In realtà nel processo capitalistico da sempre il capitale compra forza-lavoro e poi la utilizza: per molto tempo si è creduto che comprasse solo le braccia e che solo queste servissero per lavorare in un determinato stadio di sviluppo. Ma non era così, perché in realtà quello che il capitale comprava era la capacità umana in quanto tale: poi magari era richiesto un particolare incremento dell'attività fisica, però in realtà comprava anche la mente delle persone. Anche il lavoro più taylorizzato e più scomposto non richiedeva semplici gesti ma richiedeva comunque anche una presenza della persona in quanto sua capacità attiva. Ad essere cambiate sono semplicemente le proporzioni di quello che il capitale chiede alle persone che lavorano: chiede probabilmente uno sforzo in più nella dimensione cognitiva, mentale e timica (come nei servizi, per esempio) e magari chiede di meno in attività fisiche tradizionali, come usare la pala o avvitare un bullone. Il processo però è lo stesso, nel senso che il capitale compra complessivamente la capacità attiva umana; è cambiata la capacità specifica richiesta all'interno del processo produttivo, però quello che ti viene chiesto all'interno delle catene produttive nell'attuale dimensione sistemica è sempre comandato dal capitale. E' lì che non c'è liberazione, o che non c'è possibilità di liberazione nel semplice sviluppo di questo meccanismo. E' cambiato il che cosa viene comprato, quindi il tuo tipo di capacità attiva, di come deve essere formata, quali caratteristiche deve avere, però non è cambiato il meccanismo di sfruttamento e di appropriazione.
Si pensi se uno schiavo in catene si fosse trovato davanti alla Fiat dell'epoca fordista: vede entrare spontaneamente degli operai in fabbrica, li vede uscire e poi rientrare, nessuno li incita, nessuno li sferza. Allora, può pensare alla collaborazione e pensare che non ci sia più lotta di classe, oppure alternativamente può pensare che ormai per loro diventa facilissimo ribellarsi perché possono fare tutto. La stessa cosa accade oggi. In realtà, perché quelli vanno in fabbrica? Perché la coercizione non era più rappresentata dalle catene e dalla sferza ma dal fatto che se non lavori non mangi, quindi cambia il tipo di coercizione. Anche adesso cambia il tipo di coercizione: la prestazione che fai non è più quella, cambia, cioè devi fare comunque un'operazione mentale, seppure banale, devi comparare delle statistiche e via dicendo. Allora, dice Revelli, "gli si chiede l'anima e non c'è più dualismo in fabbrica": no, è come lo schiavo che vede entrare l'operaio-massa, certo che c'è dualismo, eccome, soltanto che la coercizione è cambiata. E' cambiata ed è peggiorata, si pensi soltanto alle morti per Karochi in Giappone, perché ti viene richiesto un superlavoro e se non lo fai sei tagliato fuori. C'era la divisione nei garantiti, nei precari e nell'inferno della disoccupazione, per cui se tu non facevi il massimo e tutto quel lavoro venivi declassato immediatamente, perdevi i privilegi che avevi, dal primo settore andavi nel secondo, e poi da questo al terzo e così via. La coercizione funzione ancora, eccome se funziona, in modo più profondo, più forte.
Io volevo dire ancora due cose su che cosa è questa società dell'informazione, del nuovo capitale o ipercapitale. Intanto bisogna dire che ci sono delle nuove macchine: Marx dice a proposito del capitalismo industriale che a dare l'avvio è la macchina per filare senza dita, all'interno di un processo storico naturalmente, ma se il capitalista non ha la macchina per gli spilli non può sostituire l'artigiano e questo continuerà a fare gi spilli. Quindi, il capitale deve separare ciò che prima aderiva: nell'artigiano aderisce lo strumento alla sua mente, quindi l'abilità dell'artigiano nel maneggiare lo strumento è un'unità fondamentale perché l'artigiano possa produrre. Ma appunto questo può valere solo a un certo livello dello sviluppo della produzione, quando questa richiede livelli più alti ciò non basta più. Però, a quel punto all'interno del processo storico subentra la macchina: è la macchina che incorpora la virtuosità dell'artigiano e lo riduce ad operaio salariato. Via via l'artigiano diventato operaio salariato perde virtuosità nella misura in cui essa viene trasferita nella macchina. Ora, per la produzione dei saperi e dell'informazione avviene la stessa cosa: prima la produzione di conoscenze era legata strettamente al cervello umano, non era possibile produrre alcunché, ma neanche il calcolo di un ragioniere era possibile fare senza il cervello del ragioniere; adesso il capitale separa il lavoratore dal suo strumento, che è il cervello umano in effetti. Il cervello umano non è più uno strumento affidabile, ciò che il cervello umano era in grado di fare prima adesso le macchine lo fanno in modo più veloce e più sicuro: chi affiderebbe più i calcoli per fare un ponte a un ingegnere calcolatore? Nessuno. Quanto tempo ci vorrebbe per calcolare la traiettoria per andare sulla luna? Duemila anni e duemila matematici al lavoro con carta e penna, mentre con una macchina informatica ci si mette pochissimo tempo. Quindi, il cervello diventa inaffidabile, esattamente come diventò inaffidabile l'abilità dell'artigiano nella produzione industriale.
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