>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> Giudizio politico su Classe Operaia
(pag. 2)

> Classe Operaia e formazione di soggettività
(pag. 3)

> General intellect e controsoggettività
(pag. 5)

> Ambivalenza delle tecnologie e potenziale controuso
(pag. 8)

> Limiti e ricchezze dell'operaismo, nodi aperti nel presente
(pag. 9)

> Lenin: un "cane morto"?
(pag. 10)

> Percorsi successivi a Classe Operaia
(pag. 10)

INTERVISTA A ENRICO LIVRAGHI - 7 SETTEMBRE 2000


Non è stata così effimera l'esperienza di Classe Operaia: sembrava cancellata dentro la fase del '68, e anche in quella che si è prodotta dopo, con gli operaismi di Potere Operaio, di Avanguardia Operaia, di Lotta Continua che marcavano, chi più chi meno, una netta dissonanza rispetto a quella esperienza, e non c'entravano niente - e poi sono morti. Il fatto che resta è che siamo ancora qui a riparlare di quella esperienza. Questa comunque non è stata così isolata perché non rare figure di persone che si sono formate nelle occupazioni, nelle forme della cosiddetta controcultura, nella cosiddetta contestazione, insomma nel '68, si sono imbattuti poi subito nei germi di questa esperienza con il cosiddetto "autunno caldo"; non so cosa sia loro rimasto di essa, tuttavia il dato è che noi siamo entrati nel PCI in gruppo, e siamo vissuti come gruppo dentro questo partito. Quindi, siamo stati dentro in un modo molto conflittuale, difficilissimo in un certo periodo, perché i nostri amici che continuavamo a vedere erano fuori, i nostri compagni comaschi, o milanesi, o romani. E' durata pochi anni, poi io personalmente ho fatto un'altra esperienza, facendo coincidere una passione personale con una professione: ho cominciato ad occuparmi di cinema, ho fondato a Milano, con altri compagni, uno degli ormai storici cineclub degli anni Settanta/Ottanta. Ho fatto quindici anni di questa esperienza, però a latere abbiamo anche pubblicato una rivista con ambizioni filosofico-politiche che si chiamava Metropolis e che io dirigevo; ne sono usciti quattro numeri, poi naturalmente abbiamo dovuto chiuderla, perché è noto che fine fanno le riviste indipendenti della sinistra. Quindi, questa mia nuova esperienza faceva coincidere una professione con una passione personale, quella per il cinema che io ho avuto da sempre; mi sono messo a fare critica del cinema, in forma giornalistica, ma soprattutto organizzando visioni cinematografiche per lo più eccentriche e inedite. Detto di passaggio, il cineclub si chiamava Obraz. Però, all'interno di questa esperienza le riflessioni hanno finito per contrarsi in una dimensione personale; questa fase parte dal '75, quando ormai si cominciano a intravedere i segni di un riflusso. Ma direi che non è questo il motivo per cui noi (dico noi perché eravamo più o meno lo stesso gruppo che era stato dentro il PCI) siamo passati a questo progetto: semplicemente abbiamo trovato l'occasione e le disponibilità anche finanziarie per metterlo in campo. Questa esperienza si chiude nel '90, però nel frattempo incominciano i percorsi individuali e sono percorsi tutti privati. Perché poi si inceppa il circuito; si sa cosa succede a partire dal '78, progressivamente si chiudono tutti a riccio; si interrompono i canali di comunicazione, se non all'interno di qualche enclave privata. Però, l'esperienza di aver avuto una certa consuetudine anche critico-professionale con l'immagine (col cinema e con la visione in generale) mi permette oggi di non cadere facilmente nelle trappole ideologiche linguistico-mediatiche; io dico (può darsi che sbagli) che avere praticato la virtualità tecnico-meccanica mi permette di non cadere nell'estasi della virtualità numerico-digitale. E' in questa fase che personalmente incrocio e metto in campo una lettura un po' più in profondità di Walter Benjamin, che è una ripresa vera e concreta di certe velleità di lettura giovanili. All'interno di questa esperienza durata 15 anni (e di quella giornalistica che bene o male continuo a praticare su quel che rimane della stampa di sinistra), ho scontato, come hanno scontato in tanti, il silenzio politico, l'isolamento e però anche una fase di riflessione. Silenzio e isolamento non sono certo cose che rappresentano un'esperienza originale, credo che negli anni '80, e pure nei '90, abbiano rappresentato un vissuto generalizzato, nel mentre i processi e gli eventi correvano senza che ci fosse più la condizione storica per misurarcisi. Per conto mio non ho mai abbandonato un certo progetto di ricerca, se si vuole l'ho rallentato, l'ho anche sospeso in alcuni momenti ma per ragioni pratiche e contingenti, però non l'ho mai mollato. Quindi, non mi trovo né sorpreso né spiazzato di fronte ai tentativi, agli impulsi, o forse alla magnifica illusione di ripresa dell'antagonismo. Per me l'antagonismo è solo latente, e lancia segnali che può ancora deflagrare.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.