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INTERVISTA A SILVIA FEDERICI - 18 DICEMBRE 2000

Rispetto ai percorsi e alle lotte del movimento operaio americano, quanto avete preso dalle esperienze passate? Ad esempio, prima hai detto delle forme organizzative espresse dal movimento dei neri.

Molto proprio su questo, io credo che questo valga anche per il movimento delle donne: negli anni '60 il movimento dei neri ha aperto il problema dell'organizzazione, l'ha proprio messo sul tappeto, aprendo il dibattito sul discorso separatismo o autonomia, facendo vedere che se i neri non incominciavano ad organizzarsi in modo autonomo (il che poi è stato ripreso dal movimento femminista) non solo si consolidavano i rapporti di potere tra bianchi e neri, ma tutte intere aree di sfruttamento capitalistico non sarebbero state viste, tutta una realtà sociale di quello sfruttamento non sarebbe venuta a galla, non si sarebbe conosciuta. Quindi, l'autonomia organizzativa, che poi altri hanno detto separatismo, era la garanzia anche della possibilità di capire e di vedere in tutta la sua ampiezza il rapporto di sfruttamento, il circuito dell'accumulazione. Quindi, mentre veniva percepita all'inizio da gruppi e organizzazioni bianche, di militanti tradizionali, come un attacco, in realtà era tutta una realtà di classe che veniva soffocata se non esisteva la possibilità da parte di organizzazioni autonome di parlare direttamente invece di essere subordinate come era stato in passato, come era stato dentro al sindacato, dentro a varie organizzazioni di militanti della sinistra americana. Questo discorso è stato quello dei rapporti di potere, il fatto che fondamentalmente l'ostacolo sempre più grosso che si incontra nelle lotte non è solo quello rappresentato dai carri armati o dalle bombe nucleari. E' la presa d'atto che il proletariato è diviso a livello internazionale, che queste divisioni, che poi sono divisioni che vengono periodicamente ristrutturate, rifondate, riconsolidate, sono l'ostacolo maggiore: praticamente il problema è sempre di come superare le divisioni. Infatti, l'attacco grosso che è venuto dalla globalizzazione (la globalizzazione come attacco politico) c'è stato non solo rispetto alla crisi del profitto in sé, alla crisi economica dovuta alla restrizione dei margini di profitto negli anni '70, ma c'è stato anche perché in quegli anni sono stati proprio attaccati la divisione internazionale del lavoro, la divisione sessuale del lavoro, cioè gli assi portanti dell'accumulazione. Si pensi a tutto il movimento anticoloniale per esempio, che veniva poi da lontano, dalla rivoluzione cinese, da tutti i percorsi rivoluzionari del XX secolo, tutto è sboccato nel movimento anticoloniale, con le lotte nel Vietnam ecc., e tutto questo ha minato molto la capacità di divisione; lo stesso è per il movimento femminista, per il movimento dei non salariati, il fatto che praticamente nel corso di due anni nuovi settori del fuori fabbrica si sono mobilitati. Allora, io credo che il movimento nero sia stato il primo a dire questo. E' solo quando sei dentro ad una realtà organizzativa che veramente prendi contatto, infatti noi più vecchi abbiamo tutto un residuato di scetticismo su Internet, anche se esso è comunque importante c'è anche un freno all'entusiasmo per il fatto che Internet ti illude di saltare al di là di tutta una serie di problemi organizzativi che noi sappiamo che sono l'ostacolo maggiore. Come organizzi in un modo che vada nella stessa direzione settori del proletariato che hanno rapporti di potere diversi? E come impedisci le manovre che continuamente cercano di fare? Questo rimane sempre il problema fondamentale.

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