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INTERVISTA A SILVIA FEDERICI - 18 DICEMBRE 2000

Io insieme ad un gruppo di donne sempre della nostra organizzazione abbiamo tirato avanti per altri due anni, tra il '77 e il '79 abbiamo messo in piedi un giornale che voleva essere uno strumento per riprendere le fila politiche non soltanto dopo la spaccatura che c'era stata nella nostra organizzazione, ma anche dopo la crisi politica che si era cominciata a verificare già a partire dal '76-'77-'78 negli Stati Uniti e poi sempre più a livello mondiale. Quelli sono stati anni in cui da un certo punto di vista il nostro movimento cresceva, ma verso il '77 già sentivamo degli ostacoli molto grossi, non solo dentro la nostra organizzazione, ma anche e soprattutto fuori. Diventava sempre più difficile in effetti allargarsi, diventava sempre più difficile conquistare qualsiasi cosa con delle lotte. Diciamo che dal '75 in poi è cominciato il processo di globalizzazione, con l'embargo del '74, con lo spostamento dei capitali nel Terzo Mondo, insomma tutte queste cose che sappiamo. New York è stata l'avanguardia della globalizzazione perché nel '75 ha dichiarato la bancarotta, per cui lì abbiamo vissuto nel '75 quello che un paese africano, anche se in termini molto più drammatici, sta vivendo quando deve prendere un prestito dal Fondo Monetario Internazionale, nel senso che si disse che New York era in bancarotta per cui doveva venire una commissione dal di fuori. Hanno dunque mandato un triumvirato che si è instaurato a New York come il Fondo Monetario Internazionale praticamente, e per vari mesi hanno controllato tutti gli uffici pubblici, hanno controllato tutta l'organizzazione del lavoro che dipendeva in qualsiasi modo dal Municipio o dallo Stato, per cui addirittura avevano le spie appostate nelle cabine telefoniche a guardare quando la gente usciva dal lavoro negli uffici pubblici, avevano i furgoncini che seguivano i camion grossi di quelli che raccoglievano la spazzatura ecc. C'è stato un processo intimidatorio pazzesco, con tagli, licenziamenti, intimidazioni: New York è sempre stato il banco di prova, passando lì poi si è esteso. Dunque, già incontravamo una difficoltà molto grossa, che è aumentata poi dopo con Reagan, il reaganismo, la politica del laissez faire e tutte queste cose. Il giornale che abbiamo fatto si chiamava Tap Dance, abbiamo scelto questo titolo perché il tap dance era una delle classiche forme di ballo popolare tra i neri di America specialmente negli anni '20: dopo ci sono stati Fred Astaire, Ginger Roger ecc., però mi ricordo che avevamo visto un programma alla televisione che ci aveva aperto gli occhi su che cosa era stato il tap dance, cioè una specie di danza di guerra di chi ha uno spazio limitato per muoversi, e questo è il modo in cui lo avevamo presentato, una sorta di movimento che vuole rompere, che vuole muoversi e che però ha dei passi forzati perché le circostanze non ti permettono di allargarti. Noi avevamo pensato il giornale in questi termini, doveva essere un modo sia per rifare e per ripensare la nostra esperienza politica, per quelle di noi che erano nel comitato per il salario, poi si sono unite persone che venivano da altri gruppi e altre crisi; sia per ripensare il nuovo momento, noi sentivamo che era in atto un mutamento politico, che la situazione era cambiata ed era necessario ripensare a come ripartire. Infatti, i pezzi che abbiamo pubblicato attaccavano i primi elementi della politica che sarebbe stata poi reaganiana; ricordo che abbiamo fatto un pezzo intitolato "Hiroshima mon amour", dove dicevamo che stavamo andando verso la guerra, abbiamo infatti scritto delle cose che si sono abbastanza avverate, che secondo me colpivano nel segno. Nel '79, alla vigilia dell'inizio del governo di Reagan, anche questo gruppo non si è spaccato ma si è sciolto per insufficienza di energie, ormai diventava sempre più difficile riuscire a organizzare riunioni: mentre per tutti gli anni '70 tante di noi sono riuscite a vivere lavorando metà tempo, potendo dedicare una grossa fetta della nostra vita al lavoro politico, a cominciare dalla fine degli anni '70 è diventato molto difficile, cioè facevamo riunioni in cui ci trovavamo in tre o quattro, perché tutte avevano dovuto trovare un altro lavoro, avevano un lavoro a tempo pieno, perché i costi della vita erano aumentati enormemente. Quindi, sulla storia politica dei nostri gruppi della fine anni '70 ha inciso molto non solo il cambiamento politico generale, ma poi anche a livello personale il restringersi delle possibilità, dove trovare lo spazio per riunirsi, le case che si stringevano, gli affitti che aumentavano per cui non si trovava più la compagna con la casa grande o anche un posto nel quartiere. Quindi, ha inciso sia il mutamento politico generale che proprio questo appesantirsi della vita, per cui il più orario di lavoro, chi ha dovuto tornare a scuola, i costi dell'asilo nido che aumentavano.

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