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INTERVISTA A DOMENICO POZZA - 21 NOVEMBRE 2000


Per quanto riguarda l'operaismo, c'è chi parla di continuità tra la fase dei Quaderni Rossi e di Classe Operaia e quelle che sono state le successive esperienze di alcuni gruppi, mentre altri, in particolare Tronti, individuano una cesura netta tra le due fasi. Tu cosa ne pensi?


Secondo me c'è una cesura netta, non c'è rapporto tra le due cose.


Solo dal punto di vista quantitativo o anche qualitativo?


Sul piano proprio dei contenuti. In Lotta Continua non c'era nessuna prosecuzione del discorso marxiano di Tronti, è una cosa completamente diversa.


Per quanto riguarda l'attualità, negli ultimi anni si è sviluppato un grosso dibattito rispetto ai processi capitalistici, al cosiddetto postfordismo, all'esistenza o meno di un qualcosa che possa ancora definirsi classe: tu cosa ne pensi?

Tutto quello che noi pensavamo non c'è più, da questo punto di vista il sole è veramente sceso dietro l'orizzonte. Se possa esistere qualcosa di diverso è una questione su cui bisogna pensarci bene, non è una cosa che si possa risolvere teoricamente, deve nascere qualche cosa che entri in contraddizione con lo sviluppo capitalistico.


Ritornando al vostro gruppo di Pavia, voi eravate in stretto rapporto con il gruppo di Milano?


Il trade d'union era sempre Cesare Pipitone, è lui che intesseva i rapporti con tutti.
Per quanto riguarda il periodo di Lotta Continua, il gruppo di Lecco l'avevamo messo su noi. Ad un certo punto, nella fase di scioglimento di Lotta Continua, avevamo anche messo su una radio, una delle prime radio libere che sia nata in Italia, si chiamava Radio N 103. E' poi morta per soffocamento perché, siccome allora c'erano ancora i gruppi, quando è venuta fuori la radio, poiché essa era basata sul lavoro volontario, tutti hanno cercato di infiltrare della gente. Ma il senso della radio non era certo quello, doveva invece essere un posto in cui trovasse spazio tutto quello strato diffuso e di base presente sul territorio. Visto che non era così, abbiamo abbassato la saracinesca e abbiamo messo fine all'esperienza.


Come interpretavate l'esperienza di Classe Operaia in un territorio provinciale?

Noi la vivevamo in modo abbastanza spontaneista.
Alla fine il punto di riferimento era sempre il sindacato. Quando nelle fabbriche c'era qualche casino o qualche vertenza ci si inseriva cercando di spingerle su un terreno di scontro, mentre il sindacato cercava di smorzare i toni. Infatti, gli operai stessi chiedevano "ma voi chi siete? siete un partito o siete un sindacato?": non c'era l'abitudine, dopo con l'extraparlamentarismo è diventato assodato che ci poteva essere un intervento sulle fabbriche, ma allora, nel '64-'65, era una cosa inconcepibile, o eri un partito o eri un sindacato.
Per quanto riguarda il gruppo di Lecco di Lotta Continua, i nostri non è che fossero studenti; in Avanguardia Operaia invece erano tutti studenti, operai ce n'erano pochi, quelli del Manifesto erano dei benpensanti, un po' come se fossero una sinistra democristiana. Noi invece eravamo i pazzoidi, quelli pericolosi. Avanguardia Operaia a Lecco avevano una discreta base, avevano dei leader, di studenti ne avevano, però di operai zero.

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