Vedono il lavoro immateriale come lavoro intellettuale, ricco di saperi, produttore di soggettività, di linguaggi e di potenza comunicativa, ma non vogliono vedere la immaterialità della merce, e quindi il segno capitalistico della "nuova" merce immateriale. Se lo vedessero secondo me scoprirebbero (adesso lo dico in modo conciso e sintetico) che la merce sempre esibisce un qualcosa di immateriale, non diversamente dalla forza-lavoro. Ma, dovrebbe essere noto, la merce è una trappola teologica, è qualcosa di immateriale proprio in quanto cosa-merce, non in quanto valore d'uso; è cioè una immaterialità materialistica, e non si tratta di un gioco di parole, come è noto. Qui c'è una inversione dei rapporti reali, un rovesciamento in cui il soggetto che fonda tutto il processo appare come una pura manifestazione del processo stesso. La merce ha in sé il gene della immaterialità perché reca in sé la forma del valore; è, insieme, corpo e anima: per usare il linguaggio di Posse, questi sono cristalli di marxianesimo, sono cose marxiane ma sembra che siano sfuggite a molti. Non vedono, questi compagni, che la soggettività oggi ha perlomeno una doppiezza interna, ha il principio della duplicità interna: quindi, ha un lato potenzialmente antagonista ma ha anche un lato attualmente merceologico e capitalistico. Magari se riescono a correggermi sono disposto ad accettare tutte le critiche possibili, ma penso che loro non vedano più la merce. Per loro la merce non è più un problema perché ormai gli appare sprofondata nella sussunzione capitalistica compiuta, e non vogliono più vederla. Hanno svalutato (e qui forse si tratta dell'eredità negriana) il suo carattere di feticcio. Quindi, non si accorgono che la spettralità della dimensione virtuale del capitale che oggi sta sempre più prendendo corpo (e anche questo non è un bisticcio) è la stessa identica spettralità della forma-valore e della forma merce, solo che oggi il capitale ha il potere di esibirla, squadernarla, rendendola sempre più invisibile. Basta vedere come oggi il capitale globale abbia ridotto a merce una delle funzioni essenziali del vivente-uomo: lo sguardo. Lo sguardo è una delle merci cruciali del presente, nell'epoca elettronico-digitale, del video e soprattutto della rete, almeno tanto quanto era puramente aggiuntiva nell'epoca della riproduzione tecnico-meccanica, quella del cinema. Non è che non ci arrivino: ci arrivano a intuire queste cose, ma non ne fanno uno dei due momenti, sottolineo due, su cui si può fondare una ripresa dell'antagonismo. Secondo me è questo il motivo: la sottovalutazione del feticismo ti impedisce anche di valutare come la forma della percezione del mondo nel moderno, anzi nel postmoderno, si confonda ormai completamente con l'esperienza della mercificazione.
Faccio qui una parentesi in merito alla tua definizione di soggettività capitalistica. Per soggettività capitalistica io intendo una soggettività oggettivata all'interno dei meccanismi capitalistici. Io sono d'accordo sul fatto che la soggettività in quanto materia vivente si genera in antitesi al capitale; ma la soggettività non può sfuggire all'oggettivazione in quanto sussunta nelle forme del capitale, cioè intanto non può essere una soggettività non oggettivata in quanto si incorpora nel capitale nella forma della subordinazione del lavoro vivo e della riduzione del lavoro vivo ai processi della valorizzazione del capitale. In questo senso è soggettività capitalistica.
In quest'ambivalenza come, secondo te, è invece possibile agire, progettualmente, sull'altro aspetto, su una potenzialità tendenzialmente antagonista?
Questo è un terreno su cui, secondo me, è bene non avanzare ipotesi personalistiche, perché semmai si imporrebbe un passaggio pratico, e secondo me questo non può che essere collettivo. Credo sia sicuro comunque che se non si capisce come queste nuove forme della soggettività assumono un duplice segno non sarà possibile nessun passaggio politico. Per fare questo bisogna evidentemente riprendere in mano gli altri passaggi. Prima bisogna cominciare, per esempio, a riflettere su qual è il segno reale del cosiddetto postfordismo. Qui avanzo un'ipotesi personale: il postfordismo è un postfordismo o è l'estrema propaggine del fordismo, un iperfordismo? Lo pongo come problema, è una cosa da scoprire, perché a seconda delle risposte, diverse sono le conseguenze.
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