>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> Limiti e ricchezze dei Quaderni Rossi e di Classe Operaia
(pag. 5)

> La posizione di De Caro in Classe Operaia
(pag. 6)

> Gli obiettivi politici e il progetto
(pag. 6)

> Continuità e discontinuità tra gli operaismi
(pag. 7)

> Materiali Marxisti
(pag. 8)

> La formazione in Classe Operaia e in Potere Operaio
(pag. 9)

> Sulla formazione e sul territorio
(pag. 10)

> Dibattito su classe e capitale oggi
(pag. 11)

> Composizione e ricomposizione
(pag. 12)

> I "numi tutelari"
(pag. 12)

> Le biotecnologie
(pag. 13)

INTERVISTA A CLAUDIO GREPPI - 23 SETTEMBRE 2000


Quali sono state secondo te le differenze e le continuità tra Classe Operaia e Potere Operaio?

La continuità poteva essere una certa ricerca, un allargamento delle stesse tematiche su una scala decisamente cento volte più grande come partecipazione, come presenza, proprio come luoghi fisici di intervento. Quindi, quello che Classe Operaia teorizzava come il laboratorio politico in Potere Operaio si realizzava; in Classe Operaia chiamarlo laboratorio politico era un po' ambizioso. Per un certo periodo, forse i primi due anni, Potere Operaio ha rappresentato questa realizzazione di molte delle innovazioni, delle idee creative che erano nate in Classe Operaia. C'è stata ad un certo punto una tendenza a fare dell'ideologia; la stessa dimensione più ampia come militanti voleva dire reclutare una quantità di gente di cui poi ovviamente mica si poteva controllare l'effettiva capacità, conoscenza. C'era da un lato l'aspetto simpatico della partecipazione numerosa, ma dall'altro c'erano anche tutti i limiti che ciò comportava. La grossa differenza era proprio di scala. Un'altra cosa che mi è piaciuta anche di Potere Operaio, così come di Classe Operaia, è che ha deciso di sciogliersi: dunque, sono esperienze che avevano un obiettivo limitato nel tempo, cioè si fa questo tipo di cosa e poi si smette, non siamo Il Manifesto che comincia nel '69 e dura ancora nel 2000. In Potere Operaio a un certo punto questo ha voluto dire una stretta in termini organizzativi noiosissima, mi sono allontanato dalla linea di Franco Piperno, a cui volevo molto bene e che mi è ancora molto simpatico, e che forse aveva ragione a dire: "Se vogliamo costituire un partito, lo facciamo con l'obiettivo di prendere il potere e se non lo prendiamo ci sciogliamo", e quindi ci siamo sciolti non avendo ovviamente preso il potere. Questo ragionamento qua mi può tornare, anche se aveva dei risvolti antipaticissimi, quello di una caricatura di partito, queste riunioni organizzative, il lavoro illegale, le commissioni, una cosa che non avevo sopportato a suo tempo nel Movimento Operaio ufficiale, figuriamoci in quello non ufficiale. Però, era ovvio che un gruppo che comincia a diventare di alcune migliaia di persone non si gestisce come si faceva con Classe Operaia, che era invece un gruppo di amici che si poteva riunire una volta al mese a casa di qualcuno, non è la stessa cosa.
Dal punto di vista teorico secondo me in gran parte c'era la continuità; non è un caso che comunque tutti quelli che almeno si avvicinavano a Potere Operaio leggevano "Operai e capitale", che anzi fu ristampato da Ceccotti a Roma in edizione pirata per farlo avere a tutti. "Operai e capitale" era la bibbia di Potere Operaio, cioè il primo Tronti: lì chiaramente c'era la distinzione, dell'uso operaio del partito non se ne parlò certamente più, non era più praticabile. Ormai diciamo che c'era un terreno più libero, anche sgombro dal Movimento Operaio in cui si pensava al partito, quindi si credeva di potersi buttare a pesce; però, fu un'idea che è stata sconfitta, non so se fosse sbagliata o meno. Io a quel punto partecipavo abbastanza poco, sono stato alcuni anni a Venezia, ero molto più impegnato a cominciare a lavorare nell'università, anche se questa in quel momento era una specie di strana palestra politica; mi è capitato di insegnare al corso di laurea in urbanistica che fu fondato nel '71-'72 a Venezia, in cui su un centinaio di studenti 50 erano di Potere Operaio, 30 di Lotta Continua, 10 de Il Manifesto e il resto del PCI. C'era una composizione di questo genere, una cosa chiaramente assurda a cui, come dicevo prima, non siamo stati capaci di dare assolutamente nulla; al di là del fatto che questi militavano, poi però non imparavano nulla, non è servito a niente, questa è stata veramente l'orgia dell'ideologia.


Vorrei approfondire due aspetti. A fianco di Potere Operaio c'era l'esperienza dei Materiali Marxisti, questi libri che sono usciti da Feltrinelli, tu avevi scritto un articolo su quello curato da Sandro Serafini, intitolato "L'operaio multinazionale in Europa". Dall'altra parte mi interessava sapere chi ha animato Potere Operaio, da Bologna a Bianchini.

Loro sono tutte figure che furono abbastanza ciascuno per conto suo. Certo che, per esempio, Materiali Marxisti erano dei libri che uscivano dal lavoro dell'Istituto di Scienze Politiche di Padova, io lì ci passavo molto spesso, viaggiando sempre tra Firenze e Venezia praticamente ogni settimana mi fermavo a Padova; insegnavo a Ferrara, a Venezia, quindi la linea era quella lì e via del Santo era una sosta obbligatoria. Quello era un posto in cui a qualsiasi ora del giorno passassi incontravo Guido, Sandro, Sergio, Lisi, si apriva un libro, si discuteva; dunque, quello faceva parte di un lavoro che semmai ricorda più la prima fase di Classe Operaia. Era molto bello, non aveva niente a che fare con quello che poi era la militanza di Potere Operaio, erano due cose abbastanza disgiunte.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.