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INTERVISTA A VINCENZO MILIUCCI - 11 LUGLIO 2000


Di fronte a chi ritiene la classe polverizzata o addirittura scomparsa, a chi individua via via nuovi soggetti di punta o tendenzialmente ricompositivi (il lavoratore immateriale, il lavoratore autonomo, il cognitariato ecc.), tu pensi che esista o possa tendenzialmente esistere un soggetto centrale o degli ambiti che possano essere politicamente trainanti?


Io non lo so se questo sarà possibile. Il giorno della manifestazione della scuola, il 17 febbraio di quest'anno, quando improvvisamente sono arrivati circa 100.000 professori, li ho definiti i nuovi metalmeccanici. Quindi, se dovessi aver sentito gli insegnamenti del passato che dicevano che c'era un lavoro produttivo e un lavoro improduttivo e che quindi al di fuori della manifattura tutto era improduttivo, questo faceva a cazzotti con il discorso di classe; eppure è stato sempre molto legato alla classe il discorso sul lavoro produttivo. Dunque, si vive di stereotipi che fanno paura. Quei lavoratori della scuola si sono comportati come dei metalmeccanici, anzi hanno fatto di più, hanno fatto dimettere un ministro, cosa che in Italia non avveniva dall'800. Quindi, guai a individuarlo dal punto di vista intellettuale, se questo avverrà sarà fattualmente. Nessuno poteva sostenere che negli anni '70 non dominava la centralità operaia: questa aveva dei comportamenti di oggettivo trascinamento, tant'è che bottegai, commercianti, piccoli borghesi in genere si sentivano accomunati allo sforzo della classe operaia di fare acquisire anche a loro quelle previdenze che la classe operaia conquistava non solamente per sé ma anche per tutto il mondo del lavoro se non degli italiani. E questo è stato: quando all'inizio ho parlato di quello che è stato il '69-'70 attraverso le grandi riforme strutturali, come diceva il partito all'epoca, cioè la casa, la sanità, la pensione, ecc., chi le ha agitate? Allora, laddove troveremo una classe che sia in grado di interpretare i bisogni generali e collettivi sicuramente in quel tempo rappresenterà il livello di trascinamento, quindi l'epicentro su cui si organizzerà in quella fase strumentalmente e oggettivamente la vicenda rivoluzionaria, transitoriamente rivoluzionaria, la capacità di trasformazione della società. Allora perché non il lavoratore universale, di cui ho sentito parlare? C'è chi dice: "Il globalismo che cosa ha costruito? Ha costruito un'altra categoria, è il lavoratore universale. Chi è il lavoratore universale? E' l'emigrante, dovunque lo mandi fa una tipologia del lavoro." Ma allora perché non chiamarlo lavoratore e basta? Nella ripetizione pedissequa di mansioni talmente ripetitive, tutti siamo intercambiabili, quindi è un lavoratore intercambiabile. Quello che appartiene è altrettanto intercambiabile, sempre in certe relative proporzioni, anche il lavoratore di questa piccola strumentazione tecnologica che sono i computer. Se penso a quanti giovani in forma autodidattica hanno dovuto imparare non solo a usarlo, ma a navigarci, come avrebbero fatto con qualsiasi motorino, con qualsiasi altra strumentazione. Dunque, spesso sono soluzioni che servono a destare l'attenzione, indicare questo o quello serve a far vendere libri, sicuramente non rappresentano i processi materiali che sono all'ordine del giorno.
Certo, l'unica cosa che mi preoccupa in assoluto, e credo che preoccupi molti di noi, è questo smarrirsi della classe. C'è uno smarrimento in giro che fa paura, c'è una paura anche che dovrebbe rappresentare soprattutto il disoccupato; ma Marx ci ha insegnato che il disoccupato magari non ha da perdere che le proprie catene e quindi è meno preoccupato. Ma la paura ha preso anche il lavoratore dipendente (operai, impiegati, tecnici ecc.) che è quello che ha costruito il benessere di questa Italia, le certezze di alcuni pezzi, il rispetto minimo del lavoro, le garanzie al minimo della tutela del lavoro. Invece, smarrendosi tutto questo, avendo un esercito di riserva infinito e globale questo mette in crisi ciascuno. Inoltre, il livello di competizione immesso caratterizza proprio l'esatto contrario del processo e del concetto di classe. Dunque, in questo contesto a maggior ragione oggi necessitano più mezzi, più strumenti per poter rendere più evidente i processi di classe.

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