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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001 |
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A Genova c'era una consistente presenza di compagni che non hanno mai avuto il radicamento sociale che l'Autonomia ha avuto in altre città d'Italia, ma che comunque avevano una storia in qualche modo lunga, che veniva da Potere Operaio, avevano rapporti molto solidi con le diverse situazioni nazionali. Mentre invece a Imperia c'era una realtà completamente diversa, venuta fuori all'inizio degli anni '70 se non ricordo male, senza rapporti diretti con l'esperienza di Potere Operaio, e la composizione soggettiva del movimento ad Imperia era caratterizzata dall'egemonia di un soggetto che potremmo definire il giovane operaio "fricchettone", in particolare portuale. Mentre a Genova c'era un quadro politico più qualificato, a Imperia, soprattutto negli anni '76-'77-'78, c'è stato un radicamento incredibile delle lotte e delle iniziative messe in atto da questi compagni che si richiamavano all'Autonomia: un'occupazione di fabbrica gestita direttamente dall'Autonomia, una presenza forte di questi compagni all'interno del porto, un movimento studentesco anch'esso molto forte, un'esperienza di radio, cosa che a Genova non è mai stato mai possibile realizzare. Insomma, principalmente questi erano i due poli: poi in mezzo c'era Savona che aveva questa caratterizzazione in parte anomala di cui parlavo prima. All'opposto territoriale, a La Spezia, c'era una situazione di maggiore disgregazione, ci sono stati sempre un po' di problemi determinati anche da una presenza abbastanza significativa di gruppi legati alle organizzazioni combattenti. A Genova e a Imperia nel '79-'80 in qualche modo finisce tutto: mi riferivo a questo quando parlavo della ripercussione a Savona, per quanto in forma molto attutita e indiretta, di problemi che il movimento stava vivendo a livello nazionale e a livello ligure. A Genova c'è la grande operazione del 17 maggio del 1979, la risposta dei carabinieri al 7 aprile gestito dalla polizia: viene arrestato Giorgio Moroni insieme ad altri compagni che avevano l'estrazione politica più diversa, c'erano in mezzo anche Fenzi e sua moglie. Quindi, diciamo che a Genova dal maggio del '79 la politica diventa fare i conti con la repressione. Contemporaneamente a Imperia una parte consistente dei compagni di cui parlavo, i più noti praticamente tutti, danno vita a una singolare esperienza di colonna brigatista frontaliera. Indipendentemente da ogni giudizio sull'esperienza delle Brigate Rosse, anche per chi si poneva nella prospettiva di quell'organizzazione l'idea di costruire una colonna in una realtà così provinciale era decisamente bizzarra: portare l'attacco al cuore dello Stato partendo da Imperia non era facilissimo! Questo dice ancora una volta dell'anomalia di questa realtà imperiese. Comunque, bisogna sottolineare che nel giro di pochi mesi questa esperienza si è conclusa, tra l'altro con pentimenti, dissociazioni, arresti ecc.: il patrimonio che era stato accumulato negli anni precedenti si è disperso abbastanza rapidamente. Anche se poi tale patrimonio, per vie sotterranee, è rimasto in qualche modo vivo nella città di Imperia, tanto è vero che quando io sono successivamente venuto a Genova, mi sono trovato quasi subito a lavorare con dei compagni che venivano a studiare lì da Imperia e che erano stati in qualche modo influenzati dal ciclo delle lotte della seconda metà degli anni '70 a Imperia. Ancora oggi a Imperia c'è una presenza di centri sociali più significativa di quanto non vi sia nella maggioranza delle città provinciali italiane. A Savona, in particolare, micidiale è stato l'80-'81, come era successo anche da altre parti: ma lì in modo davvero tremendo più che la repressione, più che le organizzazioni combattenti, poté l'eroina, che falcidiò il movimento e quell'aggregazione che attorno a un'area di movimento si riconosceva. L'80-'81 è stato davvero un anno tragico, con compagni che sono morti, compagni che avevano 33-34 anni, non sto parlando di ragazzini: erano persone che avevano attraversato, vivendo tra l'altro grosse difficoltà materiali, i quindici anni mitici del movimento italiano, e cominciavano a farsi le pere a 33-34 anni. Ciò ha abbastanza rapidamente portato alla frantumazione di un'area che fino a quel momento era rimasta abbastanza unita.
Io poi nell'81 sono venuto a Genova, mi sono iscritto all'università, per tante ragioni, tra cui non ultima l'atmosfera che si respirava a Savona in quei mesi. Mi sono quindi trasferito a Genova, ho cominciato a vivere con dei compagni e ho iniziato a fare politica qui nell'81. Diciamo che a partire da quel momento ho iniziato anche ad avere rapporti nazionali più significativi di quanti non ne avessi avuto fino ad allora stando a Savona. A Genova però la situazione era quella che era, una situazione di sostanziale azzeramento della presenza in città del movimento. L'Autonomia in particolare (a Genova mi riferisco a quella, perché è stata la mia storia), come dicevo prima, non ha mai avuto una forza e un radicamento sociale significativo: un po' perché a Genova sono sempre stati marginali i soggetti sociali su cui si sono costruite in altre città la forza e l'originalità dell'Autonomia; un po' perché i tentativi che pure sono stati fatti di conquistare un'internità alla classe operaia di fabbrica sono tutti falliti, ed è vero che semmai con la classe operaia di fabbrica sono riuscite a dialogare più efficacemente organizzazioni come le BR.
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