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INTERVISTA A SILVIA fEDERICI - 18 DICEMBRE 2000

In Italia si è verificato che nel momento in cui c'erano dei poli che concentravano situazioni proletarie diventava più semplice una forma di organizzazione delle lotte e del conflitto; laddove questi poli sono stati smontati dalla ristrutturazione capitalistica c'è stata la grande crisi delle forme organizzative. All'interno della fabbrica, proprio perché c'era una presenza fisica e materiale delle persone, c'erano delle possibilità organizzative forti, e una convergenza di comportamenti e di interessi che dava luogo a forme di conflitto significative e che rompevano proprio determinati processi di accumulazione. Successivamente, e in particolare a partire dagli anni '80, ci sono state sempre più difficoltà a costruire delle forme di organizzazione che avessero una dimensione sociale; quindi, al di là del fatto che comunque il processo capitalistico non passa solo nella fabbrica intesa come capannoni ma ha invece una dimensione sociale ben più ampia, è diventato più problematico far sì che la gente si ritrovasse delle dimensioni comuni, per cui potesse poi dare luogo ad una socialità e ad una politicità che fosse in contrapposizione. Vorrei dunque che tu raffrontassi questa situazione con quella degli Stati Uniti: ad esempio, la Lega degli Operai Neri di Detroit io l'ho sempre colta come una cosa molto specifica e diversa da quelli che erano i momenti di organizzazione sociale.

E' stata diversa perché aveva un carattere apertamente politico e rivoluzionario. Recentemente ho visto un documentario molto bello che fa proprio la storia della Lega, del modo in cui si organizzavano: loro avevano un livello di politicizzazione molto alto, per cui venivano dall'onda del movimento dei diritti civili, dal movimento delle donne nere, quindi esprimevano una capacità molto grossa. Comunque, il discorso che facevi tu prima è vero anche in America: praticamente tra il '77 e l'inizio degli anni '80 hanno smantellato completamente, infatti per un po' di anni si è parlato di deindustrializzazione degli Stati Uniti. La fascia nord-est, che era la fascia industriale, è stata proprio smantellata, cioè per mesi e mesi la gente è emigrata nel sud-est, per cui l'attività industriale negli Stati Uniti è ripartita nelle campagne, in zone in cui non esistevano forme di aggregazione. Questo è stato vero anche là, a tutti i livelli, tant'è che fino a qualche anno fa con lo spostamento dell'esportazione dell'industria verso il Messico, verso altre zone, l'Asia, hanno tagliato le gambe al movimento operaio: infatti, non c'è praticamente stato uno sciopero che abbiano vinto, sono stati pochissimi gli scioperi vinti in questi anni. L'attività del movimento è ricominciata con l'immigrazione, cioè proprio la nuova spinta, le nuove lotte, quelli che danno la carica sono adesso gli immigrati, che tra l'altro sono unificati perché non solo hanno il problema del posto, per cui ci sono le lotte specifiche (di quelli che lavorano nei ristoranti, dei contadini della California ecc.), ma in quanto poi sono collegati anche con tutta una serie di lotte sociali, per l'amnistia, per i diritti civili, la salute, le iniziative per l'istruzione dei bambini, se si parla una o due lingue e tutte queste cose. Quindi, direi che il discorso è lo stesso, dove ci sono vittorie rappresentano poi un punto di sfondo e di aggregazione anche per altre forze sociali, questo è stato vero anche là.

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