>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> Gruppo Gramsci
(pag. 2)

> Limiti e ricchezze dei movimenti degli anni '60 e '70
(pag. 7)

> Percorsi successivi, "Identità e feticismo"
(pag. 8)

> Critica al Lenin critico di Marx
(pag. 10)

> Sincretismo antagonista
(pag. 11)

> Proprietà individuale e possesso collettivo
(pag. 12)

> I "numi tutelari"
(pag. 12)
INTERVISTA A ROMANO MÀDERA - 2 DICEMBRE 2000

Questo discorso in realtà funziona parzialmente per gruppi di base, ha degli effetti invece di disorganizzazione grossi sul gruppo vero e proprio che era quello che poi fondamentalmente veniva dall'esperienza studentesca, e anche sul gruppo dirigente che erano poi quattro o cinque persone, quelli della segreteria nazionale, io, Arrighi, Gambazzi, Comandini, Luisa Passerini, Aldo Butri, poi Carlo Formenti e altra gente, però questi erano quelli che l'avevano pensato. Questo ha un effetto in realtà abbastanza di dissoluzione del gruppo di prima, e in questi piccoli gruppi queste cose contano, c'è sì un qualche allargamento per esempio a Milano, ma tutto molto sfrangiato. Allora, a quel punto, e siamo verso la fine del '74, siamo in una situazione di grande difficoltà, non si sapeva in realtà dove andare a parare, perché questa operazione era semifallita, perché nel frattempo Lotta Continua pensava a tutt'altro. Tra l'altro ci fu un incontro con Lotta Continua nel '73, per cercare di vedere se era possibile, sulle basi di queste cose qui ma anche essendo molto disposti a mediare, una sorta di unificazione, ma la risposta di LC fu molto molto deludente: mi ricordo ancora che Sofri mi disse che loro stavano studiando Lenin, noi che eravamo partiti dal no e chiaramente non volevamo tornare indietro. Quindi, con loro niente, dal punto di vista delle assemblee autonome sì, c'era qualche cosa con quelli ancora di Lotta Continua, ma niente da fare. Con Avanguardia Operaia questo discorso qui neanche a parlarne perché i CUB erano i CUB, cioè fondamentalmente erano un organismo di massa di AO e basta, con Il Manifesto manco per idea. In realtà gli unici che ci sentono su questo discorso qui sono i fuoriusciti da Potere Operaio, e da lì nasce infatti l'apertura agli autonomi che dal mio punto di vista tanta catastrofe apportò. Ma questo sicuramente per un errore catastrofico di valutazione innanzitutto da parte mia e di qualche altro, Paolo Pozzi e quelli che erano rimasti dell'ex gruppo dirigente: catastrofica perché in realtà quell'esperienza che si era fatta a quel punto veniva forzatamente, anche se con l'idea dell'unificazione, piegata a un altro indirizzo; secondo, perché comunque questa fu un'esperienza in gran parte caotica, con spinte divergenti che andavano in senso totalmente diverso una dall'altra, i Volsci, Marghera e noi, però ciascuno poi con spinte di qui e spinte di là. E dall'altra parte perché noi che eravamo di tradizione "superdestra" eravamo in connessione invece con posizioni estremistiche. Salvo alcune figure e gruppi, faccio un esempio per tutti, l'assemblea autonoma di Marghera, che era notevolissima (Finzi era un grande dirigente di fabbrica), però devo dire che anche questi altri erano organismi che secondo me non mostravano una grande autonomia: era in realtà un leninismo in piccolo, da questo e per questo anche che l'esperienza non dice granché. Nello stesso tempo è vero che c'erano tutti gli estremismi del caso, secondo me assurdi, ma allora non erano assurdi, allora cercavo di dirmela così: noi eravamo partiti dall'idea che in realtà ci fosse un momento di stanca, di ripiegamento, mentre invece il gruppo Negri e tanti altri sostenevano più o meno l'opposto, in realtà mediazione seria non c'era. Personalmente me la raccontavo come un ultimo tentativo, "proviamo a vedere se questo, mettendo anche insieme gente diversa, produce qualcosa". Diciamo che un aspetto positivo in tutto questo c'è: i primi numeri di Rosso sono molto interessanti, questi sono fatti però senza che entri ancora (diciamo per semplificare) il gruppo Negri, dall'altra parte è aperto ma ancora non c'è un grande rapporto con questi altri gruppi autonomi in giro per l'Italia. I primi numeri sono veramente anche oggi notevoli, insomma di nuovo c'è sempre l'estremismo del tempo immediato, della forzatura e di tutto quello che si vuole, però un aspetto interessante è probabilmente questo mischiarsi. Perché l'altra esperienza del Gramsci importante, forse la più importante, prima di sciogliersi, era questo rapporto con i gruppi femministi: molte delle femministe milanesi, alcune importanti, erano nel nostro gruppo, tanto per dirne soltanto alcune, Renata Esiber, Franca Pizzini, la stessa Passerini a Torino e altre, quindi eravamo fortemente influenzati da tutto questo; c'era anche un rapporto con i gruppi omosessuali, il Fuori. L'altra cosa era il rapporto con Re Nudo, cioè l'aspetto giovanile, diciamo così la linea beat, figli dei fiori ecc. Ecco, questo è un aspetto abbastanza interessante: l'idea è di una confluenza dei diversi antagonismi, è un'idea che evidentemente in me si è trasformata in vario modo ma sicuramente lì ha una prima formulazione, e i primi numeri di Rosso sono stati interessanti. Però, credo che sia anche l'unico aspetto che in qualche modo rimane anche dopo, questa apertura del giornale. Tuttavia è chiaro che la piega che la cosa prende fondamentalmente non è questa, ma è invece quella delle forme estreme di lotta, dal sabotaggio in là, e questo avviene già nella seconda parte del '74. Io praticamente già alla fine del '74 non vado più alla segreteria dei collettivi, dove prima continuavo ad andare, e da lì nel giro di tre o quattro mesi mi ritiro dalla politica, ma lì è un fatto che riguarda essenzialmente l'esperienza dell'Autonomia, cioè non riesco ad essere più d'accordo con il processo che si è messo in moto, non ci credo minimamente da diversi punti di vista, non solo da quello teorico che dicevo prima, ossia il fatto che secondo me c'era un'involuzione e nient'affatto un processo inverso; in secondo luogo, mi sembrava che anche quel tentativo estremo che avevamo fatto fosse fallito, perché salvo noi, questo gruppo, l'Autonomia, però gli altri anzi stavano andando da una parte totalmente diversa mi pare. Senza parlare di quello che nel frattempo succedeva nella politica nazionale naturalmente, quella internazionale lasciamola perdere perché da quel punto di vista noi già addirittura nel '72 avevamo perso ogni possibile illusione su qualsiasi possibilità, dai cinesi ai terzomondisti.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.