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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 13 DICEMBRE 1999 |
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Come prima erano stati i gruppi, così la lotta armata è in qualche modo lo stesso fenomeno, cioè il tentativo di rinchiudere in categorie vecchie il nuovo, di dare una forma unica all'antagonismo: con uno stesso linguaggio, con degli stessi codici interpretativi, con una stessa forma organizzativa. Direi che è l'ultimo disperato tentativo del marxismo di sopravvivere a se stesso. Quando parlo di marxismo non parlo di Marx, perché invece certe categorie dell'analisi di Marx proprio nel processo di terziarizzazione, nel processo di transizione al postfordismo tornano di grandissima attualità. Quello che invece a mio parere va definitivamente in crisi è l'idea classica dell'antagonismo legato alla classe e al proletariato di fabbrica. E invece è proprio su quell'idea che è stato tentato il serrate le fila prima dai gruppi extraparlamentari e dopo dalle formazioni comuniste combattenti, che hanno cercato di ingabbiare di nuovo la ricchezza e la pluralità del conflitto dentro le vecchie categorie dell'antagonismo marxista.
L'esperienza di Aut Aut.
L'esperienza di Aut Aut è stata importante. Poi successivamente tutto è rientrato, in quanto dopo il 7 aprile c'è stato un grosso passo indietro, perché ovviamente Pier Aldo Rovatti e la redazione storica della rivista si sono "spaventati" di fronte al contraccolpo che sarebbe giunto da questa vicenda. Quindi, l'effetto è stato anche qui di chiudere la possibilità del dibattito. Tutta una fase precedente, che era stata la discussione sulla teoria dei bisogni su Aut Aut, era stata un momento di ibridazione teorica e culturale molto molto ricca: c'era infatti da un lato la componente dell'analisi teorica dell'Autonomia, però c'era anche la componente della tradizione fenomenologica e quindi di un discorso sulla crisi del sapere e delle scienze europee da Husserl in avanti, che era presente nel codice genetico della rivista. Quindi, anche lì c'era una possibilità, e anche lì si è visto come funzionava male il "vizio leninista": Negri, preso come figura emblematica, ogni volta che metteva piede in spazi che si aprivano, in questo caso all'interno della comunità filosofica o in generale all'interno della comunità del dibattito intellettuale, immediatamente cercava di egemonizzarli e di ricondurli ad una strategia egemonica. Quindi, sempre scattava il meccanismo fondamentalmente del partito. Il paradosso dell'Autonomia è stato quello di nascere dallo scioglimento dei gruppi ma di mantenere poi al proprio interno la logica del partito, cioè la logica dei quadri dirigenti che dovevano dirigere, egemonizzare, indirizzare, coordinare, ricondurre ad una strategia e ad una tattica comuni tutto quello che si muoveva, qualsiasi aspetto e contraddizione.
Nel contesto odierno i limiti possono essere utili cercando di non ripetere ostinatamente gli stessi errori, cioè di non voler a tutti i costi rimettere di nuovo un cappello. Oggi la complessità dei conflitti è ancora più evidente di quanto non fosse allora; una situazione come quella di Seattle da questo punto di vista è estremamente sintomatica. A parte la novità del ruolo che ha avuto la rete nella mobilitazione e nella circolazione delle idee, delle ideologie e dei punti di vista di movimento per arrivare alla scadenza della manifestazione contro il WTO, è la prima volta che c'è così chiaramente in campo uno "schieramento federativo", con al proprio interno delle differenze enormi: si va dal farmer che magari vota anche repubblicano e ha un'ideologia di destra e però si mobilita perché sente che le multinazionali della biotecnologia lo stanno schiacciando, ai sindacati americani che come ben sappiamo sono ultracorporativi e difendono gli interessi di uno strato ultraprofessionale e privilegiato della classe operaia americana e non certamente quelli dei marginali, all'underground anarchico, all'ambientalismo, al femminismo, all'ecopacifismo. Quindi, c'è uno schieramento estremamente ampio di forze e si è formata una coalition ad hoc con strani compagni di letto, come li chiama Hakim Bey in "Millennium". Quello che oggi è evidente è che ciò che funziona è il cosiddetto, come lo chiama Romano Màdera in un libro, sincretismo antagonista, cioè la possibilità di trovare convergenze di punti di vista anche radicalmente diversi ma tutti in conflitto con il pensiero unico. Dunque, mi sembra fondamentale non ripetere l'errore dell'idea di una possibile unificazione di tutto questo nei termini di un minimo comun denominatore antagonista, di una comune strategia.
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