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INTERVISTA A YANN MOULIER BOUTANG - 7 LUGLIO 2001


E' stato un po' un laboratorio di questa gente perché c'è anche una continuità con dei compagni che hanno fatto questa esperienza e che sono dentro un movimento, naturalmente con una dialettica con i trotzkisti e altre componenti, c'è stata questa presenza interna al movimento dei disoccupati. Naturalmente la questione del razzismo è diventata importante, mi ricordo perfettamente tutto il movimento e poi la discussione con i compagni inglesi: tutto questo ha fatto sì che diventasse una cosa un po' più pesante e un po' più difficile ma interessante. Sul nucleare abbiamo vinto in Bretagna, abbiamo perso altrove, specialmente a Parigi, perché non avevamo la capacità di organizzare e diffondere, il movimento non era abbastanza ricco per affrontare tutto ciò, c'era una sollecitazione tremenda dello Stato ad andare a scontri più duri, ogni passo verso questi scontri di fatto aveva come risultato un progresso della parte più militarizzata del movimento e una spaccatura dell'altra parte che rifiutava quel tipo di militarizzazione: a mio avviso ciò è molto illustrativo di quello che possiamo avere nella radicalizzazione della "controglobalizzazione", aggiungiamo venti Goteborg e avremo questa spaccatura nel movimento, uno scontro durissimo di una parte più militarizzata e più militante e tutta una nebulosa di gente che non può più far niente perché non ha lo spazio nella strada, non può neanche manifestare pacificamente. Ciò era molto interessante come processo, ma durante quel periodo abbiamo avuto anche il problema rinascente di tutti quelli che pensavano che la Gauche Proletarienne si fosse sciolta per una sorta di arretramento, sciogliendo l'apparato militare: i giovani ritenevano che fosse un disegno volontario di smantellamento della capacità offensiva. Questi hanno ripreso una dimensione pazzesca, hanno pensato che liquidando il Tramoni che aveva ammazzato Loverné si poteva riaprire un ciclo nuovo: naturalmente non hanno fatto niente. Però, questa è stata per noi una grossa discussione, perché anche dai nostri collettivi è uscita una parte della gente che dopo ha gravitato intorno ad Action Direct, e abbiamo dovuto discutere molto fermamente, è stato assai difficile. Ho fatto una registrazione alla televisione su queste cose, non so quando uscirà, era importante perché quel tipo di radicalizzazione che li ha portati due anni dopo ad ammazzare il capo della Renault era una cosa che è uscita dal fallimento del movimento e dalla ricerca di forme politiche in cui questa volontà di trasformazione avrebbe potuto essere usata altrimenti: ciò si è perso e questi compagni la pagano duramente, uno è diventato completamente matto e l'altra è malata, e sono già in carcere da 25 anni. Poi c'è stata l'ondata repressiva italiana che naturalmente ci ha fatto pensare, perché eravamo talmente legati a Negri e agli altri che mi ricordo che uno di Liberation si aspettava l'arresto di me o di qualcun altro, cosa che non è accaduta.
Tuttavia, già una parte del movimento autonomo si era ricomposto sulle questioni di inquinamento, del nucleare ecc.; qui abbiamo incontrato i Verdi, che non erano ancora quelli che poi sono diventati. Anche Guattari è entrato nei Verdi, ha giocato un ruolo importante durante gli anni '80 a mettere insieme rosso e verde, per fare questo partito che poi è diventato quello dei Verdi francesi, spostandoli da una posizione di centro o comunque non di sinistra verso la sinistra. Questa era l'ultima cosa a cui abbiamo partecipato, io nel giornale La Gueule Ouverte, che poi è diventata La Gueule. Nell'81 io ho poi fatto l'ipotesi della svolta e della vittoria di Mitterand, che fra l'altro non era molto condivisa anche dai miei amici, perché io ho pensato che lì c'era qualcosa importante, la pena di morte, la svolta verso situazioni nuove. C'è tutta una generazione che si è rimessa a fare politica, e non completamente schiacciata fra lo scontro contro lo Stato e una società civile o partiti istituzionali completamente vecchissimi. A quel punto lì ho smesso di fare della politica in modo attivo, cioè ho seguito le cose però non sono stato molto coinvolto, osservavo il Partito Socialista, seguivo la scomposizione del PCF ecc. Ho seguito un po' Futur Anterieur, ero un po' dubbioso sulla sua impostazione politica più che sulla impostazione teorica, perché io avevo dei problemi con una parte del ceto paratrotzkista, Jean-Marie Vincent e altri, che erano legati alla rivista con gli italiani. Di fatto non avevamo uno spazio specifico, perché i francesi consideravano gli italiani, Negri e i rifugiati, come una parte, mentre per loro tutti gli altri erano francesi, quindi i francesi che non erano trotzkisti come Vincent erano anch'essi degli italiani.

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