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INTERVISTA A ROMANO MÀDERA - 2 DICEMBRE 2000
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Noi uscendo dal PCd'I uscivamo anche da una "certa formulazione" del marxismo-leninismo, anzi ci uscivamo; dall'altra parte invece c'era la Terza Tendenza, la questione di Stalin fu dirimente. Io sinceramente non me la sentivo proprio più minimamente di continuare, anche se soltanto come icona, a portare dietro tutta questa storia; questi altri invece ne facevano una questione in qualche modo dirimente e quindi lì c'è la rottura. In più c'è nel Gramsci già dall'inizio un seme antileninista: intanto è una cosa che si chiama Gramsci, non perché Gramsci fosse un antileninista perché ovviamente è una balla ridicola, però il rimando era solo all'idea della necessità (che in Gramsci ci pareva e anche oggi mi pare sentita) che la rivoluzione in Occidente non può essere fotocopia di niente, bisogna inventarsela, questo era il concetto. Poi, al di là della stessa elaborazione concreta di Gramsci, ci sembrava che fosse un buon nome per ispirare una ricerca di una strada che comunque non sembrava potesse ripeterne altre, quindi questo dissenso era troppo forte perché anche in questo caso era una questione strategica, dietro alla questione di Stalin c'era il problema di come assumere il leninismo e quindi di nuovo di come concepire l'organizzazione.
Il Gramsci sono due idee forza: una è l'analisi economica del capitalismo mondiale, oggi fa ridere, però fortunatamente può forse in questo caso fare poco ridere perché l'estensore di queste analisi è fondamentalmente Arrighi. Credo di poter dire tranquillamente che i due ispiratori del gruppo siamo io e Arrighi, che politicamente lavoriamo insieme e anche l'estensione delle prime tesi è fatta insieme (praticamente abitavamo anche insieme), con uno scambio continuo, quotidiano. Quindi, questa idea in gran parte certamente derivava da lui, dico che fa poco ridere perché quello di Arrighi anche oggi ("Il lungo XX secolo" e altre cose) è in qualche modo un pensiero che ha resistito, anche se ovviamente non è esattamente quello di prima, però diciamo che ha una certa continuità. La seconda idea invece (questa era più o soltanto mia) era di concepire i gruppi come un momento, il che secondo me era banalmente anche un fatto sociologico, mi sembravano (anche oggi devo dire non la penserei diversamente) l'espressione del movimento degli studenti. Non ero d'accordo con l'appiattimento né del genere potoppista né del genere Centro Karl Marx di Pisa (Cazzaniga) che per diversi strade (uno forza-lavoro in formazione, quegli altri una nuova figura del proletariato) in qualche modo secondo me appiattivano troppo il movimento studentesco sul movimento operaio non vedendone o non apprezzandone le differenze. Si poteva certamente condividere l'idea che ovviamente erano in qualche modo e forza-lavoro in formazione e parcheggio e proletariato diffuso per un verso, o comunque dentro una tendenza a; però, per un altro verso, l'appiattimento mi sembrava e mi sembra ancora tutt'oggi riduttivo. Qui probabilmente c'era anche una divergenza che c'è sempre stata e che non era mai stata tematizzata, in questo senso sì garmsciana di nuovo, che verteva su due punti: uno, l'analisi creativa della rivoluzione in Occidente; due, il fatto (diciamolo alla buona) che in Gramsci c'è almeno in nuce l'idea che non si possa fare un'analisi di classe che insieme non sia un'analisi storico-culturale della formazione della coscienza collettiva. Questo aspetto mi sembra decisivo, ossia il fatto che i modi con cui si pensa la propria appartenenza facciano in qualche modo parte dell'appartenenza, anche se non li si può immediatamente far coincidere tuttavia devono essere articolati. In più, deve essere articolato anche circa l'aspetto dell'in sé, perché si potrebbe dire una cosa classica: una questione è l'appartenenza di classe e una questione è la posizione di classe, questo fa parte dell'armamentario storico. Il problema è intanto che i due si mediano, la posizione reagisce sull'appartenenza, e poi c'è quello che dicevo, che anche l'appartenenza non è unificabile troppo alla svelta. Sono diversi livelli di astrazione: uno è il livello di astrazione mettiamo de "Il capitale" Primo libro, un altro del Secondo, un altro del Terzo, ma altro è già (sempre per rifarsi ai sacri testi) "Il 18 brumaio", cioè l'analisi storica comunque già in Marx in realtà è un bel po' diversa.
Secondo me in Gramsci c'è un'ulteriore immensa accentuazione di questo aspetto che è la cosa che mi piaceva e che mi piace, con qualche difficoltà ma proprio per rimanere dentro "l'ortodossia": certamente se lo si legge mi pare che l'impressione netta sia che la posizione abbia a che fare con l'appartenenza, e che questa idea della posizione sia appunto mediata circa il tema dell'egemonia culturale, che cosa e quali forme e articolazioni abbia l'egemonia culturale e quindi la soggettività.
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