>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> Giudizio politico su Classe Operaia
(pag. 2)

> Classe Operaia e formazione di soggettività
(pag. 3)

> General intellect e controsoggettività
(pag. 5)

> Ambivalenza delle tecnologie e potenziale controuso
(pag. 8)

> Limiti e ricchezze dell'operaismo, nodi aperti nel presente
(pag. 9)

> Lenin: un "cane morto"?
(pag. 10)

> Percorsi successivi a Classe Operaia
(pag. 10)

INTERVISTA A ENRICO LIVRAGHI - 7 SETTEMBRE 2000


Tu sei stato a Como, a Milano e anche a Torino?

Non ho mai avuto rapporti diretti con i compagni di Classe Operaia a Torino; lì ho fatto l'università ma praticamente ho frequentato solo il primo anno, poi ci andavo a fare gli esami e basta. I rapporti erano con il gruppo comasco (che era poi formato da quattro o cinque persone) e con i milanesi, Pierluigi Gasparotto, Sergio Bologna, Mauro Gobbini, un tale Forni e altri che adesso non ricordo più. Non ho mai avuto rapporti con Romolo Gobbi per esempio, che era un torinese: lo conosco ma non ho mai avuto rapporti, e adesso preferirei non averne, data la posizione che lui ha preso, non recentissima fra l'altro. Gobbi ha scritto un libro in cui faceva apparire tutta l'esperienza, sua e di Gasparotto in particolare, come una pura goliardata. Io quindi avevo rapporti solo con i milanesi e con i comaschi, solo più tardi con amici e compagni romani.
A Como c'erano delle fabbriche in cui si interveniva, e c'erano alcuni operai che avevano colto perfettamente il senso della spinta alla politicizzazione immediata delle lotte apportata da Classe Operaia, la discontinuità che produceva rispetto alla vecchia cultura etico-lavorista del PCI. Francamente non so più che fine abbiano fatto, uno si chiamava Sergio Annoni. Qui possiamo scendere su un terreno aneddotico che è curioso: lui era uno che leggeva Marx in fabbrica, di professione faceva il tintore in un'azienda comasca molto avanzata sul piano della struttura macchinale, le macchine funzionavano da sole e lui doveva solo sorvegliarle. Mi ricordo che aveva avuto una sbandata per "Storia e coscienza di classe" perché aveva scoperto una cosa che l'aveva esaltato, ossia il passaggio in cui Lukàcs mette in luce la dimensione contemplativa del processo di produzione. Lui diceva: "Ma guarda un po', io sono lì che contemplo le macchine che lavorano e intanto mi leggo dei libri e ingrasso lo stesso il padrone". Questo era Sergio Annoni, un personaggio di cui ho perso le tracce da anni, non so più che fine abbia fatto; era una figura incredibile, in assemblee pubbliche citava "Il capitale" in dialetto lombardo sconvolgendo i personaggi di spicco del PCI. Lui e altri di cui adesso non ricordo più neanche il nome secondo me erano figure che ti permettevano di verificare sul campo come un certo discorso veniva percepito, anche sul piano concettuale, da un certo tipo di operai. Il fatto è che non solo incontravi una certa condizione reale della classe operaia, ma che, anche sul piano intellettuale-individuale, certi operai stessi, coglievano la "potenza del negativo" (se mi concedete la vecchia formula) cioè la negazione del loro lato mercificato che veniva soggettivamente espressa nelle lotte; e la trovo una cosa straordinaria ancora adesso, dopo più di trent'anni, ripensando a queste figure di operai, così poco scolarizzate, anzi del tutto non attrezzate sul piano culturale, e al tempo stesso così lucide. Chissà, forse Sergio Annoni era una bestia rara, però resta il fatto che è esistito, che esiste spero, che ha avuto questa straordinaria capacità di percepire i processi del modo di produzione, e spesso anche di anticipare nitidamente certi sviluppi.


Classe Operaia è stata un importante momento di formazione. Dalle interviste fino a qui fatte ciò emerge in maniera forte, anche quelli che poi hanno fatto dei percorsi che sono andati in tutt'altra direzione non solo non buttano via niente di quell'esperienza, ma addirittura la considerano una base fondamentale per quelle che sono state le loro collocazioni successive. Secondo te, qual è stata l'importanza della formazione di un determinato tipo di soggettività e quanto la sua analisi può oggi essere utile?

Non so bene descrivere adesso quali meccanismi e quali processi intellettuali scattassero allora, perché per quanto mi riguarda c'era anche una partecipazione molto emotiva in quanto io sono figlio di operai. Io sono di estrazione proletaria autentica, figlio di un'operaia tessile e di un camionista, per cui c'era anche una storia personale che aveva radici nella condizione operaia e che incontrava, come direbbe il vecchio Benjamin, una possibilità di vendetta di classe che non si intravedeva nel PCI: dunque, per me c'era anche questa componente, ma devo ammettere che non era prevalente, era secondaria.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.