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INTERVISTA A VINCENZO MILIUCCI - 11 LUGLIO 2000


Ciò dal momento che avevamo già potuto osservare e leggere quello che veniva prodotto dai Quaderni Rossi, dalle esperienze torinesi, dal primo concetto di autonomia operaia all'interno delle carrozzerie di Mirafiori, vedevamo questa possibilità, facendo fulcro sulla centralità dell'autonomia operaia, di creare attorno a questo fulcro un impianto rivoluzionario che potesse, attraverso una dichiarata anti-istituzionalità, contribuire a rompere i vincoli che si erano costruiti fino a quel momento, il partito come intellettuale complessivo, il sindacato come cinghia di trasmissione, la lunga marcia attraverso le istituzioni nella costante mediazione del riformismo, la possibilità di vittoria delle sinistre nel nostro paese, questi erano i tre corni della situazione. Voglio ricordare che l'anno '69-'70 è stato quello delle grandi manifestazioni sia contrattuali che per la casa, per le pensioni, per la salute ecc.; quindi, Roma in particolare ha vissuto questa grande partecipazione popolare di 100.000, 50.000, 70.000 lavoratori, pensionati, occupanti le case ecc. che ha fatto sì che sia chi lavorava sia chi non lavorava si trovava sempre in presenza a manifestare, finanche all'interno o sotto il Ministero del Lavoro dove si celebrava questo grande braccio di forza tra la Confindustria e i metalmeccanici in cui fu mediatore Donat Cattin. Mi sembrava di vivere in una situazione irreale perché ci eravamo creati un accesso libero di entrata dentro il Ministero del Lavoro fino alla partecipazione in quegli stanzoni, non era da tutti, c'era una specie di decisione, una volontà, una concezione dell'autonomia operaia, quindi rendersi conto anche di fatto come avvenivano certi sforzi per arrivare a determinati compimenti. Dunque, io mi sono trovato spesso a sentire le ultime battute di questa forma contrattuale, oggi sarebbe impossibile stante il livello della selettività che avviene nei gruppi dirigenti, dell'esclusività, dei palazzi blindati come sono in questo tempo. Quindi, era ciò in quei tempi che perpetuava anche la vecchia classe dirigente democristiana in quanto tale, o quanto meno si accorgeva che non poteva fare a meno di essere pervasa da questa situazione.
Per concludere questo preludio, sicuramente la costruzione di quella che è stata la mia formazione iniziale politica avviene dentro casa per motu proprio dovuto alla presenza di un comunista tra le mura domestiche, e quindi alle letture iniziali di carattere politico semplice, dai giornali alle letture legate al primo Gramsci delle "Lettere dal carcere" o cose di questo genere; con la possibilità, avendo dei cugini che già lavoravano, di leggere invece gli autori moderni, americani soprattutto, quindi capire un altro tipo di realtà, un altro linguaggio e via di seguito. L'approccio con un'iniziale militanza che ti mette allo sprone, alla necessità di approfondimento, di diventare marxista da un punto di vista culturale, di accedere a quelle categorie, di comprenderle nella loro sintesi e nella loro profondità, in questa visione collettiva di uno studio non solo individuale ma in via collettiva com'era la formazione dell'epoca di un giovane militante comunista. In più immediatamente questo bilanciamento tra teoria-prassi-teoria, o prassi-teoria-prassi, quindi tutto quello che potevi desumere con quella iniziale e parziale intelligenza poteva essere immediatamente confrontato con tutto questo. L'arricchimento successivo dovuto al confronto con l'esperienza dei nascenti gruppi o i compagni a cui questi partecipavano. La rivista del Manifesto che ti fa abbracciare uno scibile largamente internazionale, l'approccio con il maoismo, misconosciuto anche perché bollato all'interno del Partito Comunista come deviazione Tutto questo ha costruito, insieme al guevarismo, ai lasciti delle iniziali letture guevariste, il bagaglio iniziale, perché poi diventa parte integrante di quel capitolo che immediatamente, sempre nell'arco di tempo velocissimo, dà luogo alla formazione dell'autonomia operaia.


Arriviamo dunque alla tua uscita dal Manifesto e all'inizio dell'esperienza dei Comitati autonomi operai.

Sì, tutto avviene molto velocemente, questo è un anno eccezionale in cui si consuma la scelta moderata del gruppo dirigente (o autodeterminatosi tra l'altro gruppo dirigente, potrei dire di averne fatto parte anch'io ma in una certa misura). Ci fu in quell'anno, nel '71, questo enorme florilegio di esperienze: si pensi che nasce a Roma il comitato operaio Fiat, il comitato operaio Pirelli che c'era qui alla periferia di Roma, il comitato operaio della Fatme, alla fine del '70 nasce il comitato politico dell'Enel, il collettivo del Policlinico, tante di quelle esperienze che si subordinano a questa militanza all'esterno dei cancelli, in particolare Luciana Castellina con cui abbiamo lavorato in simbiosi per tutto quell'anno, con un'abnegazione particolare per una forma intellettuale com'era la sua.

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