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INTERVISTA A CARLO FORMENTI - 13 DICEMBRE 1999


ANALISI DEI PROPRI PERCORSI POLITICI:
analisi delle ricchezze e dei limiti del proprio percorso e/o della propria proposta politica
analisi di quello che c'era d'altro (altri ambiti, libri, riviste, proposte teoriche, culturali e/o politiche...)
quanto tali ricchezze e tali limiti possano essere attualizzabili nel contesto odierno e in prospettiva futura.


Senza entrare nel merito delle differenze possibili tra le diverse componenti, che sono state molte dal '68 al '77, io credo che la ricchezza sia consistita soprattutto nell'allargamento dell'area dei temi del conflitto. Quindi, il fatto che il conflitto è uscito dall'ambito specificatamente economico e politico e ha investito i rapporti sociali nel suo complesso, soprattutto attraverso il coinvolgimento del privato (vediamo la funzione che ha avuto il movimento delle donne, l'importanza delle questioni della famiglia, dei conflitti generazionali ecc.).Io direi che la cosa più grossa degli anni '60 e '70 è stata questa, cioè la capacità di investire complessivamente non soltanto un settore, sia pure identificato come settore strategico di un modo di produzione, di una civiltà preferirei addirittura definirla, ma invece di investire la totalità delle relazioni umane; quindi, la messa in discussione non tanto e non solo di un modo di produzione ma anche di un modo di vivere, dei suoi valori di riferimento antropologici e culturali di fondo. Questo senz'altro mi sembra l'aspetto più importante. Mentre invece il limite è stato effettivamente il fatto che a partire dalla fine degli anni '60 ma con grande evidenza a partire dagli anni '70, c'è stato questo riflusso interno al movimento e il suo ricondursi, attraverso i gruppi che si strutturavano come dei veri e propri partitini, alle categorie, ai valori, all'ideologia del marxismo classico: quindi, il tentativo di rinchiudere e ricondurre di nuovo la ricchezza di differenze e la pluralità presenti all'interno del conflitto ad un segno ideologico unificante o presunto unificante che era la composizione di classe. Composizione di classe di cui tra l'altro non si è stati in grado di leggere la contingenza storica, cioè il fatto che comunque era la composizione di classe fordista che oltre tutto in Italia arrivava con grande ritardo: infatti si trattava in realtà di un ciclo di lotte che negli Stati Uniti e in altri paesi d'Europa era avvenuto molto prima. L'anomalia della situazione italiana tra l'altro è stata proprio questa, la durata. La stessa durata del movimento in Italia, che è stata molto maggiore di quella in altri paesi, è determinata dal fatto che l'esplosione dei conflitti culturali, sociali, antropologici che avevano come punta di diamante il movimento studentesco, è coincisa e si è innescata con il punto alto della conflittualità di classe in fabbrica dovuto a questa fase finale molto acuta dell'operaio-massa. Però, proprio lì dentro si era creata la seguente posizione: il fatto che ci fosse questo elevato livello di conflittualità, maggiore che in tutti gli altri paesi occidentali, ha determinato questa idea di ricondurre tutto all'egemonia operaia, cioè di ricondurre tutto al minimo comun denominatore di classe. E questo è stato molto forte, in tutti i gruppi: tutte le altre conflittualità dovevano essere tradotte in qualche modo nel codice del conflitto di classe che aveva il suo luogo privilegiato all'interno della fabbrica. Questo schema è poi saltato, è andato completamente in crisi alla metà degli anni '70 ed era già del tutto spazzato via quando si arriva al '77; c'è di nuovo un'apertura su tutto il ventaglio delle tematiche, perché entrano in campo nuovi soggetti, perché nel frattempo è andato avanti ed è maturato il discorso del movimento femminista, perché ha cominciato a venir fuori in parte, anche se in modo ancora embrionale, il discorso sull'ambiente, eccetera eccetera. Però, il problema è che in questa seconda fase in cui c'era una potenziale riapertura del conflitto al di là del suo orizzonte di fabbrica, lì ha funzionato invece questo retaggio dell'organizzazione che era stato sedimentato dall'esperienza precedente dei gruppi, che si trasforma poi direttamente nel discorso della lotta armata. In sostanza c'è stata la prevaricazione dell'organizzazione sul movimento, cioè della necessità di strutturare e di ricondurre il movimento a forme organizzative stabili, quindi necessariamente sempre più, di fronte all'iniziativa della controparte, rinchiuse su se stesse, tentate dal salto al livello militare che era un modo disperato di supplire all'assenza di analisi politica, alla difficoltà di un movimento che diventava molto più complicato da gestire, molto più difficile, molto meno riconoscibile nelle sue forme emergenti, molto più sotterraneo.

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