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INTERVISTA A ROMANO MÀDERA - 2 DICEMBRE 2000
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Tu hai parlato dei limiti della teoria di Marx, che individua con grossa capacità di anticipazione le tendenze del sistema ma finisce in un circolo chiuso in cui non si danno possibilità di uscita dal capitalismo. Da questo punto di vista Lenin è un critico di Marx, ne coglie i limiti e, al di là delle strade che nello specifico propone, indubbiamente pone il problema e cerca delle vie di uscita per rompere questo suo meccanicismo. In precedenza hai criticato il modello di organizzazione leninista nei gruppi degli anni '70 , mentre ne "L'alchimia ribelle" a Lenin accenni una critica: ti chiedo ora di portare a fondo la tua critica a Lenin soprattutto laddove questi critica Marx.
Credo proprio che però la tendenza nella quale va Lenin sia esattamente l'esasperazione dei limiti di Marx. Intendo dire che per me il problema è che nella teoria del feticismo c'è un'ottima teoria della società capitalistica ma non c'è una teoria della soggettività rivoluzionaria. Il punto è che secondo me non è spiegato, anzi, però non è solo la questione di quelli che dicono "manca le teoria", secondo me c'è una teoria della soggettività, ma c'è una teoria della soggettività che spiega perfettamente perché venga fuori, come dice lui, un proletariato che è "per natura" adattato a pensare, a sentire nelle categorie che sono la religione della vita quotidiana (sempre espressione di Marx), che sono le categorie del mondo presente, quindi questo è il punto; e si affida per fuoriuscire da qua certo a un insieme, a una griglia teorica, che secondo me però è una griglia teorica che non appartiene al nucleo della trattazione analitica del capitale, ma appartiene invece a una forma di "affidamento" a forme di teoria della storia in generale, quindi per esempio quella per cui le cose avvengono inevitabilmente attraverso i rivolgimenti dialettici. E' una sorta di inevitabile dinamica storica che mi sembra un retaggio di filosofie della storia che lui prende dalla sua formazione, ma che nell'analisi dettagliata e determinata del capitale non si produce. Oppure, produce un insieme di altri criteri che sono falsificabili (non è vero che non lo sono), ma che appunto dimostrano il contrario: cioè, in lui c'è o questa fiducia in una sorta di necessità dinamica della storia, che mi sembra un po' esterna, o invece (e si può questo tirarlo fuori invece) ci sono poi dei criteri come la statalizzazione, la centralizzazione della classe operaia corrispondente rispetto al capitale, l'istruzione obbligatoria di tutti, la partecipazione e le libertà politiche, e la leva di massa. Io ho individuato questi cinque, e questa è una polemica implicita con quelli che dicono alla Popper che in Marx non c'è la falsificabilità: no, c'è anche la falsificabilità della teoria della rivoluzione. Il problema è che queste cinque cose si sono verificate e non hanno prodotto quella che la Heller quando era marxista diceva, però aveva trovato un punto sensato, che era la coscienza enorme, quella che poi viene fuori già nei "Grundrisse" e anche ne "Il capitale". Queste condizioni che Marx individua non sono le condizioni che producono questa enorme coscienza enorme e che quindi secondo me rimane il desiderio utopico di Marx, la sua "etica" non elaborata né soggettivamente né oggettivamente, e che lui naturalmente avrebbe avuto orrore a definire come un orientamento a valori etici, o era scientifica o era una puttanata. Invece, secondo me c'è una contraddizione umana in Marx, quando lui dice: "Soltanto se avessi la sensibilità di un bue potrei non occuparmi di questa merda economica" esprime il suo animo, cioè dice: "In fin dei conti io mi occupo di questa roba qua perché solo avendo la sensibilità di un bue, cioè solo non riconoscendo una comunanza di destino umano con gli altri, potrei non occuparmene". Mi pare che questo sia l'aspetto forte, userei la parola seria di sentimento etico.
Mentre Lenin mi pare che invece, sì, esce da quella sorta di pre-visione, pre-programmazione della rivoluzione (a parte che anche in Marx c'erano già possibilità di altro genere), ma rimane totalmente dentro questa idea, cioè dentro quelle che sono "condizioni oggettive" che però possono essere utilizzate da una soggettività, ma è su questa soggettività che secondo me non dice alcunché comunque che vada nella mia direzione. Anzi, va nella direzione opposta, cioè va nella direzione della macchina-partito, che per intelligenza illuminata dei rapporti tra le classi e lo Stato indica la via: qui c'è il mio antileninismo da quando ero ragazzo, l'esperienza marx-leninista e anche la lettura mi hanno convinto a sufficienza da allora che lì proprio si va nella direzione "opposta", cioè si va nella direzione della soggettività, ma si va in quella direzione della soggettività che la concepisce in un modo illuministico-macchinistico. Da cui tra l'altro profondamente derivano le storture, non sto dicendo che Lenin è uguale a Stalin, ma sto dicendo che in quella concezione del partito bolscevico sono presenti tutte le possibili aberrazioni che ne vengono dopo, perché c'è l'idea di fondo che la questione è collocarsi scientificamente in un punto che, siccome è capace di prevedere, quindi dà luogo a comportamenti conseguenti: ma chi sono questi che prevedono? Qui c'è un difetto antropologico secondo me micidiale, che è proprio di tutto il razionalismo di cui in parte tanto Marx quanto Lenin sono figli.
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