Ma Danilo era particolarmente sensibile a quelle differenze, sfumature, a quegli elementi di una storia anche soggettiva, che restituivano le persone oltre che i membri di una classe. Purtroppo questa ricerca con la sua morte è rimasta in sospeso. A Cremona c'è il suo gruppo di compagni e amici di una vita, tra cui c'è anche Gianfranco Fiameni. Bruno Cartosio e Cesare Bermani, insieme con Della Mea e altri, pochi ma molto decisi e militanti hanno tenuto insieme per vento e per tempeste, senza una lira, l'Istituto De Martino; dunque, hanno contatti con Fiameni, con la Ughetta Usberti, con questo piccolo gruppo cremonese. Però, di fatto, senza Danilo sono rimasti il ricordo, le carte, ma non più l'iniziativa. Lui era uno che teneva insieme veramente l'uomo della Leggera, il "matto del villaggio" che viveva in una capanna lungo il Po, il militante di base comunista o socialista, giovani studiosi come noi e uno storico famoso sul piano internazionale come Carlo Ginzburg; tutto ciò in una maniera assolutamente e realmente egualitaria, creando, mentre si preparava questo lavoro, una vera comunità e una vera circolazione di idee. Quindi, devo dire mi ha indotto a studiare tenendo sempre aperta la forbice tra classe operaia e operai concreti, che poi può anche voler dire studiare altri ceti, altri gruppi, sempre tenendo presente questa tensione. In questo progetto c'era anche Ciafaloni e il gruppo torinese. Danilo voleva tenere insieme Milano, Torino, quindi le grandi città, e Cremona, Piacenza, il mondo della piccola e media fabbrica, che però era stato profondamente lavorato e percorso dall'esperienza delle leghe contadine. Danilo era una persona davvero straordinaria.
Dall'85 in poi arriviamo all'oggi. Quando c'è stata la fine del PCI non ho capito subito che cosa stava succedendo: per pochi mesi ho pensato che fosse possibile mantenere una radicalità, il contenuto laburista del PCI, dentro ad una forma più libera. Ovviamente, ciò è durato pochi mesi. Io non ho aderito a nessuna formazione e ho cercato di capire che cosa succedeva; a riportarmi ad una militanza, sia pure non organizzata, comunque abbastanza attiva, è stato l'emergere della Lega, che mi ha scosso profondamente. Nel frattempo erano accadute delle vicende nella mia vita privata, mi ero separata, ho avuto un amore importante con una persona che poi è morta abbastanza di recente, ma in mezzo ci sono state varie storie, non d'amore (sono una fedele a poche vicende), bensì varie storie della mia vita, come cambi di sede universitaria: una separazione, per esempio, è una cosa che assorbe negativamente tantissime energie, è un fatto entropico, quindi mi ero un po' distratta dal mondo. La Lega, non nel '93, quando ha avuto successo, ma già nel '91, quando ha cominciato a farsi vedere come una forza sociale, mi ha fatto capire che bisognava cercare di comprendere davvero quello che era accaduto. E lì è cominciata la vicenda dell'analisi del postfordismo, quindi siamo all'oggi. Tralascio tutte le analisi, perché è inutile ripetere cose che si sanno. Ho l'impressione che, ancora una volta, la situazione presente ci mostri una tensione, una divaricazione, una difficoltà di tradurre direttamente in politica la composizione di classe: io, ripeto, sono convinta che ancora oggi sia una chiave fondamentale, se non si capisce come le persone lavorano e in quale rapporto con il capitale, che tipo di comando ha su di essi il cervello capitalistico complessivo, non si capisce assolutamente niente, si è destinati a poter vincere delle battaglie tattiche ma perdere quelle strategiche. Una volta però detto questo, il tentativo di tradurre direttamente in politica la nuova composizione di classe non è riuscito: chi ha provato a cambiare cavallo e a passare dall'operaio-massa al lavoratore autonomo di seconda generazione, oppure dall'operaio-massa imprigionato nel fabbricone alla libera creatività del ceto sociale, che in realtà non è altro che ciò che si cala dentro al buco aperto dalla ristrutturazione, dunque ancora parte di quel fabbricone (e meno male, se no sarebbe una roba nell'iperspazio), non è riuscito. Noi come generazione abbiamo avuto una fortuna, che è stata quella di vivere uno di quei rari momenti in cui la composizione di classe oggettiva e soggettiva si sono interscambiate: una soggettività politica straordinaria emanava dalla fase oggettiva della lotta di classe. Però, adesso non è così, perché sono convinta che se applichiamo un'analisi marxiana, validissima, alle figure del lavoro precarizzato e in varie misure produttore di valore dentro le aziende dei servizi, abbiamo il profilo di una nuova classe operaia, non c'è dubbio; però, i comportamenti soggettivi sono assolutamente predominanti, e questi ci danno sempre Formigoni al 63%, questo non si può rimuovere. Dunque, io ho questa impressione.
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