che in questo non credevano, a quel punto si riducevano però a fare le pulci al sindacato, cioè a partire da quello che era il dato di fatto delle lotte sindacali e a fare una continua critica da sinistra a queste lotte sostenendo che la soggettività della classe operaia avrebbe richiesto una strategia più avanzata e più adeguata. Panzieri scomparve troppo presto perché, secondo me, lui avrebbe avuto una capacità di sintesi. La rottura con i compagni che poi hanno dato vita a Classe Operaia l'ha decisa lui, pur essendo stato quello che li conosceva meglio ed era loro più vicino: quindi, respingeva radicalmente quelle posizioni, considerava la visione di Tronti idealistica, più alla Bruno Bauer che alla Karl Marx. Però, Panzieri forse avrebbe avuto una capacità di sintesi. Di fatto, poi a quel punto queste due anime si sono mosse su terreni molto diversi: noi abbiamo continuato a fare le pulci al sindacato, a organizzare gruppi di sinistra di lavoratori, per esempio all'Olivetti, che facevano una battaglia nel sindacato, mentre Classe Operaia sapete meglio di quanto possa dire io che percorso ha seguito.


C'è un interrogativo che si pone sul nodo tra soggettività e progetto. O la soggettività viene intesa come qualcosa di dato, che c'è e quindi come tale mette in campo una sua caratterizzazione, una sua forza, una sua capacità di essere contro, e può essere un'ipotesi; oppure l'altra potrebbe essere che comunque la soggettività ha una sua dimensione di formazione e di sviluppo all'interno di un percorso. In quest'ultimo caso, come la categoria del progetto entra in rapporto con la questione della soggettività?

Su questo io do una risposta adesso, ma non so dire allora. Torno ai miei itinerari formativi: rispetto ai grandi pensatori e leader politici del marxismo, io ho cominciato con Marx attraverso Panzieri, poi sono arrivato a Mao dopo, quando Raniero era già morto, diciamo all'epoca delle rivoluzione culturale, e da lì sono giunto anche a Lenin. Quindi, la risposta che do è di tipo maoista: la soggettività deve essere molto reale, non è qualcosa di costruito dall'avanguardia, dal partito. La soggettività nasce dalle contraddizioni di classe e però molto spesso è disorganica, contraddittoria, che esprime una spinta o rivoluzionaria o comunque di trasformazione: il compito del partito è di tradurla in progetto, cioè di sistematizzare gli elementi e di riproporla a livello di massa. Secondo me, dal punto di vista teorico l'impostazione maoista resta l'unica valida, perché in Lenin c'è un'accentuazione kautskiana molto forte sul ruolo dell'avanguardia, mentre la risposta di Mao è la più realistica.

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