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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001


Facciamo un passo indietro. Come si è formato il tuo percorso teorico, intellettuale e di ricerca? Quali sono stati in tuoi punti di riferimento? Hai prima ad esempio citato Alessandro Dal Lago.


Dal Lago non è stato propriamente un punto di riferimento, semplicemente perché l'ho conosciuto quando ormai ultratrentenne avevo già una formazione abbastanza compiuta, e anche a livello accademico avevo già un curriculum piuttosto lungo alle spalle. Dal Lago lo conoscevo dalla fine degli anni '80, non mi piacevano particolarmente le cose che aveva fatto in quel decennio quando era uno degli esponenti del "pensiero debole": però mi era simpatico e mi piacevano altre cose che lui aveva fatto prima. Quando lui è venuto a Genova ci siamo trovati un po' naturalmente, lui stava cominciando a lavorare sulle questione dell'immigrazione, noi stavamo facendo politica sulla stessa questione senza aver fatto fino a quel momento nessun lavoro teorico sul tema: è dunque stato abbastanza naturale il trovarsi e il fare delle cose insieme. Sulla questione dell'immigrazione Dal Lago aveva recuperato, del tutto per conto suo, sia chiaro, una sana radicalità di punto di vista politico e quindi ci siamo trovati molto bene a fare delle cose insieme. Lui, tra l'altro, ha messo a nostra disposizione determinati spazi, soprattutto nei primi anni ha lavorato anche politicamente all'interno del Città Aperta. Dopo aver detto che non è stato un punto di riferimento nella mia formazione, dico anche che il rapporto con lui è stata un'esperienza molto importante, perché la mia formazione precedente si era sviluppata tutta dentro il cosiddetto operaismo italiano. In particolare per me decisivi sono stati senz'altro, non ho nessuna difficoltà a riconoscerlo, gli scritti di Toni Negri, che hanno appunto rappresentato il mio libro di formazione dal '79 in avanti. Ciò unitamente a tutta la pubblicistica di movimento che ci si può immaginare, con le riviste, da Primo Maggio a Quaderni del Territorio, da Rosso a Magazzino ecc., e tutto ciò che girava attorno a quell'ambito. Negli anni '80 era piuttosto difficile avere dei rapporti con persone che venissero dai punti alti delle esperienze di elaborazione teorico-politica degli anni '70, un po' perché molti erano in galera o all'estero, un po' perché gli altri (almeno quello con cui è capitato a me di avere dei rapporti) non erano particolarmente disponibili. Quella degli anni '80 era una fase in cui sembrava tutto sparito. Dalla mia esperienza degli anni '80 l'impressione che ne avevo era vagamente sconsolata, era il dire: "ma come è possibile che ci fosse quella ricchezza di esperienza di elaborazione teorica che è documentata dai libri, dalle riviste ecc., e che d un giorno all'altro sia finito tutto?". Perché questa era l'impressione che si aveva nell'82, nell'83, nell'84, nell'85: era una cosa pazzesca, io non riuscivo a farmene una ragione. Mi ricordo che a un certo punto (poteva essere l'84 o l'85) un compagno di Genova è andato a Parigi ad una delle prima cose organizzate da Negri quando stava in Francia, era tornato e mi aveva raccontato dell'interesse per i movimenti ecologisti, per i verdi ecc.: chiesi se c'era qualche riferimento all'elaborazione degli anni '70, invece sembrava proprio che si ricominciasse da zero, e il modo in cui si ricominciava tra l'altro a me non piaceva e non convinceva, quindi non ho avuto rapporti in quel periodo della mia militanza politica, tra l'85 e l'86, con questi compagni. Importante è stata invece, a partire dall'83-'84, l'amicizia con Giorgio Moroni, il compagno di cui parlavo prima, che ha rappresentato per me un modo di tornare a respirare l'aria che avevo soltanto intuito nei primissimi anni di formazione politica.


Adesso lui cosa sta facendo?


Lui fa l'assicuratore, fa fondamentalmente, e con grandi capacità e risultati, l'imprenditore. Da Giorgio, per quanto rimanga l'amicizia, dal punto di vista teorico e politico mi sono poi anche allontanato: però, in quegli anni lì per me è stata una persona molto importante, al di là dell'amicizia, perché, ripeto, avendo l'impressione che fosse tutto svanito da un giorno all'altro, bene o male il rapporto con lui mi forniva un principio di realtà, mi dava l'impressione che quel mondo lì quanto meno fosse esistito.

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