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INTERVISTA A ROMANO MÀDERA - 2 DICEMBRE 2000

Quindi, secondo me si deve andare nella direzione opposta, di questa soggettività non è il problema di sapere (il che è già difficile, e lì sono d'accordo con Lenin) quando e dove e perché capirci qualcosa, ma dall'altra parte è appunto come costruiamo?, c'è solo forse lì il punto di giunzione possibile: è l'idea che certamente vada anche "costruita", anzi sicuramente costruita questa soggettività. Ma sul come la divergenza è totale. Tra l'altro secondo me è significativo un fatto, adesso mi rifugio in Marx che diceva: "Come si fa a giudicare il livello di civiltà di un'epoca? Guardate i rapporti tra gli uomini e le donne", questo è il Marx dei "Manoscritti", che in realtà riprendeva questa citazione mi sembra da Fourier; ecco, leggiamo le elaborazioni di Lenin su "il femminile", questo non soltanto per la questione del suo rapporto con le donne, ma il problema è come concepisce il rapporto con l'altra parte, quindi anche con l'altra parte di sé. Oppure con la musica, Lenin diceva che la musica gli faceva male e doveva proibirsi a un certo punto di sentirla perché l'avrebbe convinto che gli altri uomini hanno sentimenti tali che poi come si fa a picchiarli in testa quando è necessario e quanto è necessario: beh, sentiamo più musica e picchiamo meno in testa!


Tu hai detto che un punto focale, al di là del come, è il nodo della costruzione di una soggettività altra. Ne "L'alchimia ribelle" fai il discorso del sincretismo antagonista, però è necessario distinguere tra le lotte che esprimono una reale alterità e conflitti che invece vanno nella direzione opposta, perfettamente funzionali alle dinamiche capitalistiche: c'è chi confligge con un altro per prendere il suo posto, per ottenere dei benefici sistemici da cui è escluso oppure per modelli di società che sono peggio ancora di quella capitalistica. Dunque, si ripropone in modo forte il problema della costruzione di un'alterità effettiva e non della semplice osservazione di conflitti che in sé non sono necessariamente antagonisti.

Sì, appunto, ma si ripropone proprio per non scindere questi elementi: cioè, il punto è che la qualità di quello che si fa non sta tanto in quello che si fa. Anche questo è un vecchio problema, cioè si può benissimo lottare per un adeguamento salariale, questo è Marx vetustissimo, quando diceva che il problema non era di ottenere l'aumento salariale, ma era la coscienza e l'organizzazione. Allora, l'innovazione starebbe soltanto qua: uno, che non ci sono solo le lotte salariali, c'è un'infinità dei conflitti che percorrono la vita quotidiana, la vita famigliare, la vita sociale, la vita intrapsichica: tutti questi conflitti sono "buoni", nel senso che sono possibilità di aumentare il livello di consapevolezza, tutti ottimi, da questo punto di vista non ha nessuna importanza se siano riassorbibili o non riassorbibili. Anzi, penso che la questione di fondo per me è la qualità soggettiva di quello che si mette in campo: va bene se qualsiasi cosa serve a o può essere utilizzata da in un approfondimento di una soggettività che cresce molto semplicemente aumentando la sua distanza dal fatto che un mondo del genere sia accettabile per la dignità sua e degli altri. Questo è antagonismo, quindi quale che sia l'obiettivo. Certamente questa cosa, proprio perché è aggiunta e intensificazione della consapevolezza, non può essere e non sarà un processo puramente spontaneo.

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