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INTERVISTA A ROMANO MÀDERA - 2 DICEMBRE 2000

La tradizione marxista si è sempre dichiarata contro la proprietà, mentre nel marxismo critico si era fatta una distinzione tra proprietà e possesso; tu invece vai oltre, prendi dal Marx del Primo libro de "Il capitale" la definizione del comunismo come il possesso collettivo come base della proprietà individuale: quindi, non un Marx contro la proprietà ma per la proprietà individuale. Puoi approfondire cosa intendi per possesso e cosa intendi per proprietà, e come il possesso collettivo è base della proprietà individuale?

Lì veramente sono semplicemente sul piano di Marx: il possesso è il possesso fattuale e istituzionale di qualcosa, per cui noi due possiamo possedere una parte dell'IBM, mettiamo perché abbiamo un'azione per ciascuno, ciò non toglie che noi non sappiamo assolutamente niente dell'IBM, ed essa ci rimane totalmente estranea. La proprietà è di uno che magari non ha il possesso del pianoforte, ma lo sa suonare: quella è la proprietà individuale, cioè è la consapevolezza del legame che c'è con il mezzo, con l'oggetto e nel ritorno sulla qualità soggettiva, questo è per Marx, non è che me lo sono inventato io. Da questo punto di vista è interessante (per quello che ho studiato io ma sarebbe interessante vedere altri) come invece la tradizione comunista, e neanche quella socialista naturalmente, non abbia capito un bel nulla di questa cosa che peraltro è la definizione del comunismo in Marx, questo mi ha sempre stravolto. Io sono convinto, con le critiche che facevo prima, che è proprio nell'andare in fondo a questa idea di proprietà e alla sua dialettica con il possesso che, in modo naturalmente molto eretico e tutto quello che si vuole, però si può aprire e anche tracciare almeno una linea di continuità tra quello che dicevo prima e Marx, o comunque l'intenzione: perché proprio se si va a fondo nell'idea della proprietà individuale si vede come non è possibile nessuna forma di altri rapporti di produzione senza una soggettività adeguata. Ora, lui era convinto che questa soggettività adeguata si sarebbe prodotta: la cosa che dico io è che se non si produce, e non si produce in queste altre dimensioni, non si produrrà mai neppure questo risultato. Ma il punto è proprio comunque lo scavare dentro questa idea della proprietà individuale, e ho usato di proposito questa metafora semplicissima del "pianoforte io lo so suonare", questa è la proprietà individuale, e questo era per Marx.


Quali sono i tuoi cosiddetti numi tutelari, ossia figure e autori di riferimento nell'ambito di tutto il tuo percorso politico e culturale?

Salvo la parentesi politica, non mai disprezzato ma naturalmente tenuto a lato, diciamo che il primo decisivo è comunque Gesù Cristo e la Bibbia: questo è il primo dal punto di vista cronologico e dal punto di vista dell'importanza. A proposito di questo direi che c'è un altro aspetto nel passaggio dalla politica alle altri fasi, prendiamo questa idea qui: il comunismo e la politica sono un programma d'apprendimento troppo breve per il "salto" che la specie può fare, le religioni mondiali sono un programma d'apprendimento più lungo, naturalmente devono subire e stanno forse subendo una catarsi necessaria nella modernità, cioè il togliere via gli aspetti di classismo, sessismo, etnicismo e autoritarismo che le ha contraddistinte quasi sempre. Comunque, questo è il primo, insieme a questo (e dopo naturalmente) vanno alcune ispirazioni che vengono sempre dal mondo cristiano o, meglio, ebraico-cristiano: allora, lì ci metterei almeno Buber, Vannucci (un tipo che credo sia piuttosto sconosciuto fuori da questa dimensione mistico-cattolica) e Tilly, che è un teologo protestante. Sul versante diciamo economico-sociologico decisamente c'è la triade con Marx sopra tutti e incomparabilmente rispetto agli altri, e poi un po' di Weber e un po' di Durkeim sicuramente. Nella psicoanalisi Jung e Freud; nel settore antropologico Eibl-Eibesfeldt, cioè il settore etologia umana. Poi però le cose che contano ancora di più sono le persone attraverso cui tutto ciò passa, le persone che non sono i grandi nomi ma sono gli incontri: una decisamente è stata il mio professore di filosofia, Revelli, e l'ho già citato tre volte non a caso, direi che dopo sono stato abbastanza un autodidatta. Un'amicizia importante è sicuramente quella con Arrighi che è un aspetto di formazione intellettuale; una terza persona decisiva è il mio analista, cioè Aite, e una quarta è una persona con la quale lavoro a tutt'oggi, è un esegeta molto eretico e sconosciuto perché fuori da qualsiasi giro ecclesiastico, si chiama Carlo Enzo.

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