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INTERVISTA A CLAUDIO GREPPI - 23 SETTEMBRE 2000


Poi ci sono degli autori che ogni tanto mi piacciono e poi mi piacciono di meno. Uno che ho totalmente abbandonato, di cui ho provato a rileggere delle cose ma mi sono solamente incazzato, è Foucault, non lo sopporto più. Posso parlare più delle scoperte recenti, ultimamente mi sono appassionato ai biologi evolutivi, biologi tout court: questi fanno dei discorsi molto seri. In Italia in genere quando si parla di scienze si pensa subito alla fisica, la storia della scienza è storia della fisica, tutti parlano di Thomas Kuhn o di Karl Popper; la storia della biologia è estremamente più interessante, è una storia delle scienze naturali. Trovo una cosa molto interessante il fatto stesso che per un biologo Darwin sia ancora un autore assolutamente attuale: certo che ha lavorato in quel tempo, a quel modo ecc., però se uno vuole ragionare oggi sui criteri dell'evoluzione, della speciazione e queste cose riparte sempre da Darwin o ancora prima. Mentre invece per i fisici tutto quello che è successo dieci anni fa è già da buttare via.
C'è un autore che ho scoperto una quindicina di anni fa: io sono stato tre anni in Africa, in Etiopia, e siccome dovevo stare via tanto tempo mi sono comprato alcuni libri tra cui, giusto così perché era appena uscito, "La sussistenza dell'uomo", quello che era l'ultimo libro scritto da Polanyi. Questo testo l'ho dunque letto in Africa, che è un bel posto per leggere un libro di Polanyi; da quello sono risalito a "Traffici e mercati", da quello a "La grande trasformazione". Allora, mi sono ricostruito a posteriori il percorso di questo che è un altro di quegli autori che mi ha affascinato molto. E' importante il modo di vedere le differenze, poi viene fuori soprattutto in "Traffici e mercati", nel passato ma poi la cosa si applica chiaramente anche alla situazione mondiale di oggi, per andare soprattutto a chiarire le particolarità di ciascuna situazione e non interpretare tutto in termini omologati. Per esempio, alla luce di Polanyi mi sono reso conto che certi storici a cui ero per altro affezionato, come Braudel, tendono a vedere il capitalismo nei mercanti pratesi del '300: no, quello non è il capitalismo, se no diventa tutto troppo simile. Invece, Polanyi canalizza il particolarissimo sistema di scambi dei mercati, dei marcanti, dei circuiti dei maya o dei berberi, e fa proprio questa differenza. Ci sono molte più varietà nell'organizzazione sociale di quello che uno è portato a interpretare alla luce dello sviluppo capitalistico. E' un discorso che vale anche rispetto all'attuale globalizzazione di cui tutti si riempiono la bocca, perché non esiste, o perché è sempre esistita: forse la globalizzazione esiste dal 1492, non ci sono per quello particolari innovazioni, ci sono invece regioni e luoghi con caratteri particolari e diversi e non vuole dire affatto che tutto è uguale, non ci ho mai creduto. Queste cose forse le dicevamo alla fine degli anni '60, anche in quei convegni al Centro Francovich c'era questo discorso di un quadro internazionale diversificato, c'era poi la questione del ruolo internazionale dell'Italia come punto intermedio. E questo era anche un modo di affrontare (poi non fu mai fatto) i problemi del Terzo Mondo e dei paesi sottosviluppati. Su questo avevo scritto un articolo su Contropiano, non l'ho mai riletto ma forse volevo dire proprio questo.


Tu hai ragionato sul discorso delle biotecnologie?

Non sono in grado di capirle poi tecnicamente, però ho leggiucchiato, ho ascoltato, una volta c'è stato anche un convegno qua sulle biotecnologie: mi sembra che stiano facendo un gran polverone per niente, è uno di quei casi in cui di nuovo scatta un modello ideologico. Il fatto che la Chiesa cattolica sia alleata con i Verdi sulle questioni degli embrioni e delle biotecnologie vuol dire che c'è qualcosa che non funziona: penso che personalmente non mi dovrebbe capitare di essere mai d'accordo con la Chiesa cattolica, dovrei o almeno spero di avere rispetto ad essa un dissenso radicale e originario, nel Dna, almeno questa è l'unica cosa in cui mi riconosco valdese. Si tratta sempre di quelle situazioni ambigue, perché da una parte non sono d'accordo che la scienza possa tutto e che in suo nome si debba fare tutto; dall'altra parte non mi torna che si faccia una resistenza contro queste cose in nome di che? Del Creatore? Penso che siano processi su cui stare molto attenti, perché è chiaro che ci sono delle incognite, ci sono stati ovviamente tanti errori fatti, i quali in genere dipendono dall'uso che poi ne viene fatto in termini economici, dipende dai condizionamenti economici.

Di recente io ho scritto tante cose sul paesaggio, che è uno dei temi di cui, vivendo qui, per forza ci si deve occupare, e anche perché ci sono dentro dal punto di vista professionale, ho collaborato con il piano della Provincia di Siena, qui a San Casciano faccio l'assessore per bloccare le porcherie che fanno sul paesaggio. Credo che il paesaggio (qualche volta l'ho scritto un po' tra le righe di qualche saggetto) faccia parte del salario differito; non ho voluto infierire troppo su questa cosa, però mi autogiustifico questo interesse per un bel paesaggio nel senso che se si offre una condizione più piacevole per l'esistenza questo fa parte comunque di un insieme di valori a cui attinge anche il salario in qualche modo, non monetario ma relativo alla qualità dei luoghi in cui si abita. Questo me lo sono più o meno sempre tenuto per me.



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