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INTERVISTA A ENRICO LIVRAGHI - 7 SETTEMBRE 2000


Ora, se forza-lavoro è una parola non più pregnante mettiamone a punto un'altra, ma è un concetto da rimettere in campo. Qui forse bisognerebbe anche lavorare sull'idea di valore d'uso della forza-lavoro, dove Marx si è appena affacciato (e non poteva essere altrimenti) , perché dal punto di vista dell'esperienza più avvertita teoricamente di Classe Operaia, degli operaisti, Tronti per esempio, il valore d'uso della forza-lavoro è il suo consumo nell'atto produttivo. Io credo che qui ci sia stato un errore, o meglio, è certo che il consumo della forza-lavoro è capitalisticamente dato, però c'è un dualismo in questa idea di valore d'uso della forza-lavoro: non è solo il suo consumo nell'atto produttivo, nella sussunzione capitalistica, c'è ben altro, c'è la soggettività, cioè c'è l'astratta potenzialità del vivente-uomo-proletario di produrre. Allora, il suo valore d'uso è anche e soprattutto questa nuda vita, non è solo il suo consumo, c'è anche questo passaggio, che non è mai stato messo in luce, nel senso che su di esso non si è mai lavorato, neanche in quell'esperienza di Classe Operaia: è anche l'unico valore d'uso autenticamente immateriale. Dunque, il nodo è sul concetto di soggettività e quindi sull'astratta potenza del soggetto di produrre; qui siamo già andati più in profondità nel concetto di forza-lavoro e siamo arrivati, appunto, al vivente, preferisco usare questa nominazione pur generica rispetto a quella di biopolitica. Si può arrivare trenta-quarant'anni dopo a scoprire questo; devo dire che per me è una cosa già vagamente intuita vent'anni fa: se è ammessa una parentesi personale, io ho "riscoperto" un mio testo pubblicato vent'anni fa in cui queste cose le avevo già rozzamente anticipate, in forma che adesso non ripeterei mai più e con un linguaggio che adesso cambierei, che però venivano dalla mia esperienza operaista. E quindi l'idea trontiana di rovesciamento dei rapporti tra classe operaia e capitale, e della prevalenza dei movimenti di classe rispetto a quelli di capitale, secondo me è un concetto che forse va di nuovo misurato nelle sue sfaccettaure. E' un concetto vecchio-trontiano su cui io sto tornando a ripensare (semmai è proprio Tronti a non essere più d'accordo), dopo essere passato attraverso un periodo di grande rigetto (privato, sia chiaro). Comincio a intravedere adesso come forse, e sottolineo forse, si possa riagganciare, magari torcendola fortemente, questa idea vertiginosa con una nuova riflessione sul concetto di forza-lavoro, sul concetto di soggettività del lavoro e sul concetto di soggettività tout-court.


In certi discorsi sul general intellect c'è tavolta un vedere come soggettività immediatamente antagonista una soggettività che è profondamente plasmata dal capitale. Manca invece molto una ricerca che parta semmai dall'ambivalenza di tale soggettività e che sia tendenzialmente tesa verso la formazione di una controsoggettività. Cosa ne pensi?

Io penso che tutti questi compagni, anche se in forme sensibilmente differenziate, stiano girando intorno a un nodo cruciale; non so se riusciranno a fare inchiesta sul campo. Il modello della conricerca non so se sia ancora praticabile sul piano di questo nuovo proletariato cosiddetto "immateriale" Però ruotano, magari senza bussola, intorno a una problematica che sembrava relegata in qualche irriducibile luogo lontano, semi-soffocato dal bagliore mediatico, bisogna riconoscerlo. Tuttavia il lato che da parte loro viene completamente sottovalutato, direi fallito, è l'analisi della merce. Non vedono più la merce; le ragioni sono anche facilmente spiegabili, perché tutto sommato se si parte dall'idea di operaio-sociale, praticato vent'anni fa come un salto mortale nel vuoto, oggi si è già alla pretesa di poter praticare un oltrepassamento del segno capitalistico del rapporto sociale, dissolto sotto i colpi di un entità totemica, inattingibile dietro la maschera della megamacchina, e inafferrabile nelle pratiche del suo domino assoluto; e il segno del capitale, come si irradia qui ed ora, si è un po' perso nella migrazione un po' ebbra verso gli orizzonti di un soggetto piuttosto disincarnato. Loro vedono un certo peculiare lavoro immateriale (e lo vedono anche nitidamente) ma non vogliono vedere che la fenomenologia di questo lavoro immateriale è innanzitutto capitalistica.

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