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INTERVISTA A CLAUDIO GREPPI - 23 SETTEMBRE 2000


Guido Bianchini in Potere Operaio ha avuto qualche ruolo, nel senso che lui era capace di raccogliere intorno a sé centinaia di ragazzi di Ferrara, per cui una certa generazione di ferraresi sono inevitabilmente passati sotto le ali di Guido, quelli che ora hanno cinquant'anni insomma: adesso li ritrovo che uno fa il sindaco, che è poi quello che è stato anche sindacalista dei chimici, Sateriale, oppure altri sono consiglieri dei Verdi. Dunque, sono la classe dirigente di Ferrara, tolti pochi che erano talmente scemi e che per ragioni di quoziente di intelligenza sono rimasti fuori, e sono diventati in un primo tempo dirigenti del PCI ferrarese e poi magari hanno finito la loro carriera. Questo succedeva ovunque, in quella generazione lì, cioè quelli che adesso hanno cinquant'anni, al PCI rimanevano gli scarti; nell'università c'era una scrematura generale per cui lo scemo del villaggio faceva il dirigente del PCI, quindi poi l'assessore ecc. A Firenze c'è un famoso caso di un certo Camarlinghi che era un imbecille assoluto e che, per totale mancanza di ricambio, è diventato dirigente del PCI, assessore alla cultura del Comune di Firenze, roba da mettersi le mani nei capelli. Guido a Ferrara ha fatto questa specie di raccolta totale, per cui tutti quelli che avevano un briciolo di intelligenza erano di Potere Operaio; però, questo in una fase precedente, poi quando Potere Operaio ha cominciato a crescere e a diventare questa cosa un po' più macchinosa questo gruppo ferrarese è rimasto ai margini. Sergio poi è rimasto sempre per conto suo. Guido era proprio anche un organizzatore, a Ferrara aveva una sede grande, però molto per conto suo.


Rispetto al discorso della formazione, quali erano le differenze tra Classe Operaia e Potere Operaio?

In Classe Operaia io avevo 22-23 anni e mi dovevo formare io, ma già in Potere Operaio invece molti di noi erano docenti universitari. A un certo punto mi ricordo che nell'esecutivo nazionale di Potere Operaio (perché poi c'erano questi nomi assurdi che facevano la caricatura alle istituzioni ufficiali) eravamo tutti docenti universitari tranne Luciano Arrighetti che era l'operaio della Galileo di cui dicevo prima e che era l'unico che invece aveva l'aspetto di un professore universitario. Per cui avremmo potuto anche pensare non tanto a una politica dentro l'università, però diciamo a come la formazione e in particolare l'università (che non è l'unica struttura formativa) alla lunga avrebbero potuto ottenere questi cambiamenti di struttura, che non sono appunto l'obiettivo, il fine esplicitamente richiamato, ma sono quei cambiamenti profondi di modo di pensare. Io credo che invece a un certo punto nessuno si sia posto seriamente questo problema, non ne abbiamo sicuramente mai discusso; tutt'al più nelle facoltà dove questo era possibile, come Scienze Politiche di Padova, mi ricordo di Luciano Ferrari Bravo che doveva fare le lezioni spiegando i libri di Toni Negri. Ma questa non è formazione, tra l'altro mi ricordo che una volta incontrai Luciano il quale appunto aveva finito una lezione e diceva: "Ma perché devo perdere tempo a spiegare i libri di Toni?", era distrutto da due ore di interpretazione del pensiero del grande maestro. Questa in fondo era ideologia, non era la critica delle ideologie. Allora, se fossimo andati un po' più avanti su questo terreno forse sarebbe stato molto più produttivo. In fondo la critica dell'ideologia era uno dei grandi temi al tempo di Classe Operaia, però è quello che ha fatto meno strada: Asor Rosa ha fatto "Scrittori e popolo", tutti lo abbiamo letto, però la cosa è rimasta ferma lì.



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