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INTERVISTA A SILVIA FEDERICI - 18 DICEMBRE 2000

C'è poi un suo scritto su "Da schiavo a proletario" ed era uscita su Primo Maggio, proposta da Gambino, una sorta di ricostruzione della sua vita; in italiano poi non c'è molto altro.

In inglese c'è davvero molto di suo, a New York c'è inoltre una vasta area di compagni dei Caraibi, ci sono molti contatti, anche con Trinidad. L'anno scorso tra l'altro è morto quello che era un po' il figlio spirituale di C.L.R. James, era anche lui un compagno molto bravo di Trinidad; aveva fatto le sue prime esperienze politiche con C.L.R. James nel movimento dei contadini alla fine degli anni '50, dopo è venuto negli Stati Uniti e lì ha fatto il militante politico per tanto tempo, quattro o cinque anni fa era tornato a Trinidad e l'anno scorso è morto. Di C.L.R James c'è poi la biografia, è una storia che si muove proprio su un piano internazionale, perché lui ha avuto contatti con i capi del panafricanismo, e poi Londra, America, Trinidad; dagli Stati Uniti è stato espulso negli anni '50, con il maccartismo, ed è andato in Inghilterra.


Sarebbe significativo rileggere le sue posizioni su alcune categorie come il razzismo e l'immigrazione, perché sono molto diverse da quelle proposte oggi da varie persone: ad esempio, recentemente Etienne Balibar ha scritto su etnia, nazionalismo e razzismo in termini totalmente diversi, in una dimensione ancora molto legata al PCF. Invece, James ha una visione completamente diversa, anche della forma di organizzazione: uno dei suoi grandi punti di forza è stata la critica all'organizzazione sindacale e politica americana che esclude i neri e le donne, facendo l'organizzazione dei bianchi maschi. Potrebbe essere dunque significativo riattualizzare alcune sue analisi teoriche.

Sì, infatti in passato io e Selma James avevamo scritto sul partito, si trattava proprio di una critica al discorso del partito, di questa unificazione che viene fatta, per il tipo di proposta che c'era dietro, del fatto che il partito rappresentava un certo tipo di progetto politico e di visione della società, una visione basata sul privilegio di chi era più produttivo: quindi, il partito politico come forma organizzativa rappresentava un elogio della produttività dal punto di vista capitalistico.


Questo è interessante, perché spesso dalla non accettazione di quella forma di organizzazione si trae la conclusione nessuna forma di organizzazione: invece, il problema è di trovare altre forme di organizzazione.

Sì, il discorso è quali forme organizzative sui progetti politici che ci sono adesso.


Sarebbe dunque significativo ragionare su alcune cose che già sono venute fuori, cercare di capire quanto può essere riproposto, quanto deve essere cambiato e criticato; altrimenti contro un certo tipo di organizzazione si ripropone l'anarcosindacalismo, che ha avuto anche delle ricchezze però molti limiti.
Un'altra persona che ci interessa è Paolo Carpignano

Lui insegna a New York, so che fa dei lavori con il circolo di Stenya Ranowiz, un compagno sociologo americano, uno che è sulla breccia da tanti anni, viene da una storia operaia, è autodidatta, ha cominciato a insegnare, è da diverso tempo all'interno della sinistra americana, ha scritto un libro che si chiama "False promesse" che è una critica al sindacato all'inizio degli anni '60.

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Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

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