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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001


Parliamo allora di autori che secondo te possono oggi offrire delle chiavi importanti di rielaborazione critica, soprattutto con riferimento alla politica.


Io oggi sono molto attento a tutti quei punti di crisi del discorso politico moderno come si è andato costruendo, tutti i punti di rottura dell'apparente compattezza del soggetto moderno così come è stato individuato, pensato, costruito in qualità di cittadino. Per cui ho un interesse molto forte per certe correnti del femminismo radicale statunitense: Carole Pateman, Judith Batler, bell hooks. Dato che penso poi che ci sia qualcosa di serio, qualcosa che deve essere tenuto fermo in questi discorsi (per il resto davvero poco interessanti) sulla globalizzazione, credo che questo qualcosa di serio sia il fatto che effettivamente oggi viviamo in un mondo sempre più unificato e che quindi tutti i concetti che noi utilizziamo devono essere giocati ponendosi anche la domanda su che tipo di impatto può avere un determinato concetto in situazioni diverse da quelle in cui ci troviamo a formularlo. Ultimamente, per esempio, mi è capitato (come è capitato anche a tanti altri) di rileggere Fanon e di trovare delle cose molto interessanti. Questo non certo pensando che Fanon sia il nuovo guru da proporre ad esempio agli immigrati, questa è una solenne stupidaggine, però in termini di individuazione di punti di crisi, di ferite proprio, di scissioni storiche che rimangono oggi squadernate sul terreno: penso che sia un autore e un versante teorico che vale la pena di tenere presente. E non a caso la riscoperta di Fanon è centrale all'interno dei cosiddetti studi postcoloniali, di cui mi sto occupando molto negli ultimi tempi. Faccio due nomi: Dipesh Chakrabarty, un bengalese che viene dall'esperienza dei "Subaltern Studies" di cui ho parlato prima, e Paul Gilroy, un inglese black autore tra l'altro di uno splendido libro sull'"Atlantico nero".


Tra Machiavelli, Hobbes, Lenin e Schmitt, quattro figure centrali nella riflessione sulla politica moderna, secondo te quale oggi può fornire le chiavi di lettura più importanti?

Davvero, detto sinceramente, penso che tutte e quattro siano figure da tenere ben presenti. Comunque, se ne devo indicare una provocatoriamente indico quella che sicuramente riscuote meno simpatia e cioè quella di Hobbes. Questo perché il "mostro di Malmesbury" ci costringe a ragionare in modo radicale sul livello di scissione che esiste tra l'individualità, che viene pensata come figura di crisi di ogni assetto naturale di dominio, e la figura della collettività, intesa o come sovranità o come rappresentanza. Hobbes ci squaderna di fronte agli occhi il baratro che c'è tra la dimensione individuale e la dimensione collettiva dell'esperienza politica.


Mentre Marx viene oggi ripreso in forme sempre più consistenti, una figura che sembra essere stata abbandonata o rimossa è invece quella di Lenin.

Si sta preparando un convegno internazionale su Lenin che si terrà in Germania, ma è organizzato da una serie di intellettuali di diversi paesi europei che non sono propriamente tra quelli più marginali nella situazione contemporanea: uno è Zizek, un filosofo sloveno, un altro è Badieau, francese. Stanno organizzando un grosso convegno su Lenin e il problema della verità. Questo è del tutto interno a uno sviluppo di pensiero che si vuole critico. Mentre Marx a momenti viene recuperato anche dal Finacial Times, qui direi che siamo in un altro ambito. Io credo che Lenin sia un autore ancora oggi di straordinaria importanza e penso che sia molto importante ragionare sul tipo di contributo che Lenin ha dato nel pensare la politica (e la verità, appunto) come parzialità, la dimensione parziale della politica, la dimensione della scissione. Credo che ci sia un ragionamento tutto sommato ancora oggi di grandissimo interesse se non di attualità sul rapporto tra movimento e partito in Lenin, tra la dimensione dei Soviet e la dimensione del partito. Penso che tutto sommato il concetto di tendenza che l'operaismo (almeno l'operaismo rivoluzionario) in buona parte ha derivato dal saggio giovanile di Lenin "Lo sviluppo del capitalismo in Russia", abbia ancora qualche cosa da dire, nonostante i limiti del progressismo di cui parlavo prima: quindi, è da usare con cautela ma ancora da utilizzare. Penso che Lenin sia un autore di cui prima o poi dovremo riscoprire l'attualità.

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