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INTERVISTA A SANDRO MEZZADRA - 3 APRILE 2001


Ed è per questo quindi che è sbagliato, anche a mio giudizio, ricondurre la sconfitta del movimento alla tenaglia tra le forze combattenti e la repressione dello Stato, perché lì c'era un problema politico specifico che nessuno è stato in grado di affrontare in modo efficace. E il fatto che sia venuta meno questa capacità di proposta politica ha contribuito, come dicevo, ad aprire gli spazi in cui una proposta politica come quella combattente ha avuto una sua credibilità, ha riscosso i suoi successi.


C'è da dire che il nodo di svolta non è stata la fine ma l'inizio degli anni '70. In realtà, la dimensione cosiddetta combattente è un cortocircuito dato dall'incapacità di dare allo sviluppo delle lotte una dimensione politica. Un discorso di ricomposizione di classe era molto più difficile da articolare, anche perché i movimenti è vero che poi si sono diffusi durante tutti gli anni '70, però non sono stati una marea che è venuta avanti, ma sono stati degli arretramenti e degli avanzamenti abbastanza repentini o articolati. Tra il ciclo di lotte precedenti (che era quello degli studenti e delle grosse fabbriche della fine degli anni '60, che nel '70-'71 era già finito come sviluppo effettivo delle lotte), e poi il '77 c'è un periodo di stasi abbastanza lungo. Molti militanti si sono poi riciclati all'interno del movimento del '77, però c'è stata questa stasi. E tutto sommato c'è stata una trasformazione del soggetto e della soggettività che ha costruito le lotte. Le lotte nel '77 sono differenti da quelle precedenti non solo per la composizione tecnica, ma anche per la composizione politica e soggettiva di chi vi è stato all'interno. Però, dopo questo primo ciclo di lotte della fine degli anni '60 e dell'inizio dei '70 c'è un cortocircuito nella dimensione del far politica, nel senso che il radicamento di una progettualità altra è incapace di darsi una consistenza materiale, per cui diventa molto più facile il discorso dell'azione esemplare perché dà la risposta politica immediata, come risultato che porti a casa. L'azzoppare il caporeparto della Fiat sicuramente ha un significato politico ma soprattutto di forza centrata sulla soggettività individuale e di piccoli gruppi, e ripropone dei rapporti di potere e di forza all'interno della situazione specifica. E' allora avvenuto questo cortocircuito che è stato seguito da tutti: col senno di poi si vede che anche Lotta Continua si è mossa su questo terreno, così come Potere Operaio e quella che è stata l'Autonomia. Agli inizi degli anni '70 come capacità di forza combattente era più forte quella di questi gruppi che quella delle Brigate Rosse. L'unica scelta che aveva caratterizzato le BR era quella della clandestinità e poi dell'innalzamento del tiro, dietro a cui c'era anche tutto un gioco massmediatico. In realtà, però, chi ha cominciato la lotta armata in Italia non sono state le Brigate Rosse, ma è stata l'Autonomia. Tutto ciò è avvenuto su un cortocircuito: al posto di far funzionare l'uso della violenza come dimensione per potenziare e per portare avanti le lotte su un terreno diverso, c'è stata la sostituzione: cioè, non la costruzione dei rapporti di forza alle lotte ma invece la costruzione dei rapporti di forza a un certo tipo di azione.


Bisogna anche dire che le lotte stavano cambiando, i protagonisti erano diversi.


Per esempio, qual è stata l'esperienza di Rosso? Questo è probabilmente il giornale più significativo, come rivista che si lega al movimento ma con una capacità di elaborazione teorica. La sua forza è stata nel cogliere alcune anticipazioni nel cambiamento della composizione tecnica ma anche politica di alcune sezioni e aggregati di classe all'interno del movimento; però, non gli ha dato assolutamente progettualità. Una delle insufficienze più grosse di Negri è stata che, se da una parte ha avuto un intuito e un fiuto nel cogliere il cambiamento del tempo e delle situazioni, dall'altra parte però ha per esempio giocato in termini completamente sbagliati un discorso di radicalizzazione delle cose. Lui ha puntato sull'irreversibilità dei rapporti di forza costruiti, facendone una questione distruttiva, senza sapere muoversi in una dialettica in cui i movimenti crescono e scendono a seconda di diversi fattori, ma in cui tu devi sedimentare una forma di soggettività e di presenza.


Ciò pone un problema banalmente di partito.

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