Dunque, prima dicevo che sono tornata negli Stati Uniti alla metà degli anni '80, e la prima cosa che abbiamo fatto è stata mettere in piedi un comitato per la libertà accademica in Africa, che è un titolo orrendo ma, discutendo con altri compagni africani, anche loro venuti negli Stati Uniti, è stato l'unico titolo che ci sembrava potesse aggregare un po' di gente, perché la nostra ipotesi era di mobilitare l'università, mobilitare gli insegnanti, mobilitare gli studenti su questo discorso. Dicevamo: "si parla tanto del movimento degli studenti in Europa, c'è un movimento degli studenti africani, c'è un movimento dei professori e degli insegnanti". Tra l'altro studenti e insegnanti si sono unificati in Africa molto più che in Europa direi, nonostante che il corpo insegnanti in Africa fosse molto più aristocratico, molto più autoritario per certi aspetti. Allora, abbiamo fatto questo comitato e abbiamo cominciato a fare un bollettino, a raccogliere materiali, a cercare di sviluppare un po' di contatti con movimenti studenteschi non solo in Nigeria ma anche in altre parti dell'Africa, e una delle cose che ho fatto in questi anni, e che praticamente ho continuato fino ad adesso, è stato di fare questi bollettini, ne vengono fuori alcuni all'anno, ora due volte all'anno; l'anno scorso non abbiamo fatto quasi niente di bollettino perché abbiamo fatto il libro ("A Thousand Flowers"), abbiamo raccolto un po' di materiali dei bollettini precedenti, poi ne abbiamo aggiunti e abbiamo fatto questo testo. Se devo dire adesso mi sembra un po' un paradiso, perché quando abbiamo cominciato (nell'87-'88, il primo bollettino poi è uscito a cavallo tra il '90 e il '91) è stato difficilissimo, è stato un deserto, cioè le nostre ipotesi e il nostro progetto in un certo senso sono stati un fallimento: noi immaginavamo che pubblicando questi materiali ci sarebbe stata una grossa presa di posizione da parte di tutti gli insegnanti radicali, della sinistra americana ecc., e soprattutto nei circoli africanisti; in effetti abbiamo scoperto che i circoli africanisti erano i più restii a muoversi su questo, perché è tutta gente che deve andare avanti e indietro dall'Africa, vuol fare la loro ricerca indisturbata, quindi non ci tiene a smuovere le acque, a mettersi in ostilità o a prendere posizione contro i governi per paura che dopo gli taglino i fondi, gli revochino il permesso di fare la ricerca e via dicendo. Adesso non comincerei da lì, mentre noi abbiamo iniziato dalla parte sbagliata, pensando che chi più sapeva più si sarebbe mobilitato, e invece non è stato così. Comunque, adesso si sono invece sbloccata alcune cose, perché per tutta una serie di ragioni c'è una più grossa coscienza di cosa vuol dire globalizzazione, e si incomincia anche a rivedere il rapporto tra quello che sta succedendo in posti come l'Africa o come l'America Latina e quello che sta succedendo negli Stati Uniti, perché l'aggiustamento strutturale ce l'abbiamo anche noi, hanno tagliato tutti i fondi all'educazione pubblica ecc. Quindi, ad esempio, negli Stati Uniti adesso ci sono delle organizzazioni nuove di studenti, si chiamano Campus Organizing, c'è una nuova organizzazione che è a livello nazionale e che ha avuto fin dall'inizio un'apertura internazionalista, per cui loro vedono il collegamento tra le lotte che ci sono state a New York contro i tagli alla scuola pubblica e quello che sta succedendo ed è successo in Messico, hanno rapporti con gruppi in Africa: quindi, questo ci sta facilitando molto le cose, anche la circolazione di questi discorsi. Dunque, questa è una delle cose che abbiamo fatto.
Dopo, nel '95, c'è stata l'estate di Mumia Abu-Jamal, anche in questo caso abbiamo fatto molto lavoro, e da lì abbiamo costruito questo progetto contro la pena di morte che si è sciolto quest'estate. Con questo progetto abbiamo fatto lavoro di informazione, dibattito, soprattutto nelle scuole, tampinando varie organizzazioni universitarie e intellettuali per spingerli a prendere posizione contro la pena di morte, a pronunciarsi ufficialmente; poi abbiamo fatto soprattutto attività di dibattito e di scrittura. Questo progetto l'abbiamo fatto come parte di un'organizzazione più grossa e più radicale, si chiamano filosofi radicali anche se non è che tutti siano filosofi. Il progetto si è chiuso quest'estate, eravamo in tre che l'abbiamo messo in piedi, in tre siamo venuti via e adesso non so se altri vorranno continuare, ma noi abbiamo deciso di chiudere, ci siamo rotti sulla questione di Cuba: questa organizzazione ha sempre avuto un grosso rapporto di appoggio a Cuba, alle rivoluzioni, tutti gli anni si sono fatte conferenze e seminari a Cuba, si sono promossi gli incontri con intellettuali, compagne e compagni cubani, c'è questa grossa carica di supporto da anni e ci sembrava dunque molto importante che noi esprimessimo un giudizio negativo rispetto alla pena di morte.
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