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INTERVISTA A SILVIA FEDERICI - 18 DICEMBRE 2000

Da quello che hai detto sono venuti fuori tutta una serie di nuclei tematici e di piani del discorso. Oggi possiamo affrontare la questione della soggettività, che è centrale nell'ambito della nostra ricerca, avendo anche in mente la prospettiva di lungo periodo di costruire un atlante politico delle forme organizzative e delle persone che in qualche modo hanno rappresentato l'altro punto di vista, cioè non quello istituzionale ma quello di un'alterità effettiva. Su un altro piano sarebbe poi interessante fare un raffronto tra le forme di organizzazione degli immigrati in America e quelle in Italia e in Europa. Quindi, adesso possiamo focalizzare l'attenzione su alcuni nodi. Uno è il discorso su alcune persone che, anche se non statunitensi, sono state importanti soprattutto in America, e che sono state fatte conoscere dagli italiani che, a partire dalla fine degli anni '60, vi sono andati, come ad esempio Cartosio e Carpignano: uno è Ramirez...

Bruno Ramirez è in Canada.


Rawick, Selma James e suo marito, C.L.R. James, Glaberman, Cleavaer. Importante è stata poi l'esperienza della Lega degli Operai Neri di Detroit. Vorremmo poi soffermarci su "Il grande calibano", il libro che tu hai scritto all'inizio degli anni '80, soprattutto sull'introduzione, in cui dai una lettura del processo di inizio del capitalismo affermando che prima di produrre le merci ha dovuto distruggere i rapporti sociali, il che ha molto a che fare con il discorso che ora tu fai sull'Africa.

Infatti, io ho letto l'Africa con in mente il nuovo calibano, perché stanno appunto distruggendo tutto questo mondo precapitalistico, tutte le forme di organizzazione, di modi di vedere la vita.


L'altro punto che ci interesserebbe sviluppare è il discorso a cui hai accennato prima rispetto alla necessità di forme organizzative.

Possiamo cominciare da questo punto. Le forme organizzative sembrano in effetti una cosa molto semplice da dire: praticamente nell'analisi politica e nelle scelte politiche la cosa fondamentale, l'aspetto evolutivo che poi è quello che una volta si chiamava il rapporto tra teoria e pratica, è centrale perché non puoi prendere atto di quella che è la realtà veramente se non passi ad organizzarla, cioè è il fatto che non puoi altrimenti misurare le possibilità. E' un fatto molto importante, ti metti dentro a un tessuto in cui ci sono dei rapporti di potere e in cui quindi impari anche che non è possibile, se non in modo distruttivo, operare senza tenere conto di questi rapporti: cioè, non esiste il discorso teorico generale, quel discorso teorico va poi affrontato dentro a un'organizzazione perché solo dentro a quell'organizzazione hai proprio l'ambito delle possibilità reali, ma hai anche la mappa dei rapporti sociali dentro cui questo progetto, questa possibilità, questo discorso teorico si va ad innestare. Allora, questo è importante, dicevo del collegamento con il movimento nero perché lì è stata una grossa lezione il fatto che in qualsiasi situazione in cui tu ti trovi, in un'organizzazione o in un meeting o in una riunione, tu non puoi semplicemente partire da quello che andrebbe detto in questo momento o da quello che sarebbe giusto, senza anche tenere conto invece delle persone che poi devono sostenere e portare avanti una proposta o un progetto; perché altrimenti molto spesso ottieni l'effetto opposto di quello che ti eri proposto, per esempio l'effetto di consolidare dei rapporti di potere che sono poi distruttivi nei confronti di un progetto più generale. Allora, in questo senso io ho dato sempre molta molta importanza al fatto di avere un rapporto organizzativo. Questo non vuole dire che ogni cosa che tu fai devi organizzarla, ma che sei dentro ad una rete che sperimenta queste cose, in cui queste cose non rimangano solo a livello teorico, in cui ci sia un momento di organizzazione. Per me questo è fondamentale, tanto è vero che io non ho mai fatto molta fatica a scrivere, mentre quando devo scrivere e non ho in mente qualcosa di organizzativo ormai faccio una fatica, ho un rifiuto, non mi pare possibile. Semmai se c'è una cosa che in questi anni un po' tutti abbiamo sofferto è stata quella di non avere un momento organizzativo; noi guardiamo con invidia, anche se con enormi critiche, a quelle storie del passato in cui comunque il momento organizzativo ti veniva dato, perché c'erano i vecchi partiti, c'erano le organizzazioni, mentre negli ultimi anni ci sono forme organizzative molto più fluide, che si costruiscono, si dissolvono. Parte della loro forza è anche questa, che non ci sono le burocratizzazioni, che ti permettono di fare tutta una serie di cose che in passato non erano possibili, e però sono anche frutto di debolezza, nel senso che non hai quel rapporto organizzativo diretto che ti permette continuamente di affrontare quello che fai.

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