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INTERVISTA A CLAUDIO GREPPI - 23 SETTEMBRE 2000


Qual era la posizione di De Caro all'interno di Classe Operaia?

Lui era l'elemento di polemica, era in qualche modo la coscienza, diceva sempre che era tutto sbagliato. Io non è che abbia mai capito di preciso cosa intendesse, anche perché non l'ha mai espresso molto chiaramente. Si capiva che c'erano Gaspare ed Enzo Grillo, più o meno sempre messi insieme, che non condividevano assolutamente la linea di Tronti o di Rita Di Leo. Hanno cominciato a non venire più, non è che la cosa si sia manifestata, almeno io a quel punto non ero in grado di capire. All'inizio dell'anno successivo ci fu un articolo in un numero dedicato al partito, lo slogan era "l'uso operaio del partito" e questo non piacque. Era un po' un discorso sottile, a me invece personalmente rimane di quelle cose lì, come grossa conquista culturale in tanti sensi, l'idea dell'autonomia della classe operaia rispetto alle istituzioni. Anche questo discorso un po' ambiguo dell'uso operaio del partito però presupponeva una separazione tra le due cose, cioè la classe operaia non è il partito e il partito non è la classe operaia. Questa era una di quelle cose che fondavano questo discorso, e che in fondo poi si è persa, non è rimasto come una grande conquista l'idea di questa separazione, si è un po' offuscata, insabbiata. Non so se qualcuno ricorda che Classe Operaia fu una rivista in cui si teorizzava questa autonomia, non nel senso che ha avuto poi dopo, ma questa sua identità al di là dell'appartenenza politica, della militanza e delle istituzioni del Movimento Operaio: la classe operaia non sono le sue istituzioni, questa era una grossa conquista. Quindi, per esempio in quel tempo potevo benissimo accettare un discorso di uso operaio del partito; c'era la rivendicazione di una furbizia operaia, era un altro di quei termini che mi piacevano molto. Furbizia operaia vuol dire che c'è un comportamento, magari individuale anche, che si esprime in piccole cose che servono in fondo a non identificarsi con le strategie, con il posto di lavoro, con la patria, con tutte le cose che invece il Movimento Operaio chiedeva a gran voce, voleva che la classe operaia si facesse carico di tutto, e invece no. Mi ricordo che un altro dei grandi contributi a Classe Operaia fu quello di un nostro amico (morto tre anni fa), Mario Mariotti, che faceva le vignette: lui era un militante comunista, proprio di tradizione famigliare comunista, fiorentino, artista, pittore, di idee e produzione molto varie. Lui veniva a queste riunioni, chiacchieravamo un pochino e poi inventava delle vignette che direttamente traducevano quello che sentiva dire; mi ricordo che Mario Tronti era affascinato da questa cosa. Una volta tirò fuori una vignetta in cui c'era uno schieramento di padroni con tutti i cartelli, "W la libertà, W la costituzione, W la democrazia", e davanti un operaino da solo con un cartello su cui c'era scritto "Abbasso". Fu pubblicata su uno dei numeri di Classe Operaia, questo traduceva veramente in maniera elegantissima, ironica e simpaticissima un'idea che era sostanziale, non era un dettaglio, era proprio questa la novità. Appunto perciò a me l'idea di questa svolta nel senso dell'uso operaio del partito non mi sembrò così scandalosa.


Su tale questione, una delle critiche che noi abbiamo raccolto nel corso delle interviste è che, mentre c'era un'attenzione alla forma organizzativa, al partito e a queste cose di cui stai parlando, dall'altra parte una delle cose deboli in Classe Operaia era il discorso degli obiettivi e della prefigurazione di un processo più ampio che fondasse una progettualità e che non fosse solo il mezzo e il partito.

Io credo che questa sia una critica ingiusta nel senso che invece era implicito, in questo discorso della separazione tra classe operaia, Movimento Operaio, ovviamente ancora di più con il capitale, le istituzioni e tutto il resto, l'idea che gli obiettivi fossero problemi loro: la lotta non ha come finalità quella di raggiungere quel determinato obiettivo, no, la lotta spinge poi la risposta capitalistica cercherà in qualche modo di adattare tale spinta. Ciò sta proprio nella separazione originaria della classe operaia, gli obiettivi facevano parte della risposta capitalistica. Nei primissimi mesi di Classe Operaia si fece tutta una rispulciatura di documenti, giornali essenzialmente, del primo dopoguerra; si facevano quegli articoli che erano un po' un lavoro collettivo su partito e sindacato dopo la Resistenza, mi ricordo che si passò delle giornate alla Biblioteca Nazionale a rispulciare rassegne sindacali o altro. Quello che ci scandalizzava era questa idea che si facessero carico del piano del lavoro, del piano di qui, del piano di là: ma perché? Noi partivamo appunto dalla separazione della classe operaia come fatto antagonista che non si fa carico di quelle che invece sono le risposte.

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